Colpevoli! Ma perché?

Confesso di aver avuto aspettative alte su questo libro. Troppo alte, ahimè.


«Non è colpa della religione»: ecco la risposta dei credenti quando fai loro notare il fondamento religioso di infiniti conflitti passati e presenti. A sentir loro, c’è sempre dietro qualche altra ragione. Certo, chi ha scatenato quelle guerre le ha giustificate con la religione. Ma era un solo un pretesto, eh! Il «vero» motivo era un altro: il nazionalismo, la brama di potere, l’interesse economico. La religione no, quella mai. Figuriamoci: «le religioni sono vie di pace», ti dicono i credenti. Superfluo dire che la considero una puttanata colossale. Perciò mi sono accinto speranzoso a leggere questo libro, che fin dal titolo – «”Le religioni sono vie di pace”. Falso!» – promette molto. Purtroppo però mantiene poco.

Anche Paolo Naso ha dovuto confrontarsi con le stesse risposte dei credenti:

«”Ma non sono guerre di religione” è l’argomento autoassolutorio con il quale le comunità di fede spesso controbattono a questa lunga elencazione di scenari di conflitto agiti ed alimentati anche su basi religiose. Talora si precisa che non sarebbero ‘vere’ guerre di religione ma conflitti di altra natura strumentalmente mascherati da elementi religiosi, e che pertanto le comunità di fede più che protagoniste della violenza ne sarebbero vittime.»

Per replicare, Naso presenta un lungo ma poco approfondito excursus sulle nefandezze religiose nella Storia umana. E non ce n’è per nessuno: per i monoteismi abramitici, ma anche per le «pacifiche» fedi orientali. Tutti accomunati dalla presenza non solo di frange, ma di vaste correnti fondamentaliste, estremiste, fanatiche, violente, spesso a partire dalle supreme gerarchie. Nulla però che una persona di media cultura non sappia già.

La questione davvero interessante è un’altra ed è ben esposta da Naso:

«Ogni conflitto ha ovviamente una dimensione legata ad interessi materiali, ma questo non assolve le religioni e la loro disponibilità ad arruolarsi con convinzione nelle schiere combattenti. La domanda da porsi è un’altra: perché le religioni sono così fragili e indifese di fronte all’assalto più o meno strumentale degli interessi politici o economici?»

Già, perché? Purtroppo nel libro non si trova una risposta convincente.

All’inizio c’è un riferimento alla violenza nei testi sacri: com’è ovvio, l’Antico testamento e il Corano, ma pure il Nuovo testamento. Potrebbe essere un eccellente punto di partenza per una riflessione psicologica, antropologica o filosofica. Invece niente: Naso la mette via in poche pagine e si ferma lì. In compenso respinge la spiegazione degli atei:

«Se però l’analisi condotta ha fondamento, dovremo pur chiederci perché le religioni, che pure si propongono come “vie di salvezza”, siano finite per diventare agenzie del conflitto. La scorciatoia laicista risponde che così è perché le religioni, tutte le religioni, sono frutto di un “grande inganno”, di una illusione alienante sulla quale è stato costruito un gigantesco sistema di potere.»

E non va bene? No, a Naso non va bene.

«Per convinzione intima e ragioni biografiche non la pensiamo così. Oltretutto non sarebbe difficile sciorinare storie di uomini e donne di fede che, proprio grazie alla loro visione del mondo e alla loro idealità spirituale hanno afferrato e vinto sfide di primaria importanza per il bene comune. Per limitarci ai nostri tempi, esiste un pantheon ideale nel quale collocare Dag Hammarskjöld e Tich Nath Han, Desmond Tutu e Martin Luther King, Thomas Merton e Dorothy Day, Tolstoj e Gandhi. Tutti sinceramente credenti, ciascuno a modo proprio, ma con la ferma convinzione che la religione dovesse essere una via di pace. Eppure tutti hanno attraversato dei conflitti nei quali le loro religioni erano parte in causa.»

Ok, e dunque? Per quale accidenti di motivo le religioni – anzi solo alcune religioni – si sono prestate, si prestano e si presteranno sempre a giustificare violenze, persecuzioni e intolleranze? Naso dà quattro risposte.

  1. Le religioni sono costruzioni umane.
    Ovvero «”sistemi sociali” che si reggono sull’adesione fideistica di uomini e donne». Perciò, siccome gli uomini e le donne sono stronzi – parafraso, eh! –, il problema è anzitutto antropologico. Mmm… ok, ma quindi? Anche le accademie scientifiche sono costruzioni umane, però non hanno mai ispirato massacri né persecuzioni. Se vogliamo restare in ambito religioso, anche le religioni pre-cristiane erano costruzioni umane, ma non risulta siano mai state usate come giustificazione di stermini e sopraffazioni: Sumeri, Egizi, Greci e Romani invadevano e scannavano per estendere il territorio di influenza, per acquisirne le risorse, per catturare degli schiavi, non per diffondere la fede in Enlil, in Iside, in Zeus o in Saturno. Ah no, aspetta… non è del tutto vero. In effetti nei tempi antichi gli Ebrei – se si prendono per vere le loro Sacre scritture – invadevano e scannavano nel nome di Yahweh. Uhm… vorrà dire qualcosa?
  2. Esiste un nesso tra fondamentalismi religiosi e antiglobalismo.
    Verosimile, anzi molto probabile, ma questo fatto non spiega le nefandezze religiose pre-moderne.
  3. Non c’è pace senza libertà religiosa.
    Senza dubbio. Ma la libertà religiosa è sempre stata rifiutata e ostacolata proprio dalle religioni. Perché?
  4. La via della pace è politica.
    Vero pure questo, poiché le religioni si sono sempre rivelate incapaci di sviluppare, promuovere e garantire la pace. Ma, di nuovo, perché?

Insomma, resta la sensazione di un discorso incompleto, che lascia senza risposta la vera questione fondamentale: qual è esattamente la peculiarità delle religioni – anzi solo di alcune religioni – che le rende così intolleranti e violente?

Choam Goldberg

P. Naso, «”Le religioni sono vie di pace”. Falso!», Laterza


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