Mai stato credente

Giovanni Prete racconta la propria Storia per «Io senza Dio»


Sono Giovanni Prete – sì, il cognome è una presa per il culo a me medesimo –, nonché BlackPaese su YouTube. Penso di potermi esprimere liberamente visto che il responsabile del canale e del sito rigetta le formalità ipocrite per privilegiare la sostanza nuda e cruda.

Mi sono sembrate sempre tutte cazzate. Ho avuto un’impostazione razionale da sempre, fin dalle mie primissime parole. Ho sempre rotto il cazzo, non ho mai accettato qualcosa «perché sì».

Ateo comunistazzo nato in una famiglia di Destra e ultracattolica, sono stato costretto a prendere i sacramenti previsti (battesimo, comunione, cresima) fino al raggiungimento della mia indipendenza da queste minchiate. Per colpa della mia pigrizia schifosa non mi sono ancora sbattezzato, ma giuro sulle mie chitarre che provvedo a breve, ce l’ho anche tra le cose da fare nel blocco appunti. E nulla, dicevo: non ho mai accettato nulla. Per mia natura devo capire il meccanismo di qualsiasi cosa, arrivare alla fonte.

Al catechismo dunque rompevo talmente il cazzo con le domande che o le prendevo dalle suore oppure venivo cacciato con l’accusa di avere il demonio in corpo (e me andavo beatamente in sala giochi). I miei genitori si arresero in un preciso momento: ai miei 13 anni, durante la prima settimana di scuola alle Superiori, attesi la domenica per svegliarmi con calma e guardare sul divano «Wrestlemania», con cornetti mini tuffati nella Nutella e poi nel caffellatte.

Ma nossignore: bisognava partecipare al pellegrinaggio in quel di San Giovanni Rotondo in nome di quel grandissimo impostore di Padre Pio. Non proferii parola per tutto il giorno. Da allora non osarono mai più coinvolgermi in minchiate del genere.

Tutte le mie idee su quanto il cattolicesimo fosse stupido le ebbi in un periodo privo di Internet. Le informazioni arrivavano soltanto dalla Scuola elementare – con la maestra che ci faceva pregare –, dal catechismo, dalla famiglia. Nessun conoscente ateo.

Eppure unire i puntini non mi è mai sembrato troppo difficile, anzi. Perché ci sono più divinità? Dove cazzo sta questo Dio? Perché non si fa vedere e basta? Perché permette che i miei coetanei prendano un gattino per crocifiggerlo, magari subito dopo il catechismo del sabato pomeriggio? E quindi doveva necessariamente essere tutto una montatura.

A dir la verità non sono sempre stato ateo. Infatti fino ai 22-23 anni ero agnostico. Poi checcazzo, perché voler considerare che ci sia qualche forma di potere superiore qualsiasi? Perché non escluderlo e vaffanculo, tutto ha una logica, una spiegazione, anche se risulta difficile capire l’universo, le sue origini, perché esiste la materia, cosa è il nulla e perché non può esistere sul serio per via di un evidente ossimoro?

Dunque sono diventato ateo estremista, fino a provare repulsione per l’ipocrisia bigotta. Infatti sono abbastanza convinto che, almeno per chi ha la disponibilità di informazioni, non ci sia nessuno realmente convinto del paradiso e delle altre puttanate. Altrimenti si farebbe festa nel momento in cui si venisse a conoscere la propria vita residua di un mese per via di un cancro. E chi se ne fotte! Meglio, no? Vado in paradiso prima e mi godo l’eternità di serenità e pace zompettando tra le nuvole. Muore mio figlio? Minchia, che culo che ha avuto! Ci va prima lui a bearsi nel non fare un cazzo h24. E invece si disperano, altro che cazzi.

Probabilmente il mio maggior exploit è stato nella chat di famiglia. Si verificò un incidente durante un rito celebrativo per San Giuseppe (o chi cazzo era). Durante il falò fecero esplodere una bombola di gas per accelerare la combustione. Alcuni bambini si ferirono. Una ragazza esclamò «Sta prendendo fuoco!», indicando un tizio con i capelli in fiamme. Io ne scrissi di ogni, imprecando come non mai ed esprimendo tutto il mio disgusto per cotanta coglionaggine. Questa è roba da ritardati, signori: non ci sono altri modi per definirli.

Perciò il giorno in cui Dio sarà considerato una minchiata al pari di un tizio che schiatta e risorge dopo tre giorni sarà senz’altro un giorno in cui l’umanità avrà finalmente preso a far funzionare quel cazzo di cervello che ha tra le due orecchie.

«Come cazzo hai fatto a ricevere i sacramenti se rompevi i coglioni?». Beh, la Chiesa ha tutti gli interessi nel farteli ricevere. Altro che «È importantissimo crederci, altrimenti non lo si merita». I miei genitori fecero il resto. La «punizione» della suora fu l’ordine di sedermi all’ultimo posto durante la celebrazione della Messa per la prima Comunione. Minchia che dramma, oh! Ma quanto più lontano sto da voi, tanto meglio è. Magari mi avesse lasciato direttamente fuori: avrei riutilizzato quel tempo andando alla sala giochi vicino alla chiesa del mio paese.

Giovanni Prete

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14 pensieri su “Mai stato credente

  1. Figlio di genitori atei (soprattutto il papà, la mamma direi per lo più indifferente), non battezzato. Nato nel 1958, sono cresciuto in ambienti in cui la mia non iscrizione all’albo dei battezzati era vista quasi con incredulità (il primo di tutti era il ramo familiare, molto molto cattolico con due cugine poi divenute neocatecumenali)
    Sono sempre stato esonerato dall’insegnamento della religione cattolica, ma ero comunque quello che ne sapeva di più (ed infatti alle verifiche domandavano a me le risposte…)
    Ho sempre avuto l’incoraggiamento ad approfondire la questione religiosa nel modo più aperto possibile, senza escludere la possibilità (da maggiorenne) di abbracciare qualsiasi religione, anche la Cattolica.
    Arrivato alla maggiore età ero però apertamente ateo, anche se nel proseguo degli anni, seguendo un filone di interessi personali spostato verso l’Oriente, mi sono avvicinato molto al buddhismo e allo Zen in particolare.
    Seguire le vicende di coloro che hanno dovuto lottare contro ambienti familiari e culturali ben diversamente orientati dal mio per liberarsi di un retaggio direi ormai preistorico per raggiungere un livello di equilibrio maturo, mi riempie sempre di amarezza per le loro sofferenze e di soddisfazione per l’obiettivo raggiunto.
    Congratulazioni e buona vita a tutti.
    ?

    • Grazie anche a te! Io sono abbastanza affascinato dalla filosofia zen. A volte capita di veder catalogato ad esempio il buddismo come una “religione atea”, un sistema completamente diverso dal nostro basato sull’approfondimento di se stessi.

  2. Grande Giovanni!
    Io ho una domanda a livello antropologico, sociale, psicologico, non saprei. Ma tutti possono rispondere. Perché in una famiglia “di destra e ultracattolica” un figlio va nella direzione opposta? Questa domanda e i relativi esempi li faccio tutt’oggi. I genitori amano ed educano i figli (almeno io) allo stesso e identico modo. Perché vengono fuori diversi?
    Grazie.

    • Perché esiste l’ individuo, e ci credo fermamente. Qualsiasi organizzazione, sistema sociale, imposizione, non può nulla contro un cervello che ragiona a 360° senza necessariamente prendere tutto per oro colato. Basta realizzare una sola volta che l’idea ampiamente condivisa dalla famiglia sia non troppo corretta da un punto di vista etico e morale che beh, il soggetto curioso continua ad indagare fino a giungere alla verità, anche a costo di contraddire un adulto che ti ha spacciato per vero quel determinato concetto. Possiamo essere individui e perdere le comodità dell’ aggregazione, oppure aggregarci al pensiero comune, accettarlo senza fare storie e vivere protetti dal sistema. Il guaio arriva quando quel sistema crolla, a quel punto affondare con la nave è praticamente inevitabile.

  3. No, non sono d’accordo con il “reverendo” (posso scherzare con il cognome?) né con Mora: il turpiloquio non è un normale e calibrato modo di espressione. Non sempre.
    Il turpiloquio può essere usato a ragion veduta, nel momento giusto e nella circostanza opportuna; è una risorsa para-dialettica contro la stupidità di chi rifiuta il discorso calmo e ragionevole; è un’arma contro l’avversario sleale; è pure una medicina per sfogare l’eccesso di tensione, ma, come tutte le medicine, va usato nella giusta dose. Lo sa bene il nostro maestro Choam che lo usa contro i bigotti, ma – suppongo – non con chi accetta un dialogo franco e sereno.
    Posso portare un esempio di incontro/discussione che si può avere con un prete (vero) moderno e intelligente? Eccolo!
    Ho fatto notare a un sacerdote cattolico che tante credenze della Chiesa, in particolare alcuni dogmi, sono razionalmente insostenibili. Mi ha dato ragione e ha ammesso che sono un residuo di una religiosità primitiva per gente ignorante. Ha precisato che la Chiesa Cattolica sta cambiando, ma è un processo lento e difficile.

    • E allora – scusa la schiettezza – quel prete è un ipocrita del cazzo che non merita alcun rispetto intellettuale.
      Un prete dev’essere coerente con il Magistero e la Tradizione della Chiesa cattolica, che sono espressi nel Catechismo. Mica cazzi. Altrimenti è troppo comodo: è solo una fede fai-da-te. Anche questa è disonestà intellettuale, e della razza peggiore. Meglio, mille volte meglio un Giovanni Zenone, che senza vergogna rivendica le proprie stronzate coerenti con l’ortodossia.
      Se il prete in questione ha voglia di parlarne in pubblico, noi – parlo anche a nome di Illuminismo 3.0 – siamo qua per un confronto. Qualcosa però mi fa pensare che col cazzo che quel prete accetterà, perché certa gente preferisce non esporsi e non inimicarsi le gerarchie per poter continuare a tenere il culo al caldo.

      • Ma infatti!
        Rendersi conto che son tutte cazzate e non trarne le conseguenze è veramente schifoso.
        Ma d’altronde se non fossero così non sarebbero cattolici.

      • Di solito non replico perché non mi piacciono i batti e ribatti né le polemiche sterili tra chi non vuol sentire o sente solo quello che gli fa comodo. Questa volta faccio una eccezione per due osservazioni.
        – La mia critica era contro l’abuso del turpiloquio che, seppure è giustificato in certi casi (li ho elencati), scade spesso nel compiacimento e nell’esibizionismo ad effetto, oppure nel cercare la botta scioccante in una polemica che dovrebbe restare in un tono colloquiale moderato.
        – Hai ragione nel pensare che Il prete di cui ho parlato non parteciperebbe a un dibattito in illuminismo 3.0, né glielo chiederò perché non posso. L’ho conosciuto casualmente, abbiamo dialogato una volta, ed è probabile che non lo incontrerò di nuovo. So comunque che è piuttosto irriverente (ma non dice parolacce) ed è molto impegnato nell’assistenza sociale, per cui la gerarchia ecclesiastica ne tollera gli atteggiamenti piuttosto eretici. Ha scritto diversi libri e me ne ha regalato uno in cui invita i cattolici, quelli formalmente praticanti/ bigotti/farisaici, a non “andare” a messa.
        Quel prete è un ipocrita? Probabilmente non lo è, e forse sfoga in un impegno sociale attivo una dissonanza cognitiva, quella tra fede e ragione che turba molti credenti.
        E allora – scusa anche tu la mia schiettezza – io apprezzo un prete che, avendo una fede dissonante, la sublima in un’attività socialmente utile; lo apprezzo di più di un intellettuale razionalmente ateo che, da un pulpito virtuale, predica odio e disprezzo per qualcuno che non la pensa come lui. Costui lo capisco, ma pur apprezzandolo non lo giustifico del tutto.
        Sia chiaro che anche io, come te e i “pensanti” che ti seguono, disprezzo i bigotti dello zoo cattolico. Ma non tutti i cattolici sono bigotti. C’è chi ha una fede sempliciotta conseguente al lavaggio del cervello subìto da piccolo; c’è chi crede in un dio spinoziano meno fumettistico di quello biblico; c’è chi resta aggrappato (bias dell’ancoraggio) ad una fede consolatoria; e poi ci sono tante varianti quanti sono i credenti.
        E infine – scusa ancora la mia schiettezza – io ti seguo e apprezzo i tuoi ragionamenti, ma a volte mi sembra che tu sia un po’ apodittico perché dai per certo quello che potrebbe non esserlo. Ogni ragionamento che non sia soltanto teorico/astratto, ma che implichi la realtà effettuale e umana, possiede una in-certa dose di probabilità. Il dubbio è la mia guida, è lo stimolo a conoscere. Nessuno sa tutto di tutto!

      • Guarda, è semplice: puoi cercare e trovare tutte le giustificazioni umane che vuoi, ma l’ipocrisia resta ipocrisia.
        Un prete *deve* credere nelle Verità di fede enunciate nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Se non ci crede, è un ipocrita e prende per il culo non solo sé stesso ma anche le persone che lo considerano una figura autorevole, come i suoi parrocchiani o i suoi studenti, se è un insegnante.
        Perché lo fa? È in malafede perché gli interessa tenere il culo al caldo con un posto di lavoro sicuro che richiede poco sbatti? Oppure è solo un po’ paraculo e se la suona e se la canta autogiustificandosi? Nessuno lo sa se non lui stesso. Ma in fondo non ci interessa.
        Resta il fatto: essere prete e farsi la fede fai-da-te è da ipocriti. E questo è un comportamento disdicevole che merita il biasimo e il disprezzo. Se la coerenza è un valore, beninteso.
        Se invece della coerenza anche ‘sticazzi, allora va bene anche il prete ipocrita che non crede nelle Verità di fede della Chiesa. Però poi allora va bene tutto.
        Ma ti dico di più. La Chiesa è anche un sistema di potere che discrimina e opprime e reprime. Continuare a starci dentro, per di più senza condividerne le credenze, significa essere complici del sistema. Ed è pure peggio di chi ci sta dentro almeno con l’onestà di una fede genuina e coerente.

    • Come sostiene Choam, il riconoscere che i dogmi/usanze/credenze di un particolare culto siano ormai roba preistorica, dovrebbe coerentemente portare all’ abbandono di quel determinato ambiente. Dopodiché, si può comunque continuare con le opere caritatevoli, non ce lo vieta nessuno. È un po’ il classico discorso del “ma ha fatto anche cose buone”. Non funziona così: il fatto stesso di appartenere ad una specifica corrente di pensiero, non fa altro che dare sostegno alla stessa. Di base, se sei un prete ma non ti riconosci nelle regole imposte dal culto, allora dovresti agire dissociandoti con fermezza. Restarci dentro è ipocrita, sì. Vuol dire che lo fai per qualche tipo di convenienza.
      Nel momento in cui ti dovessi rendere conto che la teoria della Terra piatta sia una gran cazzata, perché continuare ad essere terrapiattista iscritto magari in qualche associazione? Se ci rimani è perché conviene da qualche punto di vista. La coerenza vorrebbe però che tu lasciassi quel sistema.
      Un po’ come quel prete ateo che scrisse la sua autobiografia scrivendo chiaro e tondo il perché della sua scelta di continuare, ovvero per via dei privilegi riservati. Meslier, mi pare.
      In ogni caso, il prete di cui parli non può comunque esporsi troppo in pubblico. La chiesa ti solleva dall’ incarico immediatamente.

      • Meslier non rimase prete per godere dei privilegi dello status. Meslier rimase prete perché nella sua epoca, se avesse esposto pubblicamente il proprio pensiero, lo avrebbero ammazzato male. Non tutti hanno la vocazione al martirio ed è legittimo dare la priorità alla propria sopravvivenza.
        Oggi però in Italia la coerenza non costringe al martirio. Per questo un prete ipocrita moderno è moralmente spregevole.
        Per saperne di più su Meslier: “Il prete ateo”

  4. Porca miseria che bel racconto! Così diverso dal mio, atea ormai, ma ancora con gli orpelli lasciati da una storia di fede. Del resto le nostre storie sono così differenti l’una dall’altra, anche se a volte ci sono analogie in qua e là. Sai cosa mi piace tanto? Il colore dato dalle numerose pennellate di turpiloquio. E ci sta così bene! Ci sta così bene perché sei ” diventato ateo estremista, fino a provare repulsione per l’ipocrisia bigotta”. Ed è proprio quell’ipocrisia bigotta che ci manda in bestia, sennò chi se ne fregherebbe. Ipocrisia e stupidaggine, o entrambe, o una delle due, che basta da sola. Sufficiente frequentare per un po’ un gruppo FB di dialogo tra atei e credenti per rendersene bene conto. Mi hanno perfino “mandata all’inferno”, che per me corrisponde a un mandarmi affanculo, ma direi peggio, perché chi mi ci ha mandata lo ha fatto con cattiveria, visto che ci crede, e di conseguenza godrebbe a vedermi bruciare e soffrire per l’eternità. Il turpiloquio esprime emotivamente il nostro disappunto per una storia di violenza, dall’inizio del cristianesimo, d’accordo, ma anche di violenza subita nel quotidiano. Violenza insita nella volontà di imporre una morale di presunta origine divina a tutta la comunità civile, ma violenza anche nella vita di un bambino il cui dissenso è attribuito al male, nella persona di un’altra figura fantastica qual è il demonio. Violenza quando praticamente gli si impongono i sacramenti a quello stesso bambino (che serietà, eh?). Di violenza in violenza, del resto che aspettarsi da una religione che ha inventato la dannazione eterna?

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