Il cristianesimo in 2 minuti – 17/50

Il dilemma di Eutifrone: il rapporto fra Dio e la morale fallisce in entrambi i casi


Una cosa è buona perché lo dice Dio o Dio lo dice perché è buona? La prima opzione rende la morale arbitraria. La morale è solo ciò che Dio dice, e potrebbe averla fatta in un altro modo. La morale non si basa su nulla, compresi i fatti esterni.

Se invece Dio non avrebbe potuto fare la morale diversamente, allora essa è vincolata: questa è la seconda opzione. Ma non è meglio: la morale è esterna, e questo riduce il ruolo di Dio nella morale a quello di un messaggero. Dio è vincolato da una morale esterna. Morale arbitraria o morale esterna a Dio: qual è la risposta giusta?

Questo è il dilemma di Eutifrone, che deriva dall’omonimo dialogo di Platone.

Ecco un’analogia. Se io sono un commesso in un negozio e ho bisogno del prezzo di qualcosa, lo cerco. Consulto una fonte esterna e superiore a me. Se invece io sono il proprietario, posso fare il prezzo che voglio: «Per te, facciamo 5,95 dollari». Allora chi è Dio? È il proprietario (la morale è arbitraria e mutevole) o è l’impiegato (la morale è esterna e predefinita)? Per il cristiano si tratta di «testa perdo io, croce vinci tu». Entrambe le opzioni sono sgradevoli: o la morale è arbitraria oppure c’è una morale esterna che vincola Dio.

I cristiani possono rispondere che questo non è un vero dilemma, perché sono possibili altre opzioni. Dicono infatti che Dio è buono perché essere buono è nella sua natura. Questo però non evita il problema. Cambia semplicemente il dilemma: una cosa è buona perché lo dice la natura di Dio o la natura di Dio lo dice perché è buona? La «natura di Dio» è mutevole (la morale potrebbe essere diversa) oppure no? Se no, a che cosa si conforma la natura di Dio? Torniamo così al problema originario dell’arbitrio e dell’esternalità.

La sfida di Eutifrone all’ateo potrebbe essere: una cosa è buona perché lo dice la nostra programmazione genetica oppure la nostra programmazione genetica lo dice perché è buona? Ma qui non c’è alcun dilemma: la nostra programmazione genetica (o coscienza) ci dice che cosa è bene e che cosa è male, e ce lo dice perché è stato utile per la sopravvivenza.

Riformuliamo il problema originale in una dicotomia inequivocabile. Sia A l’affermazione «La morale è definita da Dio» (o «dalla natura di Dio», se preferite). Le due possibilità sono ora A e non-A. Nessun’altra opzione è possibile.

Consideriamo le conseguenze:

  • L’opzione A è vera, quindi la morale è definita da Dio / nella natura di Dio. La morale può essere qualsiasi cosa Dio dica che sia, poiché non è vincolata da o valutata rispetto a qualcosa di esterno, e la morale diventa mutevole. L’omicidio sarebbe una cosa buona, per esempio, se solo Dio lo avesse detto. (E perché non potrebbe? Non è vincolato da nulla.)
  • Oppure l’opzione non-A è vera, quindi la morale non è sotto il controllo di Dio / nella natura di Dio, e l’omicidio è sbagliato indipendentemente da chi dice il contrario. Questo rende la morale esterna a Dio. Dio potrebbe riferirci la morale – attraverso la Bibbia o la nostra coscienza, ad esempio –, ma la fonte della morale è qualcosa di diverso da Dio.

Dio ha una fonte di morale fissa ed esterna che consulta? Allora i cristiani si trovano su un corno del dilemma. Oppure la responsabilità deve fermarsi da qualche parte, che è Dio? Allora i cristiani si trovano sull’altro corno del dilemma. Nessuna delle due opzioni mette Dio in buona luce.

Bob Seidensticker


(17/50 – continua)

Immagine: Wikimedia, public domain

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All material on this article is copyright 2022 by Bob Seidensticker. Translation By Choam Goldberg.

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