Una parabola che è una stronzata.
Un gruppo di ciechi ha sentito che uno strano animale, chiamato elefante, era stato portato in città, ma nessuno di loro era a conoscenza della sua configurazione e forma. Per curiosità, hanno detto: «Dobbiamo ispezionarlo e conoscerlo al tocco, di cui siamo capaci». Così lo cercarono e, quando lo trovarono, cercarono di provare a capire cosa fosse. Nel caso della prima persona, la cui mano era caduta sulla proboscide, disse: «Questo essere è come un grosso serpente». A un altro la cui mano raggiungeva l’orecchio invece sembrava un ventaglio. Quanto a un’altra persona, la cui mano era sulla sua gamba, pensò che l’elefante fosse un pilastro come un tronco d’albero. Il cieco che mise la mano su un fianco dell’animale disse che l’elefante era come un muro. Un altro che stava toccando la coda l’aveva descritta come una corda. L’ultima palpò la sua zanna, sostenendo che l’elefante è ciò che è duro, liscio e come una lancia.
– I ciechi e l’elefante, Wikipedia
Alzi la mano chi non ha sentito questa parabola associata al concetto di Dio. Quasi nessuno, vero? Ce la rifilano sempre con la stessa interpretazione sincretista: «Le descrizioni di Dio delle diverse religioni sono tutte differenti, ma soltanto perché ciascuna fede ne vede un pezzetto. Dio ci sembra molteplice perché noi siamo limitati». Perciò la parabola di origine indiana dovrebbe sottintendere che tutte le religioni sono un po’ vere. Infatti, se si potesse averne una visione d’insieme, ci si avvicinerebbe alla comprensione di Dio.
Bella stronzata, eh?
È difficile determinare quante religioni impestano in questo momento la cultura umana: le stime variano fra alcune centinaia e molte decine di migliaia. È difficile perché non è chiaro che cosa si debba intendere per «religione». Il cristianesimo è una religione unica? Oppure dobbiamo spezzarlo nelle sue confessioni? E come la mettiamo con tutte le sette e settucole evangeliche? Ciascuna fa religione per conto proprio? Se consultiamo Wikipedia, troviamo il numero di 4’200. Come se ci fossero 4’200 ciechi tutti insieme a stranfugnare l’elefante.
Per quale ragione la parabole dei ciechi e dell’elefante è una stronzata? È presto detto: mentre la sensazione del cieco che palpeggia il culo e trova la coda è compatibile con la sensazione del cieco che palpeggia il muso e trova la proboscide, le religioni hanno credenze fra loro incompatibili. Proprio logicamente incompatibili. L’esempio più ovvio: l’unicità di Dio, anche all’interno della stessa tradizione abramitica. Sfido chiunque a conciliare il monoteismo perfetto dell’islam con il politeismo trinitario del cristianesimo, fino al delirio del cattolicesimo.
Tuttavia le religioni abramitiche presentano alcune caratteristiche comuni:
- credono nell’esistenza di uno o più esseri soprannaturali,
- fanno affermazioni sbagliate da un punto di vista logico e/o scientifico,
- propugnano valori morali espressione delle esigenze etiche di culture primitive,
- raccomandano comportamenti con il fine di limitare la libertà o il benessere delle persone,
- richiedono un’adesione acritica alle credenze e alle prescrizioni,
- hanno un sistema sacerdotale caratterizzato da una struttura gerarchizzata, autoritaria e piramidale.
Noi liberi pensatori razionalisti siamo eredi di una tradizione che affonda le radici nella Grecia classica, attraversa l’illuminismo e arriva alla filosofia atea contemporanea, schivando tutto il ciarpame teologico derivato dalla tradizione giudaico-cristiana. Quindi per noi ciascuna caratteristica delle fedi abramitiche è sufficiente per considerarle abominevoli. Noi sappiamo che non è che tutte le religioni siano un po’ vere, bensì che tutte le religioni sono completamente false. Allora, se c’è un elefante, è questo: non Dio, bensì la religione. Di una fede abramitica colpisce un aspetto oppure l’altro, però sotto c’è sempre la stessa spazzatura culturale.
Molte religioni pretendono di essere rivelate: Dio stesso, attraverso il figlio o un profeta o tanti profeti, si è palesato alle creature umane, e la Rivelazione si trova in uno o più Libri sacri. Se per curiosità tu vai a compulsare i diversi Libri sacri, ci trovi vagonate di cose incompatibili fra loro. Peggio ancora: vagonate di cose incompatibili all’interno dello stesso Libro sacro, come se Dio non riuscisse nemmeno a mettersi d’accordo con sé stesso. Dunque, in tutta evidenza, le religioni non possono essere tutte vere. O una sola è l’unica vera e tutte le altre sono false, oppure un po’ di verità è sparpagliata fra tutte le fedi.
In ogni caso miliardi di persone sono seguaci della religione sbagliata: credono che il loro Dio sia vero e invece no, è un Dio falso. Qualcuno fra loro si pone il problema? Ma figuriamoci. Ogni bravo ebreo aderisce sereno alla legge mosaica imposta da Yahweh, ogni buon cristiano è sinceramente convinto della resurrezione di Gesù come descritta nel Nuovo testamento, ogni sincero musulmano crede che il Corano eterno rivelato al Profeta sia il verbo di Allah. Pochi fra loro sono sfiorati dal sospetto di aver avuto una stupefacente botta di culo nel nascere proprio nel tempo e nel luogo in cui si adora l’unico vero Dio. Quei pochi, di fronte al sospetto, si rallegrano e la considerano un’ulteriore dimostrazione che il loro Dio è quello giusto e dedica a loro, precisamente a loro, tutta la sua divina premura.
Eppure secondo tanti credenti la fede fa bene. In fondo per questo se la tengono ben stretta ed evitano dubbi e domande scomode. Non importa a quale religione si aderisca, purché la credenza in Dio fornisca un significato all’esistenza di chi crede, ispiri un senso di benevolenza verso gli altri esseri umani, rassicuri di fronte al timore della morte propria e delle persone più care, consoli quando ci si trova confrontati con il dolore. Ci sta?
In un certo senso ci sta. Chi siamo noi per giudicare il modo in cui le persone se la raccontano per soffrire un po’ meno? Contente loro…
In un altro senso invece non ci sta. Non ci sta affatto. Per quanto rassicurante e consolante possa essere, tenere per vero qualcosa di palesemente e dimostrabilmente falso è indegno. Ciascuno faccia ciò che vuole della propria vita – certo non saremo noi a cercare di deconvertire chicchessia –, ma la fede in un Dio impossibile è un insulto all’intelligenza. Non solo: è anche dannosa. Per il singolo, che a causa della fede si impone limiti insensati. Ma pure per la collettività, poiché la credenza dogmatica abitua alla sottomissione intellettuale e scoraggia la critica razionale. Mentre la critica è il motore di ogni progresso civile, culturale, scientifico. Non bastasse questo, la fede, distogliendo l’attenzione verso una dimensione trascendente che non esiste, distrae dai problemi della realtà immanente, l’unica esistente e l’unica sulla quale possiamo agire. In sintesi: sono così tanti e così grandi i problemi del mondo reale, che è uno spreco di tempo dedicarsi alle cazzate di un mondo inesistente.
Nel frattempo, fra gli innumerevoli altri effetti esercitati sulla cultura umana, Stellaplano aveva portato a compimento un processo già molto sviluppato. Aveva messo fine ai miliardi di parole di pie sciocchezze con cui, per secoli, uomini apparentemente intelligenti si erano imputriditi il cervello.
– Arthur C. Clarke, Le Fontane del Paradiso
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