Babette racconta la propria Storia per «Io con Dio. Nonostante».
Mi chiamo Babette e cercherò di tagliare corto. Per quanto possa essere abile a tagliare corto una che, alla seconda prova scritta dell’Esame di Stato, ha prodotto un pippone di 11 colonne di testo – sforzandosi, lo giuro, di tagliare e abbreviare il più possibile – a fronte delle 4 richieste dalla prof di Diritto. Quindi arriviamo al sodo: sono una credente e non ho alcuna intenzione di parlare bene dei bigotti, siano essi cattolici o protestanti. Certo perché, nella mia ultraquarantennale esperienza di vita in questa valle di lacrime, sono stata per circa 30 anni una cattolica nominale (tradotto: fai tutti i sacramenti in nome della tradizione che ti hanno imposto, infine prendi la cresima e scappa) e poi sono passata al protestantesimo di stampo progressista (sia chiaro per tutti, grazie).
Come mai una cattolica nominale è scappata solo per qualche tempo da Dio dopo la cresima? Non so come spiegarlo. Non ho mai avuto bisogno che qualcuno mi dimostrasse che Dio esiste o non esiste. Sento dentro di me da sempre che Lui c’è ma non so come spiegare questa cosa: è una specie di certezza irresistibile, naturale e fortissima. E non è motivata dalla paura di morire o non esistere più. Io non ho paura di morire – che stronzata temere un fatto inevitabile –, semmai ho paura di come muoio ma non del fatto che muoio. Perciò a un certo punto – e in modo totalmente autonomo – ho scelto di convertirmi all’evangelicalismo, perché lo ritenevo una dottrina più coerente sul piano scritturale e non perché lo considerassi infallibile o l’unica dottrina giusta. Nessuna dottrina è infallibile, poiché tutte le dottrine sono un prodotto degli uomini e non di Dio.
Allo stesso modo ritengo, in coscienza, che la Bibbia non sia infallibile e non debba essere considerata anche un trattato di paleontologia, sessuologia, medicina o geopolitica. La Bibbia non può essere priva di errori per un semplice fatto: non è stata scritta da Dio, non è stata scritta sotto dettatura ma è stata redatta da uomini divinamente ispirati. Non me ne vogliano i bigotti, ma l’ispirazione dei tanti autori delle Scritture, per quanto divina e in buona fede, è innegabilmente viziata dalle personali convinzioni di ciascuno di loro. Ecco perché ne esce il ritratto di un Dio bipolare che il momento prima è sessista, misogino, sadico e in vena di devastazioni e l’attimo dopo ama le donne, è misericordioso e vuole giustizia e pace tra gli uomini.
Quindi io, nella disperata ricerca per formarmi un identikit attendibile del Signore, mi sono messa a fare cherry picking basandomi su un unico presupposto, il comandamento supremo: «Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua anima, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente. E il prossimo tuo come te stesso». Ogni versetto, ogni dottrina e ogni dogma che non rispetta questo assunto è, per me che sono ignorante fino al midollo, da ritenere inattendibile. E ogni credente che fa cherry picking solo per trovare conferma delle proprie egoistiche convinzioni dottrinali è intellettualmente disonesto: questo vale sia per i bigotti sia per i progressisti.
Il credente, di fronte alla Bibbia, dovrebbe mettere da parte i propri desideri e i propri egoismi e cercare di capire chi è Dio per poter veramente camminare nelle Sue vie. E questo significa accettare, che piaccia o meno, che probabilmente non è onnipotente e invincibile (Genesi 32,24-34) nel modo in cui lo dipingono le dottrine istituzionalizzate e che la salvezza è vincolata anche alle scelte consapevoli e deliberate degli uomini, siano essi credenti o meno.
Domanda: io, Babette, ho davvero bisogno che il mio Dio sia onnipotente e invincibile? No. Mi piacerebbe molto – questo è vero –, ma non ne ho realmente bisogno. Ho bisogno che Lui resti in me e non se ne vada, perché so che Lui esprime la Sua potenza nei talenti che mi ha assegnato, e so – lo sento – che il miglior modo per compiacerLo e lasciarLo agire è quello di investire i miei talenti per il bene del prossimo in tutti i modi in cui il talento e l’amore possono esprimersi. Se vogliamo, questa potenza è appannaggio di tutti gli esseri umani, nessuno escluso, poiché ognuno di noi ha almeno un talento naturale in cui eccelle e può usarlo per fare del bene. Per rallegrare la vita del prossimo o per dargli sollievo. Basta seguire un semplice principio: dai con due mani e prendi con una sola.
Ma vallo a spiegare ai bigotti, ai legalisti e ai fondamentalisti. Vallo a spiegare a chi pretende di farsi padrone delle chiavi della Mensa, a quelli che vogliono stabilire chi è degno di entrare nel Regno e chi non lo è. Vallo a spiegare a quelli che pretendono di dirti con chi ti puoi sposare, cosa puoi o non puoi fare del tuo corpo, chi devi essere per poterti definire «degno/a». Loro sono quelli che predicano il Dio che ama i semplici e gli umili di cuore, ma che da te pretendono il rispetto degli standard più elevati (i loro). Standard che tu ovviamente non soddisferai mai. Loro sono quelli che predicano il Dio d’amore, ma solo quello eterosessuale. Loro sono quelli che «Dio fece l’uomo e la donna a Sua immagine e somiglianza», però non si capisce perché l’immagine e somiglianza, quella delle due con la vagina, sia da correggere e dominare e perché il compito di dominarla e correggerla spetti all’immagine e somiglianza con il pene e non a Dio. Mistero della fede: la risposta preferita dei vigliacchi che sanno di dire stronzate benché consapevoli di non poterle spiegare in modo convincente e fondato. E ‘sticazzi?
Ma lo vogliamo fare qualche esempio di intolleranza interconfessionale? Vita vissuta, eh, mica racconti di seconda mano. Perché i bigotti di ogni denominazione, quelli che predicano che Dio salva chi in Lui crede e confida, al contempo sostengono che quel Dio salvi solo i «veri» (?) credenti: quelli che aderiscono alla loro confessione e alla loro dottrina, ovviamente. Tutti gli altri sono figli, sì… ma un po’ meno figli. Un po’ meno degni perché non sufficientemente convertiti e in parte ribelli.
Un giorno perdo la testa per un tizio e lui la perde per me. La cosa spettacolare è che, per la prima volta, ho l’occasione di poter stare insieme a un protestante che per di più vive in un Comune limitrofo al mio. Dalle mie parti infatti le chiese evangeliche si contano sulle dita di una mano e l’unica progressista è ad almeno tre quarti d’ora di strada da casa mia. C’è solo un problema: lui è fondamentalista e legalista, anche se va in giro conciato come un fricchettone, ascolta musica fighissima, si masturba senza sentirsi in colpa e si vanta di avere l’amico gay e sieropositivo. Capito come mascherare bene il bigottismo? Ci si vede nella sua chiesa la domenica, stando seduti a distanza: sia mai che parta il gossip. Sì, perché lui è l’evangelico timorato di Dio che segue l’unica via giusta (la sua e quella della sua cricca, è ovvio) mentre io, l’ultima arrivata, mostro segni di progressismo (non copro i capelli con il velo durante il culto, non condanno i gay, me ne frego delle denominazioni e forse sono troppo disinvolta e sorridente). Tutti soprassiedono, fingono di non vedere e ti accolgono col sorriso: è la fase del love-bombing. Il pastore (con la p minuscola e nel senso di «cane da») è parente dell’ammmòre mio e quindi… quindi bisogna che con molta calma e molti sorrisi di circostanza mi si facciano capire delle cose. Tipo che io sono bella e brava perché evangelica, epperò imperfetta. Il mio progressismo non piace a Gesù e io non do segni di essere una donnina propensa alla sottomissione. Mi girano un po’ le balle ma faccio buon viso a cattivo gioco e indosso la maschera della pia donna. Per pia donna si intende questo: andare a casa sua di nascosto da tutti, tubare come piccioncini ma non fare quella roba là. Quella roba là no, eh! Assolutissimamente. Quella si fa solo dopo il matrimonio, che lui attende con ansia già da qualche anno. Infatti le femmine talebane del comprensorio erano tutte già accasate o troppo vecchie o troppo giovani per fidanzarsi o maritarsi. Poi sono capitata io, anceloh del cielo. Okkèi, tutto per l’amore mio: me la rattopperò se serve, fino al giorno più bello. Nel frattempo inorridisco per certe uscite del pastore (con la p minuscola, e sempre nel senso di «cane da»): ad esempio quando elogia una donna che non fugge dal marito violento e malato psichiatrico perché il martirio fa parte del «pacchetto matrimonio indissolubile» oppure quella volta in cui ha detto che un fratello in Cristo (quelli della loro chiesa, si intende) che fa del male a un altro fratello non va denunciato, in nessun caso e in qualsiasi caso. E sottolinea che Israele appartiene solo ed esclusivamente al popolo israelita. Mi si gela il sangue nelle vene ma l’amore talvolta lo si indossa a guisa di benda sugli occhi. Però un dì l’amore mio bello mi dice che sì, sono evangelica e vado anche bene, ma che per sposarlo devo abbracciare la sua dottrina farisaica, altrimenti il buon Dio non è contento e le nostre promesse non valgono un tubo. Mi cadono le balle: io stravedo per lui, ho il cuore a mille, ma la mia coscienza non è per nulla propensa a venire a patti. La mia coscienza mi impedisce di abbracciare ciò che ritengo sbagliato e falso. Oltretutto quello è un ricatto bello e buono e io me la lego al dito. Che diamine c’entra il ricatto con l’amore? Insomma tu vuoi me in quanto me, o vuoi l’immagine di me che ti sei costruito in testa e che tanto ti garba? Il colpo di grazia, l’ennesimo, me lo dà il parente-pastore (sempre nel senso di «cane da»), che vedendo le mie resistenze mi dice che quelli della mia chiesa mi sviano. E lì mi parte l’embolo, mi acceco per la rabbia e lo sommergo di insulti. Perché no, nessuno della mia chiesa mi sta sviando, per il semplice fatto che nessuno di loro è mai entrato a gamba tesa nei fatti miei per mettermi in guardia da questi bigotti. Sanno bene che non sono il tipo da farmi intortare. E niente: col cuore a pezzi sfanculo l’amore e il parente «cane da». Tra il cuore e la coscienza, io scelgo la coscienza.
Anni dopo conosco il mio attuale marito. Un figo pazzesco, cattolico nominale con uno zio prete patito di musica e fumetti. A nessuno in casa sua frega nulla che io sia evangelica e suo zio è piuttosto curioso e ben disposto nei miei riguardi. Io e il mio boy andiamo a convivere e dopo qualche anno spunta il solitario con la richiesta tanto attesa. Io dico sì, lui dice che vuole il matrimonio in chiesa. Okkei: lui contatta lo zio prete e io la Pastora (con la P maiuscola, stavolta) della mia chiesa, che alla notizia gongola contenta perché sarà il suo primo matrimonio interconfessionale. Abbiamo fatto 30? Facciamo 31! La mia testimone è una romena ortodossa di origini tzigane. Epperò prima bisogna chiedere il nullaosta al parroco del nostro Comune: un pretino zelante che, per prassi, dovrà farci il terzo grado. A maggior ragione perché io, non cattolica, non frequenterò il corso per fidanzati. E vai col liscio. Dopo qualche convenevole, in cui lui soprassiede sul fatto che io e il mio boy siamo conviventi, cominciano le domande dedicate a me. Ne cito due, più il problema insormontabile.
- «Vorrete figli, suppongo». Mi irrigidisco e la cosa non gli sfugge. Mi fa la menata sul comando divino di figliare – eh? – e che la donna ha l’istinto naturale alla maternità. Gli rispondo che mia madre si prese a pugni nella pancia quando seppe che le avevo arpionato il ventre in qualità di ostinato embrione. E pure che i due amanti del Cantico dei Cantici parevano più presi dall’idea di copulare con passione che dall’idea di farlo per moltiplicarsi. Il prete cala l’asso: «Io non posso darvi il nullaosta se tu non mi vuoi fare la mamma». Il mio boy fa un’espressione preoccupata, cosa che non tollero. Va bene Don, senti qua: «I figli: sommo dono di Dio che non va disprezzato né accolto con leggerezza. Reverendo, ci concede qualche decennio di tempo per ponderare molto ma mooolto bene quand’è il momento più adatto per procreare?». Mi guarda di sbieco e gli scappa un sì.
- Poi però mi chiede come intendo educare la prole. Rispondo con un diplomatico «In accordo col marito e secondo coscienza». Fiuta la fregatura, e allora gli parte la filippica su Santa Maria Madre di Dio eccetera eccetera, esempio di umile obbedienza e sulla necessità – eh? – che la prole sia cattolica. Rispondo: «In coscienza, dove sbaglio per lei, cattolico, se a mio figlio dico che il Salvatore è Gesù?». Lui mi fa: «Ok, ma tu sai che la Madonna eccetera eccetera». Sì, reverendo, lo so, ma l’ufficio intercessioni di Maria l’avete creato voi dal nulla e molto dopo l’Ascensione di Nostro Signore. Faccio un bel respiro: «Padre, non me ne voglia, ma mi ricordi la prego chi tra i due è stato crocifisso per noi». Decide di soprassedere ma poi spunta il problema insormontabile…
- …ovvero la Pastora della mia chiesa. Ella può presenziare ma non officiare. Soprattutto non può indossare l’abito talare. Mi incazzo e gli chiedo qual è il problema. Secondo lui una donna, in una chiesa cattolica, non può manifestare segni di autorità. Consapevole di avere il coltello dalla parte del manico, ci congeda con un «Vi farò sapere». E il matrimonio è di lì a due mesi. Il mio futuro marito si butta giù e io non lo posso sopportare. Chiamo la Pastora e le spiego per sommi capi il problema. «Tranquilla, sono culo e camicia col Vescovo», mi risponde. Vescovo che tira le orecchie al pretino zelante. Il matrimonio è officiato dallo zio prete col supporto della Pastora mia, incinta di 4 mesi e vestita con l’abito d’ordinanza. A fianco a me, la mia testimone ortodossa.
È stato un giorno felice, Choam. È un matrimonio felice, il mio, che mai è stato messo in discussione dalla diversità di vedute. Tranne da parte dei fondamentalisti, i quali mi hanno detto che aver sposato un cattolico è stato un atto di ribellione verso Dio. Taluni si sono spinti a dirmi che le mie promesse nuziali non valgono nulla ai Suoi occhi: di fatto, da quasi 9 anni, sarei una ribelle e concubina. Quanto livore pure tra credenti, in nome della dottrina. Non è triste che per un credente valga più l’ortodossia dottrinale che il comando supremo di Dio? Non è triste che, a conti fatti, per i bigotti a salvare sia l’adesione alla dottrina e non la fede in Dio? Quanto vale davvero il comando supremo agli occhi di costoro?
(D)io credo e non credo
Credo che l’onnipotenza di Dio si manifesti nei talenti e nel continuo progresso dell’uomo. Anche scientifico e culturale. E credo pure che quell’onnipotenza sia vincolata alle scelte – e purtroppo pure ai limiti – degli uomini. Ripeto: la Bibbia ha il compito di occuparsi della cosa spirituale e non di paleontologia, storia, scienza, sessuologia e medicina. Lo scopo della Genesi, ad esempio, non è per me quello di spiegare quando e come è stata creata la Terra, o quando e come è stato creato l’uomo, bensì di dare un inizio a un racconto che si sviluppa nell’arco di un tempo infinito e anche, attraverso una metafora, di motivare l’origine della tendenza naturale dell’uomo all’egoismo e alla volontà di dominio. Non che a Dio non gliene fregasse nulla di farci conoscere la nostra storia e la nostra evoluzione, anzi. Per spiegarcela nel miglior modo possibile lo ha fatto nel tempo e attraverso i talenti che ci ha dato. Ad alcuni e alcune, nella Storia, ha dato la curiosità di voler capire l’età della Terra e le sue trasformazioni, ad altri di ricercarne le forme di vita più remote, ad altri di osservare i cieli e misurarli in ogni forma possibile, ad altri ancora di capire come ha vissuto e si è evoluto l’uomo fin da tempi remotissimi. Lo stesso vale per ogni altra forma di scienza, arte, sapere, comunicazione.
Tutti, senza alcuna distinzione e discriminazione, veniamo al mondo con almeno un talento naturale e attraverso i talenti che Lui ci ha fornito abbiamo contribuito e possiamo contribuire alla conoscenza, al progresso, al benessere, al miglioramento, alla giustizia, alla libertà, alla verità, alla dignità e alla pace sia su piccolissima scala (nel quotidiano al lavoro, in famiglia e nei rapporti con il prossimo) sia su larghissima scala (con il perseguimento del bene in ogni campo e per il bene dell’intera collettività e umanità). Tutti abbiamo una scintilla divina, un pezzo di Dio in noi e anche parte del Suo Regno, e chiunque sia consapevole di avere una dote o un talento naturale, chiunque voglia accrescere i propri talenti e migliorarsi e li investe e investe sé stesso e il proprio tempo per fare del bene al prossimo manifesta la Sua potenza e la Sua giustizia. Chiunque usa e investe il proprio talento o i propri talenti per liberare e non per opprimere fa la Sua volontà. Anche l’ateo che smaschera le storture di una dottrina che opprime, giudica per condannare e trasforma la vita dell’uomo in un inferno fatto di sensi di colpa, ipocrisia, odio, incoerenza e nascondimento.
Il problema degli uomini non è il Dio Abramitico (se esiste o non esiste), non è Lui il nemico. Il problema degli uomini è la dottrina, qualsiasi dottrina. Quell’insieme di regole e quella narrazione, create dall’uomo e non da Dio, a cui l’uomo stesso sceglie come e in quale misura piegare sé stesso e la propria coscienza. La dottrina è la cattività egiziana dell’uomo. L’insieme di congetture e dettami e lo standard che, ammettiamolo, in coscienza è impossibile da accogliere e rispettare nella sua interezza. È la prigione che ci fa sentire costantemente indegni o incapaci, difettosi, stupidi, drammaticamente propensi a delegare la nostra responsabilità personale ad altri: all’istituzione, ai leader spirituali, ai guru di questa minchi@. Ma, siccome Dio è per Sua natura il Liberatore, Egli ci ha dato la capacità di essere o di tornare liberi: la nostra coscienza. Quella buona, quella che ci spinge a metterci in gioco in prima persona nella ricerca perenne – e talvolta impietosa – della verità, quella che non vuole che ci accontentiamo della versione di un prete o del pastore ma esige da noi una ricerca attiva, partecipe, continua e totalmente scevra dai nostri egoismi. La coscienza che rifiuta la risposta che ci piace di più e accoglie e ringrazia anche per la risposta più scomoda. La coscienza che esige che ogni piccola o grande nuova consapevolezza che raggiungiamo ogni giorno venga condivisa con il prossimo, per amore del prossimo. La coscienza che esige che ci assumiamo ogni giorno l’intera responsabilità delle nostre scelte. La coscienza che vuole pace in Terra per tutti e tra tutti gli uomini. Dio è sostanzialmente questo: presa di coscienza in nome dell’amore.
Non credo, forse sbagliando, che la società si renda conto del grande pericolo che sta correndo. Perché la secolarizzazione e anche il disinteresse dilagante verso Dio rendono buona parte delle persone cieche davanti a un mostro che sta avanzando sempre più velocemente e in modo aggressivo in tutto l’Occidente: il nazionalismo cristiano. Lo dico da credente evangelica: quello è il principale nemico di Dio, infinitamente più dell’ateismo. Perché il nazionalismo cristiano è la negazione ostinata, opprimente e sempre più spesso violenta dell’essenza e della volontà di Dio. Il nazionalismo cristiano è il figlio prediletto del fondamentalismo evangelico ed è la principale e più chiara espressione della teocrazia istituzionalizzata. La teocrazia istituzionale è quella porcata disgustosa sostenuta dai fondamentalisti statunitensi (Nord, Centro e Sudamerica), che negli ultimi 75 anni si sono adoperati in ogni modo per entrare nelle amministrazioni locali e statali pur di ottenerla e imporla all’intero continente. E alla fine ci sono riusciti: Trump ha inaugurato l’Ufficio della Fede assegnandolo alla telepredicatrice e pastora (con la p minuscola e nel senso di «cagna da») fondamentalista Paula White. Consigliera spirituale di Trump – tutti i presidenti ne hanno avuto uno –, Paula White predica il suprematismo bianco, la condanna dell’aborto, la condanna dell’omosessualità, incoraggia la sottomissione delle donne e predica l’«evangelo della prosperità». In soldoni: «Sei ricco? È prova della benedizione e del favore di Dio verso di te. Sei povero? Sei colpevole, non si sa bene di cosa, ma lo sei punto e basta. E te lo meriti». Il tutto sostenuto e legittimato dal cherry picking biblico e dalla disonestà intellettuale. Ma non si fermeranno qui, perché sono ingordi. Sono avidi fino al midollo. Hanno sostenuto e sostengono Bolsonaro e ora vogliono anche l’Europa. Lo dico per averlo visto con i miei occhi: ci sono pastori fondamentalisti che nel 2022, durante la campagna elettorale per l’elezione del nuovo esecutivo, organizzavano pullman diretti alle convention di Fratelli d’Italia per sostenere la candidatura di Meloni e compagnia cantante. Nel resto d’Europa sostengono politicamente movimenti e partiti di estrema Destra. Diffondono fake news, teorie cospirazioniste (sostituzione etnica, antivaccinismo), odio verso gli omosessuali, odio e sospetto verso gli immigrati. Vogliono ammutolire le donne. Combattono attivamente il diritto all’aborto. Detestano i diritti civili e amano il ricco. I fondamentalisti sostengono il sionismo: per loro Israele è terra esclusiva dei soli ebrei e le vite dei palestinesi non valgono nulla. Tutto questo è la negazione del comandamento supremo e dunque di Dio. Ed è pericoloso oltre che antidemocratico. E l’Europa, resa cieca dalla secolarizzazione e da una sorta di indolenza mentale, non riesce a riconoscere questo pericolo incombente e la sua avanzata subdola e inarrestabile.
In Italia c’è una grande, grandissima ignoranza verso l’universo evangelico, verso il protestantesimo. Me ne rendo conto perché, quando sulla stampa nazionale appare un articolo che riguarda la realtà protestante, persino tra i giornalisti impera un’ignoranza abissale. Abissale e drammatica. Scrivono delle cazzate allucinanti, dimostrano delle lacune spaventose, diffondono un’immagine inattendibile. Per esempio, il più delle volte veniamo compresi nell’universo delle sette oppure siamo tutti identificati come pentecostali aderenti all’universo ADI (legalisti, spesso anche fondamentalisti). È un’enorme falsità. Esistono Chiese evangeliche progressiste e inclusive (valdesi, metodisti, battisti e buona parte dell’universo luterano) che purtroppo sono la minoranza e vengono vissute come nemici da calpestare ed estirpare da parte di molti fondamentalisti. Esistono i pentecostali – la maggioranza purtroppo, ed è la denominazione che si sta diffondendo sempre di più –, come pure molte altre denominazioni fondamentaliste e congregazioni tendenzialmente settarie. Loro sono il pericolo. E non smetterò mai di dirlo: non è Dio nemico dell’uomo. Dio è la prima e la principale vittima dell’uomo, della prigione delle dottrine, dei fondamentalismi. Dio è colui che ne esce offeso, calunniato, torturato e crocifisso ogni giorno.
Ora, Choam, non me ne volere se mi permetto: non esiste solo lo zoo dei bigotti cattolici. Guarda, per favore, anche agli altri zoo. Lo chiedo a te, ateo, che proponi teodicee irrisolvibili per qualsiasi bigotto cattolico: asfalta anche i fondamentalisti protestanti. Te ne prego, fallo. Pare incredibile – vero? – che questa richiesta esca dalla bocca di una credente? Ma persino a te, ateo irriducibile, io riconosco il talento di voler ricercare la menzogna per smontarla pezzo per pezzo. La capacità di aprire gli occhi ai ciechi e di sturare le orecchie ai sordi con la tua sagacia, il tuo intelletto e la tua lingua affilata.
No, Choam, tu non riuscirai mai a spingere un vero cristiano (inteso come colui o colei che vuole seguire e servire Cristo, non la dottrina e non la Chiesa) ad abbracciare l’ateismo. Sicuramente non ci sei mai riuscito con me, in tutto il tempo che seguo il tuo canale. Ma puoi, con la tua logica spietata e con la tua inconfutabile demolizione di ogni teodicea, levare un grave fardello dalle spalle dei più fragili. Liberare altri prigionieri dalla cattività egiziana, alleggerire il giogo, risvegliare le coscienze addormentate. Spingere l’indolente alla ricerca di una vita vissuta con piena e partecipe coscienza, sia essa caratterizzata dalla fede oppure priva di fede. Bestemmia pure nei tuoi video ma, se il tuo agire è fondato sulla volontà genuina, altruista e disinteressata di liberare il tuo prossimo dall’oppressione infondata e ingiustificata e da forme di odio immotivate, se il tuo agire non è dettato dall’egoistica volontà di calunniare a prescindere anche ricorrendo alla disonestà, allora tu, ateo, per me non sei un nemico. Paradossalmente potresti essere a modo tuo un alleato dei veri nemici di tutti: i fondamentalisti di ogni fede e denominazione. Loro soltanto sono i veri nemici, gli impostori e gli oppressori. Io questo credo, nella mia ignoranza. Questo mi dice la mia coscienza. E a patti con questa gente io non scendo e non intendo scendere.
Quella bambina, Choam, la bimba innocente e sofferente della tua teodicea per me avrà salvo il suo corpo dalla sofferenza e dalla morte solo se un uomo o una donna passeranno davanti a quelle macerie e faranno ogni cosa possibile pur di estrarla viva e soccorrerla. Compreso quello di mettere a rischio la propria incolumità per amore e per la sacralità della sua vita. E no, quella bimba, anche se non fosse battezzata, non andrà all’inferno. Mai. Il limbo non esiste, nessun bambino va all’inferno e nessun bambino è peccatore, né porta addosso l’onta di chissà quale ancestrale peccato. I bimbi vanno tutti in paradiso per direttissima, son salvati e basta: niente processi, niente interrogatori, nessuna occhiataccia o tirate d’orecchio da parte di santi, madonne e strani padreterni (Genesi 8,21). È dall’adolescenza, non prima, che i nostri cuori partoriscono consapevolmente disegni malvagi. Se proprio vogliamo stabilire in quale momento della vita l’uomo può cominciare a considerarsi pienamente consapevole delle finalità buone o cattive delle proprie scelte – e anche pienamente responsabile delle conseguenze che ne derivano –, quel momento può essere l’adolescenza. Non prima. Mai prima. E chiunque affermi il contrario è in consapevole malafede. Io quello che seguo, spesso inciampando miseramente, lo chiamo Gesù Cristo o Fede o Spirito Santo.
Tu, ateo, probabilmente la chiami coscienza. La segui ogni giorno, spesso inciampando, ma, se mentre cammini dai volenterosamente con due mani e prendi con una sola in ossequio alla tua coscienza e per amore del tuo prossimo, allora io di te non posso che aver stima e chiamarti fratello. Allora per me, alla fine di tutto, sarai salvato ed erede quanto me di un tesoro immenso.
Babette
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Eh si Babette, in effetti non hai il dono della sintesi 😄, io di solito faccio fatica a leggere testi lunghi, e a guardare video che durano più di 30 minuti. Poi dipende.
Però i tuo testo l’ho letto tutto. Apprezzo il tuo modo e la tua esperienza.
Dovrei tagliar corto dicendo “naa, non esiste nessun dio”. Però concordo sul concetto di coscienza. Ora da dove derivi questa coscienza non lo so e sinceramente non mi interessa, so solo che ascoltandola qualcosa cambia, in meglio.
Quindi quando hai scelto la coscienza invece che al matrimonio obbligato ho percepito quella sensazione ed ho sorriso. Aneddoto: la mia coscienza mi disse di lasciar perdere quella che sarebbe stata la mia fidanzata e poi moglie. Due volte. Quando ci siamo messi insieme e sull’altare, durante il matrimonio “lascia perdere… cosa stai facendo…”
E giustamente dopo un tot di anni si siamo separati.
Ultimamente sto insistendo su questa cosa, mi guida in alcune scelte quotidiane.
Hai mostrato ancora una volta il medioevo che aleggia tra i fondamentalisti, coloro che più che difendere un dio, cercano di preservare le loro certezze e, come giustamente fai notare, fanno danni.
Ti ringrazio e ti lascio alla tua serenità, che deve essere fondamentale e che solo tu, e la tua coscienza, potete gestire.
Io sono convinto che siamo su questo pianeta per “soffrire”. L’arte sta a ridurre al massimo questa sofferenza. Ed ognuno lo deve fare a proprio modo, tanto chi saprà ascoltarsi non romperà le palle al prossimo.
È encomiabile come tu e tuo marito siate riusciti a fare collaborare religioni diverse in nome dell’amore, complimenti! Se i fedeli avessero tutti la tua visione delle cose, probabilmente le religioni non sarebbero un problema. Non condivido però accusare gli altri di fare cherry picking, perchè anche tu lo fai: hai scelto quello che ti piace del cristianesimo (ama dio e il prossimo tuo ecc. ecc.) e l’hai eletto a principio supremo, decidendo che tutto ciò che devia da questo non è il messaggio autentico di dio. Eppure la tua versione di dio non ha piú dignità di quella di Trump o del piú bigotto dei pastori: sarà piú accettabile in una società aperta, ma non è piú vera, non porta di piú al paradiso delle altre: è solo la tua versione, come ce ne sono tante, basate semplicemente sulla tua morale (che comunque è mille volte meglio di quella di Trump o della Meloni), che ti porta a immaginare un dio buono che chiede solo amore.
Mi piacerebbe sapere cosa ti porta a ritenere la tua versione di dio piú vera del dio che ordina massacri e che pretende sacrifici o del Gesù che è venuto a portare la spada, perchè sinceramente non capisco come, di fronte al mondo che viviamo, si possa pensare che dio è amore.