La cacciata dall’Eden fu davvero una condanna? Oppure l’occasione per vivere un’esistenza più piena, più ricca, più nobile?
Lunedì
Strano discorso ha fatto Lui. Strano davvero. Mangia questo, mangia quello, ma il frutto di quell’albero… no, quello no. Nient’altro. Possiamo fare ciò che vogliamo, ma Lui s’è raccomandato solo sul cibo. È l’unica cosa importante? E poi… solo quei frutti lì. Dice: «Se lo mangi, muori». Saranno velenosi… Mah!
Martedì
Adamo e io ci guardiamo tutto il giorno, passeggiamo, mangiamo. Anche scopare è divertente. Scopiamo e mangiamo in continuazione. E poi dormiamo a esaurimento. E ancora scopiamo e mangiamo. Però mi sembra una vita un po’ vuota.
Esisto da tre giorni e già mi annoio.
Mercoledì
Buffe bestie. Hanno tutte un nome. Gliel’ha dato Adamo, quando ne cercava una per fargli da aiutante. Invano. Così dice, almeno. Io neanche c’ero.
Buffe bestie, dicevo. Quella strisciante e viscida mi guarda sottecchi dall’albero. Ha un che di… di conturbante. Mi ricorda qualcosa… il cazzo di Adamo, ecco cosa!
Giovedì
Parla pure, il serpente. Oggi m’ha fatto uno strano discorso. Dice: «Quel frutto là non è mica mortale». Dice: «Anzi, se lo mangiate diventate simili a Lui». Dice: «Conoscerete il bene e il male».
Ci penserò.
Venerdì
Il frutto è lì, appeso al ramo. Accanto c’è il serpente, tranquillo penzoloni. Io guardo il frutto. Poi guardo il serpente. Poi il frutto. Poi il serpente. Ammicca. Sogghigna sornione. Allungo la mano. La ritiro. E se il serpente avesse ragione? Se Lui ci avesse… mentito? Ma Lui può mentire?
Riprovo: allungo la mano. Una strana sensazione. Di fatalità. Un presagio di immensa responsabilità. Come se mille secoli fossero determinati ora. Eppure è solo un frutto. Il serpente mi guarda. Non sorride più. È concentrato. Come me. Tutto sembra immobile. L’istante racchiude l’eternità. La mano è a un soffio dal frutto. In mezzo, il destino di generazioni. Lo supero, afferro il frutto, lo mordo. È saporito, dolcissimo.
Non sono morta. Non sono morta!
Lo porto ad Adamo.
Sabato
Stiamo bassi, sotto il cespuglio. Ho paura. Non dovevo farlo. Non dovevamo farlo. Lui si arrabbierà. Aveva proibito solo questo. E neppure questo siamo riusciti a mantenere. Perciò stiamo nascosti.
Non ci guardiamo più come prima. Mi urta lo sguardo di Adamo sul mio corpo. Avverto il suo desiderio di me. Mi imbarazza. Anch’io lo desidero, e mi imbarazza anche di più. Così ci siamo coperti proprio lì, fra le cosce, dove proviamo piacere.
Stavo meglio prima.
Domenica
Ci ha trovati. Lo sapevo che s’incazzava. Ha piantato un casino, urlando che non dovevamo farlo. Prima l’ha chiesto ad Adamo. E lui: «Me l’ha dato Eva!». Che è vero, eh, però… un minimo di complicità! C’era bisogno di fare la spia? Allora Lui ha guardato me, corrucciato. E io ho dato la colpa al serpente.
Ma non è vero. Perché Lui ci aveva ingannati. «Se lo mangi, muori», aveva detto. ‘Stocazzo! Lo abbiamo mangiato e non siamo morti. Se moriremo, solo Lui lo avrà voluto. Non il frutto, non il serpente, ma Lui.
Lunedì
Adesso tutto è più complicato. Scopare con Adamo è sempre divertente. Ma non mi lascio andare come prima. Faccio la preziosa. E lui fa il furbetto. Mi osserva, mi spia, mi imbarazza. Però almeno non ci si annoia. Non è più solo mangiare, dormire, scopare. Perché…
…perché è finita la pacchia, ecco perché. Lui ha fatto una piazzata colossale e ha preso i nostri stracci e ci ha buttati fuori dall’Eden a calci nel culo. «Soffrirai nel partorire… Ti guadagnerai il pane con il sudore della fronte… Tornerai alla polvere…» E che cazzo! Per un frutto! Che poi, per finire, ci ha reso la vita interessante.
Prima era una pacchia, è vero, ma una pacchia noiosa. Adesso è uno strazio fatto di fame, di piaghe, di lotta infinita con le fiere e le intemperie. Con Adamo che ha sempre voglia di scopare. Con la paura di concepire marmocchi che non potremo mantenere. E con la paura della morte. La vedo negli animali e so che verrà anche per me. Sono colta dall’ansia: cosa mi accadrà? Però ora la vita è interessante.
Non è vero. Non è cambiata la mia vita. Sono cambiata io. Prima non mi fregava di niente. Adesso sono piena di domande. Perché ogni giorno il Sole sorge e tramonta? E dove va sotto l’orizzonte? Cosa sono le nuvole che spuntano dietro le montagne e poi spariscono al capo opposto del mondo? Cosa c’è al di là delle montagne e del mare? E quelle minuscole luci notturne nel cielo che cosa sono?
C’era tutto anche nell’Eden, ma non mi importava. Adesso il mio sguardo è cambiato.
Martedì
Sono più sola. Lui non c’è più. Non so neppure se Lui esista, se sia mai esistito o se io Lo abbia solo conosciuto in un sogno meraviglioso, in un’epoca perfetta così diversa da questo presente sporco e squallido. Sono sola, in lotta con il mio uomo e con il mondo. In lotta anche con me stessa, con le mie voglie e i miei sensi di colpa.
Sono sola, ma libera. Guardo il mondo e comincio a capirlo. Ogni barlume di comprensione mi riempie di gioia e mi apre nuovi misteri. Ho scoperto altre montagne dietro le montagne e già sono tutta un fremito all’idea di sapere cosa c’è oltre. Forse un giorno capirò anche le stelle.
Il mondo è bello e feroce.
Choam Goldberg
In apparenza questo racconto è ispirato a «Il diario di Eva» di Mark Twain con il titolo pescato da una raccolta di racconti di Andrej Platonov. Ispirazione involontaria, però, perché di quell’operetta avevo letto solo un estratto di un paragrafo prima di scrivere questo racconto e Platonov l’ho scoperto solo dopo. Dev’essere un caso di evoluzione convergente.
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