L’islam è peggio?

Certo. Nel Libro sacro, nelle dottrine e nelle teste dei credenti. Ma non lo si può dire, ché altrimenti si passa per islamofobi.


L’islam è davvero differente e, dal nostro punto di vista, peggiore delle altre fedi abramitiche?

Sul piano dottrinale no: sono tutte dogmatiche, intolleranti, violente, patriarcali, sessiste, omofobe. Lo sono perché tutte si fondano su una Rivelazione divina annunciata in qualche Libro sacro. Libro nel quale si trovano, appunto, dogmatismo, intolleranza, violenza, patriarcato, sessismo, omofobia.

Sul piano pratico invece…

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«Divertire chi già non crede»

Ma anche provare a far riflettere chi crede o crede di credere, senza porsi il problema. Per non farli morire dopo aver vissuto da atei inconsapevoli. E se poi ci vuole una bestemmia…


«Il comico che bestemmia»: e ti sembra di aver detto tutto. Ché lui quello è: il comico che bestemmia. Lui, Daniele Fabbri, di certo non fa nulla per negare questa etichetta. Che però è riduttiva. Riduttiva dello spirito degli spettacoli di Daniele, che non si riducono alla bestemmia e anzi nei quali la bestemmia non è nemmeno l’aspetto predominante. E riduttiva dell’attività di Daniele, che è stand-up comedian dal 2007, dopo il diploma come attore e regista presso la Scuola Internazionale di Teatro di Roma, ma è pure autore, sceneggiatore per radio, teatro e fumetti. Inoltre è tra i protagonisti del Festival «Ceci n’est pas un blashpème», per la libertà di espressione e contro le leggi antiblasfemia: mostre d’arte, collettive, live performance, talk, proiezioni, stand-up comedy, sul tema della blasfemia e della censura per motivi religiosi. Daniele è il curatore della rassegna di stand-up e ha lanciato un bando di selezione per giovani comici, che scade il 31 maggio 2021. Con Stefano Antonucci, Daniele è coautore di «Gesù. La trilogia» (2015), «V for Vangelo» (2015), «Il piccolo Führer» (2017), «Il timido Anticristo» (2018), «La fattoria dell’animale» (2020). Ovviamente Daniele presidia i social: Facebook, Twitter, Instagram, YouTube.

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Elogio della bestemmia

«Se non ci credi, perché lo insulti?». Sembra aver senso, no? Abbastanza senso, quanto meno, da rendere la bestemmia inaccettabile anche per un ateo. Eppure…


Capodanno 2016. Alle 23:59:01 del 31 dicembre 2015, durante la trasmissione «L’anno che verrà», in diretta di fronte a più di 5 milioni e mezzo di persone, sovrapposto alle immagini, fra i messaggi di augurio inviati dai telespettatori scorre un bestemmione. L’indomani apriti cielo: commenti indignati nei social, corsivi furibondi nei media, fino all’inchiesta interna alla RAI per scoprire chi ha lasciato passare il moccolo.

Natale 2016. Meno di un anno dopo la bestemmia televisiva, i social sono attraversati dallo sdegno per la diffusione della foto di tre giovani che, in un presepe a Bolzano, assumono pose poco rispettose nei riguardi di una pecora, Maria e Gesù: uno ingroppandosi l’animale, l’altro simulando una fellatio, la terza schiacciando il bambinello col piede. Diretti ai tre sciagurati, abbondano gli auguri delle morti più atroci, seguite dalle fiamme eterne. Ché bisogna avere rispetto per gli oggetti sacri della fede.

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Le persone e le idee

Mai confonderle: le prime meritano rispetto, le seconde no. Per principio.


«Esigo rispetto per le mie idee» è una pretesa idiota. E di solito serve a proteggere idee idiote.

Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo.
– S.G. Tallentyre, alias Evelyn Beatrice Hall (ma di solito attribuito per errore a Voltaire)

Io aggiungo: «E rivendicherò sempre il diritto di affermare che quello che dite è una cazzata».

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