Un milione

Dobbiamo essere soddisfatti? Tutto sommato sì. Ma anche pessimisti. Ché in Italia i preti vincono sempre. Sempre sempre sempre.


Un milione. E rotti. Tante sono le firme raccolte per il referendum promosso dall’Associazione Luca Coscioni per l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale italiano. In sintesi: la depenalizzazione dell’omicidio del consenziente. Ancora più in sintesi: la legalizzazione dell’eutanasia. Evvai!

Evvai?

Premessa: io non ho firmato. Spiegazione: non firmo più niente. Non voto nemmeno più. La politica, in tutte le sue forme, mi è del tutto estranea perché non riconosco dignità a un sistema oclocratico. A chi mi dice «Benché tu non ti interessi alla politica, la politica si interessa a te» rispondo «Lo so. Non ci posso fare nulla. La prendo come una qualsiasi sciagura naturale». Quindi no, non ho firmato, pur potendo, visto che ho anche la cittadinanza italiana. Del resto, se pure avessi contemplato la possibilità di firmare, trovo convincenti le perplessità dell’UAAR, in particolare sull’espressione del consenso. Ma questa è un’altra storia. D’altronde se il risultato ottenuto costringerà la società a considerare la questione, invece di dimenticarla come al solito perché «parlare della morte non è bello» e «la vita umana è sacra», sarà tanto di guadagnato. Perciò alla fine sono contento che la raccolta abbia avuto non solo successo, ma un successo al di là delle più rosee previsioni.

Confesso: non pensavo che sarebbe andata così. Prevedevo un fallimento. Previsione sbagliata, e sono felice di essere stato smentito. Tuttavia formulo altre tre previsioni, a cascata.

Primo: il referendum non si farà perché la Corte costituzionale lo impedirà. Secondo: se il referendum si farà, verrà respinto per mancanza del quorum. Terzo e ultimo: se il referendum non verrà respinto, verrà promulgata una legge per permettere ai medici di dichiararsi obiettori di coscienza e ricascheremo nella indecente situazione della legge 194, per la quale il diritto all’aborto esiste sulla carta ma nei fatti ci vuole un gran culo per trovare un ginecologo civile.

Dici che mi sbaglio? Ok, forse mi sbaglio. Di più: spero di sbagliarmi. Spero che alla fine l’Italia possa avere una legge moderna sul termine della vita, una legge che consenta a ogni essere umano di concludere in modo libero e dignitoso la propria esistenza. Staremo a vedere e, se si dimostrerà il fallimento dei miei pronostici, non avrò difficoltà nel riconoscere il mio torto e nel rallegrarmi ancora di più.

Intanto però io rimango pessimista. Perché questo misero Paese è una teocrazia. Giacché per ogni battaglia civile, dall’aborto fino al divorzio, dal matrimonio paritario fino all’eutanasia, dalla condanna dell’omofobia fino alla cancellazione dei privilegi clericali, bisogna contrastare l’inerzia di una classe politica di baciapile e alla fine, anche quando si vince, ci si trova con delle leggi monche o neutralizzate, allora in Italia la laicità è un principio bellissimo ma sta scritto nell’iperuranio. In Italia i preti vincono sempre. Sempre sempre sempre. Lo so: sono disfattista. Ormai mi conosci, no?

Dice: «L’uomo non è padrone della propria vita». Ah, no? E chi ne sarebbe il padrone? Dio? E chi non crede nell’esistenza di Dio? Potrà fare della propria vita quello che vuole?

Dice: «La vita è un dono di Dio». Ammesso che Dio esista, ben gentile, grazie. Però, se è un dono, ci faccio un po’ quel cazzo che mi pare, giusto? Altrimenti è come quando la nonna mi regalava un piccola cifra per il compleanno ma poi, quando la spendevo in maniera non consona ai suoi princìpi (leggi: un viaggio estivo con il mio ragazzo), s’incazzava. Ma vaffanculo: che regalo è?

Dice: «È un dono, ma non ne puoi disporre liberamente. Se lo usi senza rispettare le legge di Dio, Dio si arrabbia e ti punisce». Ok, e dunque? Di nuovo: cazzi miei. Con Dio me la vedrò io. Finirò all’inferno? Grazie per avermi avvisato, eh. Però mi assumo il rischio.

Dice: «L’eutanasia veicola una cultura di morte». Macché. Caso mai è la proibizione di una fine libera e dignitosa che veicola una cultura della sofferenza. Mica strano, peraltro: la sofferenza per la Chiesa cattolica è sempre stata un valore. Siccome Cristo ha sofferto in croce per la nostra redenzione, non è che noi qua ora possiamo spassarcela. E quindi vai di autoflagellazioni, di cilici, di martìrii e quant’altro. Fino a Santa Margherita Maria Alacoque che si ficcava in bocca il vomito e la diarrea altrui. Son belle cose, eh? La malattia mentale eretta a virtù.

Per non parlare del senso di colpa associato a ogni genere di piacere: dal sesso al cibo, se ti fa godere è peccato.

Dice: «La società è egoista quando vuole cancellare le vite dei più deboli». Per niente. Nessuno pretende di cancellare la vita di chicchessia. Semmai si esige che chicchessia, soprattutto se debole, possa fare della propria vita ciò che più gli/le aggrada. Aggrada a lui/lei, non ai bigotti. Non desidera l’eutanasia? Benissimo: soffra fino all’ultimo istante la tortura che Dio – un Dio infinitamente buono e amorevole, e stendiamo un velo pietoso sulla contraddizione – vorrà imporgli/le. Se invece vuole chiudere… beh, che chiuda quando preferisce. Altro che società egoista. Piuttosto è la Chiesa cattolica a essere arrogante, poiché pretende che tutti/e – anche chi non ne fa parte, anche chi la ignora, anche chi la schifa proprio – si adeguino ai suoi princìpi, ai suoi valori, ai suoi dogmi.

Dice: «Lo Stato dovrebbe anzitutto sostenere le cure palliative». Senza dubbio. Ma come la mettiamo con chi non le vuole, magari perché neppure quelle sono sufficienti a lenire la sua sofferenza? Gli imponiamo la tortura?

Dice: «Finiremo per permettere tutto. La pena di morte. La soppressione dei malati meno gravi. L’eutanasia delle persone contro la loro volontà». Per cominciare, la pena di morte non c’entra una sega con l’eutanasia. Quanto alla soppressione per malattie non gravi e l’eutanasia non desiderata, proprio per questo serve una legge chiara, coerente, vincolante, che definisca tutti i limiti e i controlli per evitare gli abusi, che imponga sempre la necessità del consenso dei soggetti, insieme a un servizio sanitario che consenta a chiunque di scegliere ogni opzione terapeutica oppure eutanasica, senza costrizioni di altro genere.

Dice: «Dovremo accettare la soppressione anche dei depressi». Embè? La depressione non è un banale momento di malinconia. La depressione è una condizione patologica grave. Chi non ha attraversato una vera depressione clinica profonda non ha alcuna idea di quale abisso atroce sia. E alcune depressioni sono intrattabili e incurabili. Vogliamo abbandonare quelle povere menti sprofondate in un inferno psicologico, senza offrire loro una via di fuga?

Dice: «Se sono gli esseri umani ad attribuire un valore alla vita, allora quel valore sarà mutevole. Per esempio, un governo potrebbe attribuire un valore pari a zero alla vita dei disabili, arrogandosi così il diritto di sopprimerli». Niente affatto. Il valore della vita lo definisce chi possiede quella vita. Non un governo. Non un parlamento. Non una società. Soprattutto non una Chiesa.

È davvero bizzarra la paura che tanti credenti nutrono per la morte. Proprio loro, che considerano l’aldiqua solo un transito provvisorio nell’attesa del meraviglioso momento ultraterreno dell’incontro con il Creatore nell’aldilà… proprio loro, quando la conclusione del transito si avvicina, si cagano in mano per il terrore. Dovrebbero bramarla, la morte. Dovrebbero considerare il suicidio come un atto liberatorio, altroché. Invece la morte, per i cristiani in generale e per i cattolici in particolare, deve arrivare da sola, senza aiutini, senza spintarelle, anche quando la fase finale della vita comporta sofferenze atroci. Chissenefrega: il Magistero della Chiesa cattolica quello dice e la società – tutta la società! – quello deve applicare. Pure a chi del Magistero fottesega.

D’altra parte il controllo della morte è anzitutto il controllo dei corpi delle pecorelle. Siccome da secoli ormai non riesce a produrre una filosofia con un minimo di significato e di rilievo, siccome è stata sconfitta nel confronto con la razionalità, siccome le sue fregnacce sono ridicole al cospetto della visione scientifica del mondo, siccome per la maggioranza dei fedeli l’adesione è solo formale, esteriore, superficiale, siccome insomma il controllo dei pensieri ormai lo ha perduto, la Chiesa cattolica a quello si è ridotta ad attaccarsi: il controllo dei corpi. Perciò ha ‘sta fissa del sesso e della morte: ti dice come e con chi puoi scopare, come e quando puoi crepare. Che altro è rimasto ai preti per giustificare il proprio parassitismo?

Choam Goldberg

(Foto: Comitato Promotore Referendum Eutanasia Legale)


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2 pensieri su “Un milione

  1. Io invece appartengo alle persone che hanno firmato…. perché non voto ma ci sono sempre per permettere di avere più diritti individuali che mi riguardi personalmente o meno…non mi importa…e lo so andrà tutto nelle immondizie…ma prima o poi riusciremo ad ottenere l eutonasia certo non sono così folle da pensare che non ci siano dei vincoli…prima o poi le stato italiano che subisce la pressione enorme del Vaticano cederà…e io tutte le volte che ci proveremo da donna, madre, essere umano ci sarò… perché non sono nessuno per non permettere di vivere liberamente gli ultimi momenti della propria vita ad atei e non..
    Perché la vita è una vita sola, e dobbiamo essere liberi di viverla al meglio…

  2. Io invece appartengo alle persone che hanno firmato…non voto ma mi batto sempre per avere più diritti umani che io sia d’accordo o meno perché io non ho il diritto di imporre il mio pensiero agli altri.Si lo so, finirà tutto nella spazzatura… questa volta però, prima o poi riusciremo ad ottenere l eutanasia sicuramente non come la sogniamo,ci saranno dei vincoli com è stato per altre questioni ma prima o poi lo stato italiano, che è comunque manipolato dalla presenza del Vaticano lo permetterà e ogni volta che ci proveremo sarò lì a dare il mio contributo, da donna ,da madre da essere umano….
    Perché probabilmente solo noi atei abbiamo la consapevolezza che la vita è nostra, che è una sola e che abbiamo il diritto ,il dovere ,di viverla al meglio consapevoli che non sempre faremo la scelta giusta…ma fa parte del gioco…e se posso lascio scegliere come vivere gli ultimi momenti a me e agli altri atei o no.

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