Il classico «Qualcosa»

Angelo racconta la propria Storia per «Io senza Dio».


Se osservo le ragioni che hanno spinto altri ad aprire gli occhi verso Dio e scoprire che non c’è proprio niente da guardare, mi rendo conto che oggi potrei tranquillamente essere ancora un credente. Rendersi conto dell’inesistenza di Dio quando la vita ti ha sottoposto a dure prove è una conclusione naturale. Ma quando la tua vita, osservata dall’esterno, sembra essere tracciata in maniera tanto perfetta da rendere impossibile perdersi? Questa è la mia storia: quella di uno che a lungo ha avuto la superbia di credere che Dio fosse lì proprio per lui.

Sono cresciuto in mezzo alla natura, da due genitori colti e affettuosi, contrari a ogni forma di dogmatismo, che mi hanno insegnato a pormi domande e a riflettere. Con tranquillità ho parlato loro della mia omosessualità, ben sapendo che nessun giudizio sarebbe arrivato. Non sono mai stato cattolico, ma ho sempre avvertito la presenza di quel classico «Qualcosa»: lo percepivo attraverso l’immenso amore che provo per l’arte, sentivo che un’ispirazione celeste guidava la mia mano sul foglio. Era un dono: cos’altro poteva essere?

Per lungo tempo ho aspettato un segno, un sentiero tracciato davanti a me, nell’arrogante convinzione che «lassù» qualcuno lo avrebbe liberato da ogni ostacolo. Dovevo solo disegnare e aspettare.

Aspettando e aspettando, sempre più porte si chiudevano, sempre più occasioni sfumavano. A quel punto ho creduto di aver sbagliato strada e non ho più toccato una matita per mesi. Mi sono sentito abbandonato, lasciato solo. Ma guardare i miei fogli bianchi in attesa di essere riempiti faceva crescere in me il desiderio di rimettermi al lavoro al più presto, come se, senza una matita in mano, fossi mutilato. Un segno?

Assolutamente no. Il semplice richiamo a un’abilità appresa con fatica, impegno, studio e tanta tanta pratica. Non era un dono piovuto dal cielo: era una passione coltivata in tanti anni con grande dedizione. Ogni tratto e ogni linea nascono da proporzioni precise, conoscenze anatomiche e leggi della prospettiva. Conosciuti poi gli argomenti solidi dell’ateismo consapevole, ho abbandonato presto anche la credenza in quel silenzioso «Qualcosa» che mai mi aveva degnato di una risposta.

Oggi guido un autobus e non mollo mai l’arte e il desiderio di seguirla fin dove essa mi porterà, ma una cosa è cambiata: di certo non sto ad aspettare che un Dio lassù mi dia il permesso di farlo, e ogni successo, come ogni sconfitta, è opera delle mie mani e della mia volontà.

Angelo

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5 pensieri su “Il classico «Qualcosa»

  1. Caro Angelo ti capisco tantissimo. Dopo la mia deconversione ho avuto anch’io per molti anni la convinzione che la mia poesia mi avrebbe guidato magicamente, che la mia sensibilità, la mia musica, la mia arte avrebbero spianato la strada dagli ostacoli alla loro diffusione, sentivo di essere una sorta di genio predestinato… e invece è stato l’esatto contrario, il mio sentire mi ha procurato più intoppi che altro. Anch’io dalla delusione ho cercato tante volte di smettere, ma parte del mio benessere passa attraverso l’espressione creativa e non ho potuto rinunciarvi. Per fortuna ho superato anch’io questa visione parareligiosa, ho accettato che l’universo non gira attorno a me, che non c’è alcuna “complotto” astrale che vuole farmi diventare famoso, che sono bravo né più né meno di tanti altri, professionisti o no. Non guido gli autobus, ma faccio l’insegnante e mi mantengo così mentre continuo a scrivere e suonare. Ci ho guadagnato la gioia e la libertà di essere me stesso senza compromessi – senza sentirmi in colpa perché non faccio contatti o non lecco il culo a qualcuno. E soprattutto ho smesso di soffrire perché “qualcosa” tarda a darmi quell’occasione che sento di meritare.
    Un abbraccio Angelo, grazie per la tua storia, ti auguro ogni bene!

  2. Bravo Angelo, buona storia e buon comportamento.
    Però permettimi una puntualizzazione. Le abilità sono innate, si possono utilizzare migliorandole o sprecarle trascurandole. Tu ne hai, goditele e, se possibile, falle rendere, ma non tanto per il denaro o il successo, piuttosto per sentirti bene e realizzato.
    Il mio caso: ho una buona disposizione per i lavori manuali e per quelli razionali, ma sono scarso di orecchio per la musica e di sensibilità artistica in generale. Quindi sono il tuo contrario, e quindi tu sei sentimentalmente più ricco di me. Siine felice!
    Ho capito presto i miei limiti e mi ci sono adattato, senza drammi né invidie né sensi di colpa per ciò che non so fare.
    Poiché sono razionale, ho capito bene e presto l’inesistenza di Dio. Camminiamo insieme nell’ateismo.
    Auguri per il futuro.

  3. Il sollievo di non dover assolvere per forza ad un destino pre tracciato, ad un progetto divino, al dover rendere conto dei “talenti” che Dio ti ha affidato. Credo che questo sia uno degli aspetti positivi più sottovalutati dell’ abbandono della fede.

  4. Bellissima questa testimonianza. Angelo, oltre a esprimerti attraverso il segno grafico, riesci a dipingere anche con le parole, a dispetto di chi, a noi atei, appioppa talvolta pure una sorta di insensibilità, un intimo gelido solo perché non riesce a cogliere la presunta divinità. Quanto mi piace quel tuo definire il divino “silenzioso qualcosa”. Una definizione che restituisce a quell’ idea tutto il suo essere effimera, campata in aria. Con affetto , Rossella (Mora)

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