IRC? Anche no, grazie

Pure quando a difenderlo è un sedicente «ateo cristiano».


È un topos della stronzaggine: «Io non sono X, ma…», dove X è una caratteristica spregevole e negata, alla quale, con la congiunzione avversativa, segue nondimeno una precisazione che rivela la spregevolezza di chi ha formulato la frase. Per esempio: «Io non sono razzista, ma gli immigrati cominciano davvero a essere troppi». Oppure: «Io non sono omofobo, ma il Gay pride è solo un’indecorosa pagliacciata». O ancora: «Io non sono misogino, ma le donne hanno acquisito un po’ troppa libertà». Perché allora farsi mancare il caso «Io non sono bigotto, ma…»?

L’occasione me la offre un vecchio articolo segnalatomi dalla community de L’Eterno Assente nel server Discord: «Difesa di un ateo dell’ora di religione cattolica a scuola» (copia permanente), di Pier Paolo Tarsi. Fin dall’attacco dell’articolo, l’autore si dichiara «docente di fede atea e di professione filosofica agnostica». E già qui ci sarebbe da ridire, poiché l’ateismo non è affatto una «fede». Ma vabbe’: non stiamo a sottilizzare. Ché comunque le magagne grosse sono altre.

Nella eventuale abolizione dell’Insegnamento della religione cattolica (IRC) nelle scuole italiane, che tutti i laici di buon senso desiderano, semmai per sostituirla con una più eclettica formazione sul fenomeno religioso in generale, Tarsi individua tre errori: uno storico-sociologico, uno formativo e uno didattico.

L’errore storico-sociologico è legato alla secolarizzazione, a causa della quale si è perduta non solo la pratica ma addirittura la conoscenza dei fondamenti della religione cattolica. Siccome quella religione ha ispirato sublimi opere dell’arte e della letteratura, la perdita della sua conoscenza preclude agli e alle studenti la comprensione di quelle opere: questo è l’errore formativo. L’errore didattico, nell’ipotesi di un’istruzione più ampia sulla religione in generale, è dovuto invece alla presenza, nella realtà in cui gli e le studenti dovranno vivere da adulti/e, delle espressioni della fede cattolica. Per capire le quali bisogna appunto conoscere la religione cattolica. Potevamo poi farci mancare don Benedetto e il suo «Non possiamo non dirci cristiani»? Non sia mai. E non sia mai neppure che non si stigmatizzi a dovere il «furore laicista, opposto dogmatico di un altrettanto sterile bigottismo».

A garantire la ragionevolezza di questo cumulo di scemenze dovrebbe essere l’ateismo dell’autore. Che tuttavia non si perita di definirsi «ateo cristiano». Cioè? «(…) nel senso che è proprio rispetto all’universo cristiano-cattolico in cui sono cresciuto che ho elaborato persino il mio ateismo, la mia forma intima e personale». Ah, ecco. Volevo ben dire.

Smontare queste fesserie è piuttosto semplice.

Premessa: che la conoscenza della religione cristiana in generale e cattolica in particolare sia importante non lo mette in dubbio nessuno. E che lo sia per le ragioni esposte pure: il patrimonio artistico, letterario, culturale bla bla bla. Vero.

Detto questo, attenzione: l’IRC non è una banale istruzione sulla religione cattolica, come lascia intendere il nome. No no. Se andiamo a leggere il Programma dell’IRC nelle Scuole medie pubbliche e secondarie superiori, non troviamo una presentazione storico-critica della religione cattolica, bensì né più né meno che un catechismo proposto in modo del tutto acritico e aproblematico. Non dovrebbe sfuggire a nessuno la differenza fra «i cattolici credono che Gesù sia risorto» e «Gesù e risorto»: la prima frase fornisce un’informazione fondamentale per comprendere la cultura dell’Occidente, la seconda è puro e semplice indottrinamento. Ecco: questa schifezza è l’Insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane. Che è ben diverso da un approfondimento del fenomeno religioso a tutto campo, fornendo il quadro storico, presentando la varietà delle manifestazioni e soprattutto sviluppando le capacità critiche degli e delle studenti, in opposizione alla credenza dogmatica.

C’è poi un ulteriore aspetto: l’uguaglianza delle opportunità. Sarà pur vero che, una volta fuori dalla scuola, gli e le studenti si troveranno a vivere in una cultura permeata dalla tradizione cattolica. Tuttavia gli e le studenti cattolici/che godono, grazie all’IRC, di un inaccettabile privilegio rispetto ai e alle loro compagni/e: la propria religione se la trovano scodellata a scuola a spese dello Stato. Cosa impossibile per chi è protestante, musulmano/a, ebreo/a, induista, buddhista o quant’altro e perciò deve andare a cercarsi l’istruzione religiosa nelle proprie comunità e a spese proprie. Forse le tasse dei genitori non cattolici valgono meno di quelle dei genitori cattolici?

Stia però tranquillo Tarsi: non c’è alcun pericolo che l’IRC venga abolito e sostituito con una più neutra istruzione sulla religione in generale. L’Italia è un Paese troppo bigotto e baciapile – profondamente, inconsciamente, radicalmente bigotto e baciapile – per compiere un tale coraggioso passo verso una laicità vera e fattuale. E continuerà a restare tale anche perché, proprio attraverso l’IRC, la maggior parte dei ragazzini e delle ragazzine continuerà a pensare che le credenze cattoliche non sono fregnacce ma convinzioni degne di considerazione e che la Chiesa cattolica non è una multinazionale immorale ma un’istituzione meritevole di stima.

Choam Goldberg


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2 pensieri su “IRC? Anche no, grazie

  1. Anzitutto complimenti per il sito in generale. Vorrei solo osservare che il servizio statale IRC sia probabilmente finanziato da tasse di natura religiosa (otto per mille) e questo spiegherebbe l’insegnamento della sola religione cristiana, cosa che dal mio punto di vista è oggettivamente corretta

    • Anzitutto grazie per i complimenti.
      Non mi risulta che l’IRC sia finanziato con l’8×1000. Manco per niente. I docenti di IRC sono pagati dallo Stato, non dalla Chiesa, che però ha il diritto di selezionarli e di decidere i programmi della materia.

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