La voce di un Dio

Un po’ diverso da quello abramitico.


Ci sono collaboratori ai quali non si può negare la pubblicazione di un articolo. Se s’incazzano, finisce male. Sicché ci inchiniamo a cotanta autorità e volentieri – avoja! – proponiamo questo irrinunciabile contributo.


Caro Choam,

questo messaggio ti lascerà un po’ sorpreso, anche perché non capirai chi te lo manda. Ma sono Dio, sono (quasi) onnipotente, sono abbastanza onnisciente da capire che ne hai bisogno e sono abbastanza buono da mandartelo.

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«Ma che ti frega di Dio?»

Se esiste, mi riguarda. Se non esiste, la sua credenza va estirpata, perché provoca danni immensi.


Dopo alcuni mesi che ci frequentavamo, prima di andare a convivere e poi di sposarci in Francia, Alessandro mi fece notare quanta importanza io dessi alla religione. In ogni viaggio insieme lo trascinavo a visitare chiese e sinagoghe. Leggevo testi sacri e libri di teologia. E non perdevo occasione per riflettere sulla questione teologica. «E che cazzo!», sbottò a un certo punto. «Ti occupi di Dio più di un prete o di un rabbino! Ma perché lo fai?». Alessandro, che è agnostico, aveva e ha ragione. La sua è una domanda legittima, che mi sono sentito porre spesso: «Se sei ateo, che ti frega di Dio? Perché te ne occupi?». D’altronde non sono l’unico ateo a interessarmi al problema teologico. Ed è risaputo che, in media, gli atei sulle religioni ne sanno assai di più del credente quadratico medio.

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