Gesù non era una brava persona

E il messaggio evangelico fa schifo. Basta leggere i Vangeli per constatarlo.


Spesso mi sono sentito dire: «Non mi riconosco nella Chiesa, non mi piacciono i preti, ma credo in Dio e ammiro Gesù». E perfino: «Sono ateo, ma apprezzo e condivido il messaggio evangelico». Sai chi lo dice? Chi non ha letto i Vangeli. O, se li ha letti, li ha piluccati qua e là, di solito nelle versioni edulcorate da preti e pastori. Ché, se invece li avesse letti tutti e con attenzione, avrebbe scoperto che no, Gesù non era una brava persona. E che il messaggio evangelico fa schifo.

È convinzione diffusa che il Nuovo testamento sia migliore dell’Antico perché più in sintonia con la nostra sensibilità contemporanea. Yahweh è un dio violento, prepotente, geloso, spietato, vendicativo, arrogante. In una parola: stronzo. Il Dio cristiano invece sarebbe il Dio dell’Amore, del rispetto, della tolleranza, del perdono. E Gesù una figura dolce, pacifica, amorevole e caritatevole. Il Figlio di Dio sarebbe venuto per sostituire la vecchia Legge mosaica con la nuova legge dell’Amore. Infatti nella propria missione si è preoccupato degli afflitti: i poveri, i malati, i perseguitati. In questo sta il messaggio di Cristo: amatevi gli uni gli altri. E porgete l’altra guancia. E perdonate. E bla bla bla. È il Gesù al quale si ispirano i preti operai, i cattocomunisti e in generale tutti i credenti progressisti, critici senza pietà verso le Chiese istituzionali ma tanto tanto aperti, inclusivi, solidali verso i disgraziati, i derelitti, gli ultimi. Quel Gesù piace molto anche a Sinistra, perfino a molti atei e a molti comunisti, che ammirano il cosiddetto «messaggio evangelico originario» e lo considerano un’anticipazione delle idee progressiste della nostra epoca. Insomma, Gesù come una specie di comunista ante litteram. Durante la Rivoluzione francese Jacques-René Hébert arrivò perfino a scrivere: «non conosco miglior giacobino di quel coraggioso Gesù». Per arrivare ai tempi nostri, ecco che cosa ne disse Fabrizio De André:

«Con il disco “La buona novella”, scritto in pieno 1968, ho voluto dire ai miei coetanei: guardate che le nostre stesse lotte sono già state sostenute da un grande rivoluzionario, il più grande rivoluzionario della storia. Molti ritennero il mio disco anacronistico perché parlavo di Gesù Cristo nel pieno della rivolta studentesca. Ma tutti coloro che pretendono di fare rivoluzioni devono guardare all’insegnamento di Cristo, lui ha combattuto per una libertà integrale, piena di perdono.»
– da G. Mattei, «Anima mia», Piemme 1998, p. 109

Per dire, eh.

Sarà vero? Verrebbe da rispondere con un grandissimo «chissenefotte». Gesù Cristo è una figura leggendaria, che con ogni probabilità ha origine da un profeta apocalittico ebreo nella Palestina di 2’000 anni fa, ma che di certo nella Storia non fu quello raccontato nel Nuovo testamento. Perciò chiedersi se il Gesù dei Vangeli era una brava persona è un po’ come chiedersi se il Merlino del ciclo arturiano era una brava persona: anche ‘sticazzi, scusa. Al massimo può essere un personaggio letterario capace di ispirare qualche nobile comportamento. Semmai. Ma anche no. Perché, pure come figura di fantasia, Gesù ispira ben poco di buono.

Secondo la tradizione, Gesù è un intellettuale della propria epoca. Tant’è che, dodicenne, si trova a discutere per tre giorni nel Tempio con i Maestri della Legge (Luca, 2,41-50). Da adulto trascina le folle e si confronta da pari a pari coi farisei. Quindi non è l’ultimo sfigato della Galilea. Eppure quest’uomo così influente e così colto non dimostra alcuna conoscenza culturale della sua epoca: non dice alcunché sull’arte, sulla scienza, sulla tecnica, sulla filosofia, sulle altre religioni. In particolare, in filosofia non esce dal pensiero tradizionale ebraico: Gesù non spende una-parola-una su Socrate, Platone, Aristotele, Epicuro. E neppure sembra conoscere il greco o il latino, ossia le lingue della cultura della propria epoca. Macché: l’orizzonte di Gesù è giudaico e basta. E costui pretende di essere «la via, (…) la verità e la vita» (Giovanni 14,6). Complimenti per la modestia.

La grande novità del messaggio evangelico sembra riassumibile in alcune massime: «porgi l’altra guancia», «ama i tuoi nemici», «non essere ipocrita», «vivi alla giornata», «non giudicare». Le troviamo nel discorso della montagna (Matteo 5) e in forma più breve nel discorso della pianura (Luca 6,17-49), entrambi preceduti dalle cosiddette «beatitudini». Ma non c’è tutta questa grande novità. Anche «ama il prossimo tuo come te stesso» si trova nell’Antico testamento:

Non vendicatevi e non conservate rancore contro i membri del vostro popolo. Ciascuno di voi deve amare il suo prossimo come se stesso. Io sono il Signore.
– Levitico 19,18

Non solo: di fatto, Gesù non rinnega, non demolisce e non sostituisce per nulla la Legge mosaica dell’Antico testamento, nemmeno nei suoi aspetti più terribili. Lo dice lui stesso, chiaro e netto, senza alcuna possibilità di equivoco:

«Non dovete pensare che io sia venuto ad abolire la legge di Mosè e l’insegnamento dei profeti. Io non sono venuto per abolirla ma per compierla in modo perfetto. Perché vi assicuro che fino a quando ci saranno il cielo e la terra, nemmeno la più piccola parola, anzi nemmeno una virgola, sarà cancellata dalla legge di Dio; e così fino a quando tutto non sarà compiuto. Perciò, chi disubbidisce al più piccolo dei comandamenti e insegna agli altri a fare come lui, sarà il più piccolo nel regno di Dio. Chi invece mette in pratica i comandamenti e li insegna agli altri, sarà grande nel regno di Dio. (…)»
– Matteo 5,17-19

Qualche esempio? Gesù conferma la Legge mosaica fino a invocare la morte per chi non onora il padre e la madre:

«Gesù rispose loro: – E voi, perché non rispettate i comandamenti di Dio, per seguire la vostra tradizione? Dio ha detto: Onora il padre e la madre. E poi: Chi parla male di suo padre o di sua madre deve essere condannato a morte. Voi invece insegnate che uno non ha più il dovere di onorare suo padre e sua madre se dice ad essi che ha offerto a Dio quei beni che doveva usare per loro. Così, per mezzo della vostra tradizione, voi fate diventare inutile la parola di Dio.»
– Matteo 15,3-6

Poi Gesù aggiunse: «Siete molto abili nel mettere da parte i comandamenti di Dio per difendere la vostra tradizione. «Per esempio, Mosè ha detto: Onora tuo padre e tua madre, e poi: Chi parla male di suo padre o di sua madre deve essere condannato a morte. Voi invece insegnate che uno non ha più il dovere di aiutare suo padre e sua madre, se dice loro che sono korbàn, cioè doni offerti a Dio, quei beni che doveva usare per loro. Così, per mezzo della tradizione che voi insegnate, fate diventare inutile la parola di Dio. E di cose come queste, ne fate molte.»
– Marco 7,9-13

Il desiderio della donna di un altro è adulterio (Matteo 5,28). È adulterio avere una relazione con una donna abbandonata dal marito (Matteo 5,32). Chi fa perdere la fede ad altri merita di essere annegato (Marco 9,42). Ed è giusto imprigionare chi non paga i propri debiti (Matteo 18,32-34). Alla faccia della sintonia con la nostra sensibilità contemporanea.

Sempre per quanto riguarda la Legge mosaica, l’episodio della lapidazione dell’adultera merita una menzione speciale (Giovanni 8,1-11). Il fatto è noto: i maestri della Legge e i farisei gli portano una donna beccata in flagrante adulterio e gli chiedono che cosa devono farne. Infatti la Legge mosaica prescrive per lei la lapidazione:

Se un uomo commette adulterio con la moglie di uno dei suoi connazionali, i due colpevoli devono essere messi a morte.
– Levitico 20,10

Gesù risponde con la battuta ormai entrata nel mito. A quel punto tutti si squagliano. Gesù congeda la donna e la invita a non peccare più. Gloria gloria alleluia:

I maestri della Legge e i farisei portarono davanti a Gesù una donna sorpresa in adulterio e gli dissero: – Maestro, questa donna è stata sorpresa mentre tradiva suo marito. Nella sua legge Mosè ci ha ordinato di uccidere queste donne infedeli a colpi di pietra. Tu, che cosa ne dici? Parlavano così per metterlo alla prova: volevano avere pretesti per accusarlo. Ma Gesù guardava in terra, e scriveva col dito nella polvere. Quelli però insistevano con le domande. Allora Gesù alzò la testa e disse: — Chi tra voi è senza peccati, scagli per primo una pietra contro di lei. Poi si chinò di nuovo a scrivere in terra. Udite queste parole, quelli se ne andarono uno dopo l’altro, cominciando dai più anziani. Rimase soltanto Gesù, e la donna che era là in mezzo. Gesù si alzò e le disse: – Dove sono andati? Nessuno ti ha condannata? La donna rispose: – Nessuno, Signore. Gesù disse: – Neppure io ti condanno. Va’, ma d’ora in poi non peccare più!
– Giovanni, 8,3-11

Sorvoliamo sul fatto che tutto l’episodio, per ammissione dei biblisti cristiani, è stato aggiunto in epoca tarda e che col Vangelo di Giovanni non c’entra un cazzo. Sorvoliamo perché comunque lì rimane, nei Vangeli canonici, e per i cristiani pure quella è «Parola di Dio». Sorvoliamo anche perché quest’episodio viene citato ad nauseam per sottolineare la novità del messaggio evangelico. Ma c’è davvero una novità? No, non c’è. Per niente. Gesù non dice affatto che la Legge mosaica è abominevole e che le adultere non vanno lapidate. Gesù si limita a dichiarare che dovrebbe eseguire la sentenza solo chi è senza peccato. Ma perché quella e non qualsiasi altra sentenza? Capisci bene che, con questo principio, tanti saluti al diritto, ché nessuno potrebbe far applicare una qualsiasi legge. Piuttosto bisognerebbe stabilire quali leggi sono civili e quali abiette, quali da conservare e quali da abolire. Nondimeno Gesù non fa nulla del genere e si guarda bene dal criticare la Legge mosaica. La mette via così, con una battuta sui peccati degli esecutori di sentenze, e tanti saluti. Si toglie d’impiccio in quel momento, ma nemmeno sfiora la grande questione dell’inciviltà della Legge mosaica.

Spesso e volentieri Gesù si produce in comportamenti riprovevoli. Due sono gli episodi più noti e riconosciuti come discutibili anche dagli apologeti: Gesù scaccia a frustate i mercanti dal Tempio (Matteo 21,12-13, Marco 11,15-17, Luca 19,45-46, Giovanni 2,13-17) e fa seccare un fico la cui unica colpa consiste nel non dargli i frutti che Gesù voleva perché non era la stagione dei fichi (Matteo 21,18-20, Marco 11,12-14+20-21). «E vabbe’», dice il credente, «son le debolezze di un uomo, poiché Gesù era Dio ma era anche uomo». Tuttavia, oltre a questo paio di episodi incresciosi, se ne trovano parecchi altri. Che sono pure peggiori e perciò vengono ricordati di rado.

Orribile è la vicenda della madre pagana che chiede a Gesù la guarigione della figlia posseduta da uno spirito maligno. Il Figlio di Dio non la caga neanche di striscio. Lei insiste. I discepoli si intromettono, esortando Gesù a compiere il miracolo almeno per levarsela di torno. Ma lui niente. E spiega che è stato mandato per occuparsi soltanto degli ebrei. La donna insiste ancora e si umilia addirittura, finché alla fine Gesù, che dev’essersi proprio rotto i coglioni, la accontenta:

Poi Gesù andò via di là e si ritirò dalle parti di Tiro e di Sidone. Una donna pagana che veniva da quella regione si presentò a Gesù gridando: – Signore, Figlio di Davide, abbi pietà di me! Mia figlia sta molto male, uno spirito maligno la tormenta. Ma Gesù non rispondeva nulla. Si avvicinarono allora i suoi discepoli e gli dissero: – Mandala a casa, perché continua a venirci dietro e a gridare. Gesù disse: – Io sono stato mandato soltanto per le pecore sperdute del popolo d’Israele. Ma quella donna si metteva in ginocchio davanti a lui e diceva: – Signore, aiutami! Allora Gesù rispose: – Non è giusto prendere il pane dei figli e buttarlo ai cagnolini. E la donna disse: – È vero, Signore. Però, sotto la tavola, i cagnolini possono mangiare le briciole che cadono ai loro padroni. Allora Gesù le disse: – O donna, davvero la tua fede è grande! Accada come tu vuoi. E in quel momento sua figlia guarì.
– Matteo 15,21-28

Questo è il Figlio di Dio, il profeta dell’Amore universale: se non sei ebreo vali quanto un cane, quindi niente miracolo, ma alla fine anche sì, però solo perché hai avuto fede, ché altrimenti ti attacchi. D’altra parte Gesù dice chiaro e tondo che lui è venuto solo per gli ebrei, non per tutti gli altri:

Gesù disse: – Io sono stato mandato soltanto per le pecore sperdute del popolo d’Israele.
– Matteo 15,24

E solo agli ebrei è riservata la predicazione dei suoi discepoli:

Gesù mandò questi Dodici in missione dopo aver dato queste istruzioni: «Non andate fra gente straniera e non entrate nelle città della Samaria. Andate invece fra la gente smarrita del popolo d’Israele. Lungo il cammino, annunziate che il regno di Dio è vicino.
– Matteo 10,5-7

Ma… aspetta! Perché poi ci ripensa:

Gesù si avvicinò e disse: «A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Perciò andate, fate che tutti diventino miei discepoli; battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; insegnate loro a ubbidire a tutto ciò che io vi ho comandato. E sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo».
– Matteo 28,18-20

Contraddizione fra passi diversi delle Sacre scritture? Certo. E non è strano che il Figlio di Dio si contraddica o cambi idea? Boh. Del resto lui stesso è Dio, no? Quindi fa un po’ quel che gli pare. D’altronde ai credenti non è mai fregato un granché delle contraddizioni. Altrimenti non sarebbero credenti.

Altre magagne di Gesù si nascondono in alcune parabole. Prendiamo quella del banchetto citata da Luca, per esempio:

Gesù allora gli raccontò un’altra parabola: «Un uomo fece una volta un grande banchetto e invitò molta gente. All’ora del pranzo mandò uno dei suoi servi a dire agli invitati: Tutto è pronto, venite! Ma, uno dopo l’altro, gli invitati cominciarono a scusarsi. Uno gli disse: “Ho comprato un terreno e devo andare a vederlo. Ti prego di scusarmi”. Un altro gli disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e sto andando a provarli. Ti prego di scusarmi”. Un terzo invitato gli disse: “Mi sono sposato da poco e perciò non posso venire”. «Quel servo tornò dal suo padrone e gli riferì tutto. Il padrone di casa allora, pieno di sdegno, ordinò al suo servo: Esci subito e va’ per le piazze e per le vie della città e fa’ venire qui, al mio banchetto, i poveri e gli storpi, i ciechi e gli zoppi. «Più tardi il servo tornò dal padrone per dirgli: “Signore, ho eseguito il tuo ordine, ma c’è ancora posto”. «Il padrone allora disse al servo: Esci di nuovo e va’ per i sentieri di campagna e lungo le siepi e spingi la gente a venire. Voglio che la mia casa sia piena di gente. Nessuno di quelli che ho invitato per primi parteciperà al mio banchetto: ve lo assicuro!».
– Luca 14,16-24

Leggi con attenzione: «(…) spingi la gente a venire. Voglio che la mia casa sia piena di gente». Questa è la traduzione della Bibbia interconfessionale. Ma la versione della CEI del 2008 traduce: «costringili». Ovvero: anche chi non vuole partecipare deve essere obbligato. Ed è una traduzione corretta. In latino è «compelle intrare». Il latino però diventa la lingua ufficiale della Chiesa solo dopo il regno di Teodosio, dalla fine del IV secolo. Ma i Vangeli erano stati scritti in greco. E che cosa troviamo nella versione greca del Vangelo di Luca? ἀνάγκασον, che si traduce con «costringere con la forza».

Queste non sono finezze da biblisti prive di conseguenze. Infatti intorno al 407 Agostino scrive una lettera al vescovo eretico donatista Vincenzo di Cartenna e gli spiega perché, dopo aver pensato che la conversione dovesse passare attraverso la convinzione, ha cambiato idea e ha concluso che no, ci vogliono le maniere forti per riportare le pecorelle smarrite nel gregge della Chiesa. Agostino usa proprio le parole di Gesù per giustificare la coercizione nella conversione al cattolicesimo dei pagani e degli eretici:

Tu pensi che nessuno deve essere costretto alla virtù, sebbene tu legga che il padre di famiglia disse ai servi: Costringete ad entrare tutti quelli che troverete. Pensi così, sebbene tu legga come Saulo, che poi divenne Paolo, fu spinto a conoscere ed abbracciare la verità con un atto di forza compiuto da Cristo, che ve lo costrinse, salvo che tu non pensi che agli uomini stia più a cuore il denaro o qualsiasi altro possesso piuttosto che questa luce che percepiamo con gli occhi. Paolo non recuperò questa luce che aveva perduta improvvisamente dopo essere stato gettato a terra, se non quando si unì al corpo mistico della Chiesa. E tu pensi che non si devono usare i mezzi coercitivi con le persone, perché si liberino dalla calamità dell’errore, mentre, dagli esempi incontestabili surriferiti, vedi che agisce in questo modo proprio Dio, di cui nessuno ci ama in modo più vantaggioso per noi. Tu pensi così, sebbene ascolti Cristo che dice: Nessuno viene a me se non lo attirerà il Padre. Ora tale attrazione si opera nel cuore di tutti quelli che si convertono a Lui per il timore dell’ira divina. Tu pensi così, pur sapendo che talora il ladro getta qua e là dell’erba alle pecore per sviarle, mentre talvolta il pastore si serve della verga per ricondurre al gregge le pecore traviate.
– Agostino, Epistola 93,2.5

Per più di un millennio il pensiero agostiniano verrà applicato alla lettera, con persecuzioni, crociate, torture, roghi, guerre di religione. A maggior gloria di Nostro Signore.

Gesù è pure quello che sfancula i farisei (Luca 11,37-52), che parla in parabole apposta per trarre in inganno chi lo ascolta (Marco 4,10-12), che per liberare un uomo dai demoni spedisce un branco di maiali ad affogare in un lago e toglie la fonte di sostentamento alla gente del posto (Matteo 8,32, Marco 5,12-17), che invita ad annegare con una pietra al collo chi fa perdere la fede ai bambini (Matteo 18,6, Luca 17,2). Ma soprattutto Gesù, il Figlio del Dio dell’Amore, è colui che promette l’inferno.

In effetti nel messaggio evangelico una grande novità c’è: l’inferno, appunto. Non che manchino i riferimenti al mondo dei morti nell’Antico testamento, ci mancherebbe. Però non è lo spauracchio più forte. Sulla vita nell’aldilà l’ebraismo dell’epoca di Gesù è diviso: i sadducei negano l’immortalità dell’anima, mentre i farisei credono nella risurrezione dei morti nella futura era messianica. Non esistono un paradiso, un inferno e un purgatorio paragonabili a quelli che il cristianesimo svilupperà in seguito. Lo sheol è soprattutto un luogo triste, di una noia micidiale, nel quale finiscono virtuosi e malvagi insieme. Yahweh è una divinità molto concreta e terrena, che per punirti stermina te, la tua famiglia, i tuoi servi e il tuo bestiame fino alla settordicesima generazione, però poi di quel che ti capita dopo la morte se ne sbatte abbastanza. Invece per sentir parlare di dannazione eterna, di inferno, di fuoco e di fiamme, di oscurità e di tenebre, bisogna arrivare a Gesù, il profeta, anzi il Figlio del Dio dell’Amore, della pace e della mitezza. E non ce n’è per nessuno: chi s’incazza con i fratelli merita il fuoco dell’inferno (Matteo 5,22), chi non accoglie la predicazione di Gesù e dei suoi discepoli farà la fine degli abitanti di Sodoma e Gomorra (Matteo 10,14-15, Matteo 11,20-24, Luca 10,10-15), chi non aiuta i poveri finirà nel fuoco eterno (Matteo 25,41-43), chi si limita a esser ricco pure (Luca 16,19-31), chi non crede nel Figlio di Dio sarà condannato (Marco 16,16, Giovanni 3,18-36). C’è solo l’imbarazzo della scelta: Gesù ripete più e più volte che per questi, per quelli e pure per quegli altri ci sono le fiamme, l’oscurità, la dannazione, la tortura infinita. Per chi fa il male ma anche solo per chi non accoglie il suo messaggio. E saranno tanti (Matteo 7,13-14, Matteo 8,11-12). Gesù aggiunge che, prima della sua venuta per la seconda volta, il mondo sarà devastato da guerre, terremoti, carestie, torture, arresti, tradimenti, uccisioni, tribolazioni, oscuramenti del Sole e della Luna, cadute delle stelle (Matteo 24,3-51, Marco 13). Dopodiché lui stesso separerà i buoni dai malvagi: i primi in paradiso per l’eternità, i secondi all’inferno (Matteo 13,41-42, Matteo 13,49-50, Matteo 25,46). E, per inciso, Gesù non sa quando tutto questo succederà: lo sa Dio ma non lo sa Gesù (Marco 13,32). Ma non erano la stessa cosa? Boh. Mistero della fede, tanto per cambiare. Insomma, per concludere, ecco la strepitosa novità del messaggio evangelico del Dio dell’Amore: l’inferno. Grazie, Gesù!

E veniamo alle «beatitudini». Di solito vengono citate per dimostrare il valore della morale cristiana. E che cosa dicono? Che gli afflitti e i sofferenti sono beati. Le parole di Gesù suonano perciò come un invito ad accettare la povertà materiale e di spirito, la fame, l’odio, gli insulti, l’ingiustizia, la persecuzione, perché queste sofferenze saranno ricompensate dopo la morte con la salvezza nel Regno dei cieli. E questo fatalismo e questa sottomissione sarebbero il fondamento di una moralità decente? Bah. Di sicuro sono funzionali agli interessi di chi vuole sudditi docili, sottomessi e privi di spirito critico: l’«instrumentum regni» perfetto. Il barbone di Treviri ci aveva preso in pieno:

La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli.
– Karl Marx, «Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico»

Il culto della povertà e della sofferenza si è rivelato, in 20 secoli, uno strumento di repressione potente ed efficace. Gesù si preoccupa dei perseguitati e dei poveri. Li ama così tanto che la Chiesa li additerà come esempi da ammirare e da imitare, e in questo modo farà apprezzare la persecuzione e la povertà, di beni materiali ma anche di spirito, cioè di cultura. Le beatitudini diventeranno un formidabile strumento di controllo sociale, poiché se sei felice di essere povero e ignorante non rompi i coglioni a chi è ricco e colto. E se chi è ricco e colto ti perseguita… be’, meglio ancora, perché Gesù ti ama di più. Genio puro.

Dice il credente: «Troppo comodo. Tu cerchi nei Vangeli solo le parole di Gesù che confermano la tua tesi preconcetta, ossia che non era una brava persona». Ebbene, è quanto fanno da sempre proprio i credenti, pescando solo quello che fa comodo a loro. Gesù era il Figlio del Dio dell’Amore? E vai con l’attenzione agli afflitti. È necessario spaventare i peccatori? E vai con la minaccia dell’inferno. Bisogna estirpare l’eresia bruciando gli eretici? E vai con l’albero che non fa frutti buoni e va buttato nel fuoco (Matteo 7,18-19), con la paglia bruciata con un fuoco senza fine (Luca 3,17) e con i tralci secchi raccolti e bruciati (Giovanni 15,6). Nei Vangeli c’è tutto e il contrario di tutto. E c’è anche un Gesù che è un vero stronzo: ottuso, tradizionalista, intollerante. Non una brava persona né un esempio al quale ispirarsi.

Infine, sempre per quanto riguarda la morale evangelica, c’è un ultimo aspetto sul quale soffermarsi: la conclusione, con il sacrificio e la risurrezione di Gesù.

In principio Yahweh crea gli esseri umani, ma loro si ribellano e commettono il peccato originale. Yahweh – che lo sapeva, eh!… lo sapeva! – li scaccia dall’Eden e li condanna alla sofferenza. Però poi, per redimerli, invia Gesù, cioè suo figlio, cioè sé stesso – e non sforzarti di capire, ché sembra una stronzata perché di fatto è una stronzata – sulla Terra, dove gli esseri umani, ovvero quelli che devono essere redenti, lo uccidono con un supplizio fra i più atroci mai inventati. Dopodiché Gesù sconfigge la morte e risorge. Seguono due millenni di sofferenze, guerre, carestie, pestilenze come prima di Gesù. Anzi forse un po’ peggio, perché niente come i monoteismi abramitici diffusi su scala planetaria è stato capace di tirar fuori la parte peggiore degli umani, e il cristianesimo in questo schifo si è distinto in modo particolare. Gesù nei Vangeli dice con chiarezza che il mito del peccato originale è una cazzata? No. In quale modo il suo sacrificio dovrebbe rendere migliori gli esseri umani? E perché? Non si spiega. E ancora: in quale modo io vengo salvato dalla morte del Figlio di Dio 2000 anni fa? Boh. Ma poi salvato da che cosa? Dal peccato originale? Ossia da una colpa non commessa da me ma da un mio antenato? Dove va a finire la mia responsabilità personale? Sempre boh. Non finisce qui: se io non mi converto, se io rifiuto il messaggio di Gesù, se io non accetto di essere redento dal suo sacrificio, allora dopo la morte vengo punito con torture perfino peggiori della crocifissione, per l’eternità. C’è una logica, in tutto questo? Qualcuno me la spiega, ché io non ci arrivo? E dove starebbe una morale civile e in sintonia con la nostra morale contemporanea, derivata dall’illuminismo?

Ecco, con buona pace di Faber, (anche) questo è il Gesù dei Vangeli e (anche) questo è il messaggio evangelico. Il primo non era una brava persona e il secondo fa schifo.

Choam Goldberg


Articolo aggiornato l’8 agosto 2024.


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7 pensieri su “Gesù non era una brava persona

  1. Mammamia, comprensione dei testi e dell’esegesi a livello di un cane. Sono capitato per caso su questo “blog”.

    Ah, ma sei un troll. Ci ero cascato. Tutti questi deliri non possono essere reali. Altrimenti ti sarebbero venuti a prendere mettendoti una camicia di forza

  2. Gesù è stato anzi un perfetto comunista. La fede nel Sol dell’Avvenire (mentre qui e ora le pedine del soviet di turno soffrono immancabilmente, e devono tacere e obbedire in funzione di un’utopia promessa ma mai mantenuta) non è qualitativamente diversa dalla fede cattolica nel paradiso (nessuno deve perdere tempo a progredire e costruire la città celeste qui e ora, bisogna invece tacere, soffrire e obbedire, che se le pecorelle hanno la pancia piena e stanno bene col cavolo che ascoltano le stronzate del prete)

  3. “In principio Yahweh crea gli esseri umani, ma loro si ribellano e commettono il peccato originale. Yahweh – che lo sapeva, eh!… lo sapeva! – li scaccia dall’Eden e li condanna alla sofferenza. Però poi, per redimerli, invia Gesù, cioè suo figlio, cioè sé stesso – e non sforzarti di capire, ché sembra una stronzata perché di fatto è una stronzata – sulla Terra, dove gli esseri umani, ovvero quelli che devono essere redenti, lo uccidono con un supplizio fra i più atroci mai inventati”
    Ma infatti, tutta la storia della crocefissione, passione, morte e resurrezione, in origine aveva una valenza di tutt’altro genere. Il topos del dio o della creatura semidivina che si sacrifica a se stesso è di origine indoeuropea e attestato in varie forme in una quantità di miti diversi, dall’India all’Iran, ai Celti, ai Germani, agli Assiri, ai Greci e a chissà quanti altri, ma in genere è un rito che serve a (1) dare potere al sacrificato per (2) ottenere la distruzione e rigenerazione del mondo inaugurando un nuovo ciclo cosmico.
    Ed mi sembra probabile che Gesù o i suoi discepoli si aspettassero proprio questo: Gesù viene appeso a un palo e ferito al costato (come Wotan? Come Tammuz?) come prova di iniziazione divina e si aspetta di scenderne trionfante, riconosciuto come re di Israele e pronto a guidare il popolo eletto alla conquista del mondo. È per questo che morendo chiede al suo dio perché l’ha abbandonato!
    E quando muore e “risorge” (?) e la grande rivoluzione cosmica non avviene ancora, i suoi seguaci devono ripiegare su una “rivoluzione” più interiore e da lì viene tutto il pippone sulla “redenzione” dal “peccato originale” (cose che nell’AT non c’erano proprio, probabilmente mutuate dalle religioni persiane).
    Poi arriva Paolo di Tarso, e siamo tutti fottuti.

      • Appunto perché oh, Cristo è morto, è risorto, sono passati decenni e siamo ancora nella stessa merda di prima. Quindi inventiamoci un qualche significato mistico per la passione&resurrezione che spieghi perché siamo ancora qui a parlarne…

      • Se non era per il mio omonimo, di Yehoshua ben Yosef non se ne parlava più da quasi 2000 anni

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