La teologia è una supercazzola

Ma si può scrivere di ateismo e di filosofia senza fare a chi legge due coglioni così.


La filosofia e la teologia sono, lo sospetto, due generi della letteratura fantastica. Due generi splendidi. In realtà, a che si riducono le notti di Sharazad o l’uomo invisibile, accanto all’infinita sostanza, dotata di infiniti attributi, di Spinoza o degli archetipi platonici?
– Jorge Luis Borges

Che la filosofia rientri nel fantasy nutro seri dubbi. Sono sicuro invece che ci rientri la teologia, poiché il suo oggetto è la narrazione di un’invenzione umana. E come ogni forma di letteratura fantastica si presta alle supercazzole. Che possono pure essere un genere letterario godibile, quando sono esplicite. Ma sono una fregatura quando vengono spacciate per discorsi seri. Sicché, per orientarsi, serve una guida.

Ora, le guide non mancano, per fortuna: la pubblicistica atea è ottima e abbondante. Ma non priva di difetti. Il più importante è la sua frequente pallosità. Diciamolo: spesso anche i migliori autori hanno uno stile paludato. Che va bene, eh. Va bene se vuoi parlare a un intellettuale. Però con la casalinga di Voghera non funzia: a lei bisogna raccontarla in maniera scorrevole e perfino divertente. Io lo dico sempre ai miei studenti, quando spiego loro come scrivere un articolo: «Scrivi come parli». Be’, allora ecco qua.

E ci riesce: lo stile è colloquiale, tanto che sembra di sentire la voce di qualcuno mentre te la racconta. Non c’è nulla che non si capisca. Davvero.

Questo librino di Giovanni Gaetani è nel contempo modesto e ambizioso. Modesto perché non ha la pretesa di offrire un panorama completo e definitivo sull’ateismo. E ambizioso perché prova a dire poche cose, ma a dirle bene, in modo da farle capire. E ci riesce: lo stile è colloquiale, tanto che sembra di sentire la voce di qualcuno mentre te la racconta. Non c’è nulla che non si capisca. Davvero. Nemmeno l’argomento ontologico, che è tutto dire. Inoltre induce pure a immedesimarsi, poiché l’autore fa una cosa fondamentale: racconta storie. Non discorsi astratti, non pipponi filosofici. Anzi no: anche quelli, ché pure loro sono indispensabili. Però accanto ci mette le storie. E sono proprio le storie quelle che coinvolgono. La sua, per esempio, con il racconto della propria deconversione. Così simili a quella di tanti di noi. La leggi e pensi: «Cazzo, ci sono passato anch’io».

Siamo insomma in piena divulgazione filosofica: chiarezza, scorrevolezza, ironia, un po’ di cultura pop. Bene. Anzi molto bene.

Ma non benissimo.

Certo, se avesse pazienza arriverebbe al Gaetani-style e se lo godrebbe, ma quello arriva dopo e lei si stufa prima.

Perché questo libro non è davvero per la casalinga di Voghera. Le supercazzole non ci sono nel testo di Gaetani, ma purtroppo rimangono nelle citazioni. Alcune lunghe. Troppo lunghe. Immagino allora la casalinga di cui sopra imbattersi in una riflessione di Nietzsche o nel discorso di Ivan Karamazov, che non sono proprio una lettura da comodino, la vedo aggrottare la fronte, spremersi le meningi per due-secondi-due, poi chiudere e passare ad altro. Certo, se avesse pazienza arriverebbe al Gaetani-style e se lo godrebbe, ma quello arriva dopo e lei si stufa prima. Senza contare che talvolta lo stesso Gaetani dà alcune conoscenze per scontate: per esempio, se cita il terremoto di Lisbona dovrebbe poi pure spiegare che cos’è stato e perché è stato importante nella storia della filosofia.

E dunque? Dunque è un libro perfetto come introduzione per chi, comunque con un’infarinatura di cultura generale e la voglia di sforzarsi un po’, desidera accostarsi ai fondamenti filosofici dell’ateismo. Da leggere e da comprare in più copie, come regalo ideale per un adolescente curioso e rompicoglioni.

Choam Goldberg

G. Gaetani, «Come se Dio fosse antani», Nessun Dogma


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