Sliding Doors

Può essere giusto un Dio che giudica una sola versione della vita di una persona tra le tante idealmente possibili?


Simone, filosofo e studioso di teologia, torna con un guest post, stavolta dedicato all’impossibilità di un Dio perfettamente giusto nel proprio giudizio, a prescindere da onniscienza, onnipotenza e bontà.


Ciascuno di noi ha, a livello ideale e immaginario, un numero enorme di vite possibili nello spazio e nel tempo, senza che la sua identità di base venga compromessa. Ma potrebbe bastare un evento minuscolo nell’esistenza di una persona per mutare in modo radicale il suo destino. In sintesi: ogni vita possibile è una variante esistenziale. Ma, se Dio esiste, ciascuno viene giudicato per una e una sola variante esistenziale: la vita particolare che gli tocca vivere tra le tante idealmente possibili. Se un individuo potesse vivere un’altra o più delle sue varianti esistenziali, potremmo presumere con ragionevolezza che in molti casi le sue scelte sarebbero diverse, anche in modo rilevante per il suo carattere e per il resto della sua vita. Scelte che, con una probabilità non trascurabile, potrebbero condurre verso un diverso giudizio divino. Magari di salvezza e non di perdizione, o viceversa.

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L’inferno: un altro mito idiota

Dopo aver scritto del Maligno, riflettiamo anche sul suo regno. Non meno assurdo, peraltro.


L’inferno esiste: lo dice Gesù. Anzi, per concepire l’inferno come per due millenni è stato immaginato dai cristiani ci è voluto proprio Gesù. Gli ebrei nemmeno se lo sognavano, un inferno così. Yahweh, quando puniva, puniva qui, in questa vita, mandando piaghe, malattie, disgrazie e sterminando famiglie, servitù e bestiame. Alcune sette ebraiche addirittura non credevano neppure a una sopravvivenza ultraterrena dell’anima dopo la morte. Gesù invece non fa sconti e non lascia spazio ad ambiguità: fuoco, fiamme, stridor di denti e tenebre. Una tortura infinita. Alla faccia del Dio dell’amore, del perdono, dell’altra guancia da porgere al nemico e di tutto il florilegio di stucchevoli melensaggini con cui il figlio di Dio ci viene ammannito oggi. È un fatto da ricordare a quei bigotti che «Nell’Antico testamento ci sono tante porcherie, ma poi è venuto Gesù con il messaggio evangelico»: il messaggio del Nuovo testamento fa schifo quanto quello dell’Antico. E Gesù non era una brava persona.

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Ma che c’entrano le vittime?

Niente: con la giustizia le vittime non c’entrano niente. Altrimenti diventa vendetta di Stato.


Cesare Battisti entra in carcere. Mentre alcune reazioni a Sinistra sono imbarazzanti, fra distinguo, mezze giustificazioni e dissociazioni tardive, Salvini e Bonafede esibiscono la preda in totale spregio di ogni principio di civiltà giuridica. Beccaria si rivolta nella tomba. Infatti, se il ministro dell’Interno arriva a dichiarare che Battisti «dovrà marcire in galera fino all’ultimo dei suoi giorni», poi non c’è da stupirsi se la marmaglia dei social invoca la pena di morte o perfino la tortura. «Perché ci vuole giustizia!», urlano.

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Perché una pena?

La giustizia ha tre scopi. Non uno di più. Altrimenti diventa vendetta di Stato.


Perché a un reato deve seguire una pena? Te lo sei mai chiesto? La risposta spontanea è: «Diamine, perché è giusto! Perché se la merita! Chi sbaglia paga!». Già, ma perché chi sbaglia deve pagare? Cos’è, una legge naturale? Certo che no: in Natura dominano la violenza e la sopraffazione del più forte sul più debole, con l’ovvia conseguenza della sopravvivenza del primo e la scomparsa del secondo. Alla faccia della giustizia. E dunque perché una pena?

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