Daniele racconta la propria Storia per «Io senza Dio»
Si può tranquillamente affermare che sono nato nella tana del lupo: mia madre, insegnante di religione, aveva come unico caposaldo della propria vita l’amore e la misericordia di dio. Non ero ancora nato, eppure la mia esistenza sembrava già segnata: mi attendevano tutti i sacramenti e ben 11 anni a scuola dalle suore, ovviamente la stessa che era stata frequentata da mia madre e dalle sue sorelle. Dove non arrivava l’educazione di mia madre, sarebbe sicuramente arrivata quella delle suore.
L’educazione che mi fu impartita da questi «angeli di dio in terra» fu molto semplice: violenze fisiche ma soprattutto psicologiche. Molto spesso le suddette creature angeliche non esitavano a picchiarci con bastoni di legno o scappellotti molto forti, magari solo perché durante la lezione ci scappava una risata o una battuta con un compagno. Credo sia normale nella natura di un bambino. Dico «credo» perché all’epoca dubitai anche di questo. Le violenze psicologiche consistevano principalmente nell’umiliare chiunque fosse andato male in un’interrogazione: veniva accompagnato in giro per I’istituto e umiliato davanti a tutte le classi. Il catechismo era presentato come una sorta di favola: il dio buono che ti guarda amorevolmente tutti i giorni e ti protegge dal male. Quasi un ritornello che ti entra in testa a tal punto che non ti chiedi più se tutto ciò sia logico o reale. Mia madre poi completava I’opera esortandomi a pregare la mattina e la sera prima di dormire. Inoltre appuntamento fisso l’11 febbraio per san Biagio, protettore della gola: tutti in parrocchia a farsi benedire la gola da un anello che il parroco diceva essere appartenuto a San Biagio stesso.
Uno spiraglio di luce cominciai a vederlo nel 1986: mia madre morì di cancro. Un primo pensiero fu: «Ma come? Mia madre, così buona e così devota, viene punita in questo modo?». Fu un pensiero che rimandai subito al mittente, tant’è che cominciai a frequentare ambienti francescani – dove una delle sorelle di mia madre operava – e ritiri spirituali in convento. Avevo aumentato la dose di droga religiosa: quella normale non faceva più effetto. Mi capitava di svegliarmi di notte e sdraiarmi a terra per pregare. Stavo impazzendo, perché nel frattempo il cervello continuava a lavorare, anche a mia insaputa. Intanto io continuavo a leggere la Bibbia e i Vangeli: volevo chiedere a Dio di rafforzare la mia fede, di dimostrarmi che i miei dubbi ancora acerbi erano solo frutto delle tentazioni del demonio.
Risultato: il nulla cosmico. Anzi la Bibbia, stavolta letta da me e non da qualche «angelo del Signore», mi appariva cruda e terribile. Il dio a cui chiedevo aiuto mi sembrava spietato e duro, non vedevo misericordia e amore nei suoi atti. Decisi di continuare a «drogarmi» continuando a pregare e andare a Messa. Mia madre non poteva essere tradita dalla mia logica. Poi accantonai tutto. L’unica regola era «Dio mi ama»: me Io aveva detto mia madre.
Finché non mi capitò di leggere Bart Ehrman. Il mio cervello esplose e cominciai a piangere senza sosta. L’allontanamento dalla religione provocò in me un odio profondo verso tutti coloro che mi avevano mentito, compresa mia madre. L’odio verso la religione si manifestò in un florilegio di bestemmie ogni volta che mi succedeva qualcosa. Volevo tornare indietro, ma più ci provavo e più la logica e le letture mi sbattevano in faccia la realtà. Dopo tanto dolore e tanta sofferenza mi abbandonai alla logica.
Oggi ho ancora tanta rabbia nei confronti di questi impostori. Per quanto riguarda mia madre, mi dispiace solo che lei non abbia minimamente dubitato delle proprie credenze. Se solo fosse ancora viva, proverei a salvarla.
Daniele
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Ciao Daniele e grazie della testimonianza, forte e umana. 🙂
Il sentimento di odio di cui parli lo comprendo bene (ma anche le lacrime, il bisogno di trovare per forza delle risposte, lo sbattere contro i muri dell’ideologia religiosa che agisce interiormente e negli altri, il silenzio dei testi sacri, il dio “brutto” che ne usciva…) e credo che sia assolutamente legittimo. L’ho provato anch’io (e ancora ci sto lavorando: voglio lasciarlo andare) insieme ad altri vissuti che possono emergere come reazione quando si realizza chiaramente che dio non esiste, che si è stati indottrinati, manipolati, usati e sfruttati, senza tra l’altro che fosse necessario per la vita, la crescita, il benessere di una persona. Queste azioni/reazioni poi si inseriscono nei rapporti familiari, di parentela, affettivi… nel realizzare che le stesse persone che ci hanno amato e al tempo stesso plagiato (genitori, educatori, insegnanti…) sono state loro stesse manipolate. E’ un discreto casino da affrontare e superare soprattutto se non si hanno riferimenti alternativi, un casino che spesso noi atei dobbiamo sistemare da soli e anche per questo ti abbraccio forte.
Io non ho ancora la tranquillità che vorrei (ma, come dicevo, cerco di occuparmene) e auguro anche a te di proseguire nel migliore dei modi il tuo percorso, come già ha fatto, ad esempio, Rainbow.
Un po’ mi aiuto attraverso le storie: sia quelle come la tua (che è quasi uno specchio), sia attraverso la serenità con cui altri (come Rainbow, o Raffaele…) si sono emancipati dal punto di vista emozionale.
Anche solamente riuscire a parlarne, talvolta, è davvero catartico (quindi, se vuoi…)
Insomma, per non subire due volte il peso di un abuso.
Magari davvero la vita non ha alcun senso prestabilito e, superato il vuoto “artificiale” creato per contrasto da un condizionamento religioso (o dio o niente), possiamo trovare e dare il senso giusto senza paura.
Grazie ancora e, di nuovo, un abbraccio! 🙂
Frank
e’ bello e triste nello stesso tempo, sapere che la tua storia e’ condivisa con tante persone. ti ringrazio delle meravigliose parole e ricambio l’abbraccio. grazie davvero di cuore
grazie di cuore Daniele, mi riconosco parecchio nella tua esperienza…forse un giorno ti racconterò la mia su questo blog.
Devo scriverla bene e ci vorrà un po’
Grazie Daniele. Io non mi chiedo il senso della vita. La vita è fantastica grazie al mio approccio verso di essa. Io mi chiedo il senso di tanta sofferenza “inutile”. Vedo tua madre, ma penso alla mia, che ora è incastrata in un loop mentale dal quale è impossibile uscire. Ha fatto una vita da devota. Ricorda con piacere quando era bambina e faceva tutte le attività oratoriali, ma è un ricordo circoscritto ad alcuni episodi. Il resto è sofferenza. Ora le vengono in mente tutti gli episodi negativi, tutte le ingiustizie ricevute, il patriarcato degli anni 50 dell’Italia meridionale, le amiche perse, papà che non c’è più. E giustamente esclama: “Dio, dove sei?” Non la posso aiutare perché sarebbe impossibile, non comprenderebbe l’inesistenza di dio e poi con la demenza non potrebbe ricordare ciò che eventualmente le spiegherei. Ecco, perché un essere deve finire la sua vita in queste condizioni? Non lo sapremo mai.
Per quanto riguarda te, non posso fare altro che augurarti di liberarti dalle eventuali paure, dalla rabbia che ti è rimasta. Io, come potrai leggere nella mia storia, sono scivolato via da quella prigione con molta serenità e consapevolezza. Ecco ti auguro lo stesso.
Grazie davvero Rainbow. Spero davvero di lasciarmi alle spalle anche queste scorie, che ancora non mi consentono di vivermi la mia tanto agognata liberta’, come vorrei. Un abbraccio
Un saluto a Daniele. Ho sempre paragonato Dio al Prozac+, felicità a buon mercato. Sei depresso? Un prozac, oppure come in questo caso, una siringata divina. Eccoci quindi al Dio Siringa, ti buchi si, ma ti buchi di preghiere. E tutto ciò a cosa serve? A niennte purtroppo, a niente. E alla fine se ne esce, in maniera drammatica, un pò come Christiane F., un po’ comee i ragazzi dello Zoo di Berlino… ma l’importante è salvarsi, è non morire. E cos’ alla fine si arriva alla consapevolezza che quell’“amore divino” era solo una droga per sopravvivere alla solitudine. Quanto è triste la religione, anche quando apparentemente salva le vite, anche quando è Prozac… in fondo sempre di una droga si tratta. Evviva Dio Siriinga.