Gianluca 77 racconta la propria Storia per «Io senza Dio».
Provengo dalla classica famiglia borghese democristiana «cattolicista»: quei cattolici tiepidi che sono tali più per tradizione e paura che non per studio o convinzione. Poco praticanti, fortemente superstiziosi e sempre pronti a non schierarsi apertamente. Da loro ho ereditato l’avere paura e il riscatto culturale.
Quello che cerco sempre di spiegare è che in realtà ateo lo sono sempre stato. Inconsciamente. Pur cresciuto a pane e dottrina e alternando per tanti anni stati di coscienza più o meno lontani dalla fede e dalla Chiesa. Il dubbio era sempre stato forte. Ma era forte anche la comfort zone della «bolla di Santa Madre Chiesa».
È successo che questa bolla si è rotta definitivamente alla «tenera» età di 45 anni. A un certo punto non ce l’ho fatta più e, a seguito dell’ennesima preghiera non esaudita, dell’ennesimo trauma personale e dell’ennesima litigata con un apologeta – tra l’altro protestante, perché tanto il loro Dio è sempre quello lì –, il mio cervello ha deciso di dare un taglio netto alla continua dissonanza cognitiva. E, dopo aver esaminato ripetutamente la mia coscienza (citazione voluta), sono diventato «sinceramente e coscientemente ateo». È stato come un vaccino. Una liberazione. E sono fiero e felice di esserlo.
Però perdere la fede a 45 anni ti spiazza con timore e tremore. E sapete perché? Perché, mentre realizzavo coscientemente che avevo fatto finalmente il passo giusto, d’altro canto mi sentivo solo, senza appiglio, in un universo buio più o meno illuminato da lanternette qua e là (per dirla alla Pirandello). Perché – diciamocelo – in realtà verso quell’ipotetico Dio padre-padrone, che ogni tanto faceva capolino nella mia vita, avevo sviluppato una sindrome di Stoccolma. In fondo a quell’idea di Dio «padrone assenteista» ci ero affezionato. In fondo avevo bisogno di pensare che forse quel Dio era comunque nascosto là da qualche parte e, magari di sfuggita, ogni tanto poteva essere capace di ascoltarmi. Magari intervenendo con i peggio danni!
In fondo, dopo tutti quegli anni da finto credente e ateo non troppo convinto, trovavo un certo gusto nel cercare di estorcergli una piccola grazia umiliandomi con i peggio sacrifici, i digiuni, le notti in preghiera, le adorazioni, i rosari, i pellegrinaggi e ogni sorta di pia pratica. Ed era anche bello sfogarsi con quei «fratelli» che, come me, cercavano (invano) di negoziare con quel Dio ovviamente meschino, sociopatico e paranoico qualche grazia in cambio di altrettante penose umiliazioni nella vana illusione che quel Dio, a un certo punto, avrebbe dato loro una risposta. Se poi non mi dava risposte, era perché magari non avevo pregato abbastanza, perché magari avevo peccato in purezza – che, a detta dei suoi rappresentanti cattolici, è il peggiore dei peccati e ti fa rompere l’amicizia con Dio – oppure ancora – e qui alziamo l’asticella – perché Dio aveva il famosissimo «piano imperscrutabile su di te».
Ma a questo giro il giochino si è rotto. E, quando i bambini scoprono che Babbo Natale non esiste ma sono mamma e papà, è la tragedia. Non perché hanno paura che non riceveranno più regali, bensì perché si rompe quella magia che portava a far loro credere che un ciccione sconosciuto vestito di rosso ma molto famoso si faceva il culo proprio per loro, per venire proprio a casa loro con le renne ogni cazzo di notte di Natale. Quindi occorreva per me superare il lutto della «morte di Dio».
Allora l’ho rimpiazzato con il rafforzamento di quegli ideali, passioni e ogni sorta di ragione per cui vale la pena vivere. Ho ripreso a scrivere, a fare le mie ricerche per il mio piacere personale, come gli studi sullo gnosticismo, su Rudolf Steiner e sullle «cose massoniche»: non ne faccio mistero, anzi per me è un orgoglio, ma di questo argomento ne parlerò meglio in un’altra sede. Tutto bene, ma con la tranquilla e serena convinzione che, quando si parla di una qualunque forma di Dio – non solo di quello abramitico-cristiano –, bisogna giocare a speculare e mai prendersi sul serio. Ha perfettamente ragione un giovane prete dall’accento romanesco che tiene un bel canale su YouTube: «L’ateismo non è una religione, perché l’ateismo non esiste. È una risposta. Io posso essere ateo e credere nella fatina dei denti, nell’anima, nell’aldilà, nella reincarnazione. Sì, anche in un aldilà, basta che me lo invento».
E volete sapere un’altra cosa? È noto che la scienza stessa ha ammesso che dalla conformazione del nostro cervello noi esseri umani abbiamo una necessità fisiologica di crearci una metafisica. E che gli esseri umani sono proprio «animali addomesticati» (vedi l’ipotesi dell’auto-addomesticamento). Pertanto noi umani abbiamo la necessità di rispondere a un Ente Supremo e di fare cose per costui: praticamente l’unica cosa che accomuna Mauro Biglino e Mortebianca, ma non lo hanno scoperto loro. Grazie al ca…volo. Ogni filosofo ce lo dice. Ricordiamoci della bellissima «teoria delle illusioni» di Leopardi! Questa è la meraviglia della nostra vita, e a essere atei si può meglio gustare ciò perché si è più liberi.
Riguardo poi alla morte – e lo dico da ex-credente praticante –, mi sono sempre trovato assai più in sintonia con la celebre frase di Margherita Hack: «Non mi fa assolutamente paura. Resterà la mia materia, quella di cui sono fatta io, che servirà a fare altre cose». Quello che mi fa paura è la sofferenza, la perdita della dignità, l’essere un peso per gli altri o la stessa vecchiaia, come la vedo oggi nei miei genitori: un trascinarsi accanito trattenendo la vita coi denti. Io ho paura di abbandonare incombenze a metà, come lasciare ad altri la cura dei miei gatti. Ma che dopo vi sia un aldilà più o meno colorato, un sonno senza sogni o magari la reincarnazione in stile buddhismo o Steiner… beh, la cosa non mi riguarda. Anzi sarò curioso di saperlo in quel momento. Semmai mi divertirò a guardare spargere le mie ceneri mentre tornerò dagli Elohim. L’importante sarà la pace che avrò con la mia coscienza.
Se poi anche fosse che in una remotissima ipotesi dovessi ritrovarmi faccia a faccia con il Dio dei cristiani, beh, allora saranno cavoli suoi. E – sappiate – gliene chiederò conto fino all’ultimo centesimo.
Gianluca 77
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L’aldilà non é necessariamente l’aldilà del ciarpame religioso, io pur essendo ateo del dio abramitico in quanto é un dio impossibile e puramente fantasioso inventato da furbi per fini di potere e denar, penso che la nostra vita non finisce mai, l’energia cosciente che anima il corpo va altrove non necessariamente su questo pianeta ed evolve verso livelli sempre più elevati, di anni ne ho 65 e fin da ragazzo ho avuto questo presentimento. Al momento opportuno ognuno avrà la risposta inequivocabile e se poi non c’é nulla non ce ne accorgeremo
Signor Natale hai scritto un pensiero religioso, cioè che “Al momento opportuno ognuno avrà la risposta inequivocabile e se poi non c’é nulla non ce ne accorgeremo”. Credi al “momento opportuno” che ti fa possibilista su qualcosa (anima?) che migra in un altro pianeta? Non sei cattolico né cristiano, ma sei religioso, eccome!