Sliding Doors

Può essere giusto un Dio che giudica una sola versione della vita di una persona tra le tante idealmente possibili?


Simone, filosofo e studioso di teologia, torna con un guest post, stavolta dedicato all’impossibilità di un Dio perfettamente giusto nel proprio giudizio, a prescindere da onniscienza, onnipotenza e bontà.


Ciascuno di noi ha, a livello ideale e immaginario, un numero enorme di vite possibili nello spazio e nel tempo, senza che la sua identità di base venga compromessa. Ma potrebbe bastare un evento minuscolo nell’esistenza di una persona per mutare in modo radicale il suo destino. In sintesi: ogni vita possibile è una variante esistenziale. Ma, se Dio esiste, ciascuno viene giudicato per una e una sola variante esistenziale: la vita particolare che gli tocca vivere tra le tante idealmente possibili. Se un individuo potesse vivere un’altra o più delle sue varianti esistenziali, potremmo presumere con ragionevolezza che in molti casi le sue scelte sarebbero diverse, anche in modo rilevante per il suo carattere e per il resto della sua vita. Scelte che, con una probabilità non trascurabile, potrebbero condurre verso un diverso giudizio divino. Magari di salvezza e non di perdizione, o viceversa.

Perciò, dato il numero enorme di varianti possibili che a quella persona non è concesso vivere, se Dio volesse esercitare il proprio giudizio su quell’unica vita, su quell’unica variante, tale giudizio sembrerebbe essere estremamente parziale, rivelando quindi un Dio né giusto né davvero interessato alla integralità della persona. Come invece dovrebbe essere un Dio per definizione perfettamente giusto.

Un tentativo di rimediare a questa impossibilità potrebbe configurarsi nell’ipotesi di un Dio che, grazie al suo potere creativo e governativo della realtà, conoscendo a priori tutte le varianti esistenziali di una persona, riduca le possibilità configurando il mondo fin dalla creazione (e gli eventi successivi) in modo tale che una persona non abbia alcuna possibile variante esistenziale oppure ne abbia un numero ridotto, tutte poco o per nulla rilevanti in merito al giudizio, cioè tali che non possano condurre a giudizi divini differenti rispetto a quello che Dio darà alla fine della vita di quella persona. Il problema di questo tentativo di rimedio però sta nella pesante ingerenza divina – se non addirittura in un completo controllo divino – sulla vita e sulle azioni della persona, compromettendo così in modo grave uno dei pilastri concettuali del concetto classico di giudizio divino: il libero arbitrio degli esseri umani. Quindi rendendo di nuovo impossibile un giudizio divino giusto e integrale.

Oppure potremmo immaginare un multiverso nel quale tutti le varianti esistenziali sono reali perché esistono tutti gli universi possibili. In ogni universo esiste una versione differente della persona: alcune si salvano e altre sono dannate. Ma pare che neppure ciò rappresenti una soluzione. Anzitutto non si capisce bene il motivo per cui Dio dovrebbe creare un numero spropositato di copie della stessa persona: solo per risolvere un problema logico intrinseco al giudizio divino? In secondo luogo, ogni variante esistenziale soffrirebbe della stessa contingenza del giudizio, anche se ce ne fosse un numero infinito. Cioè ognuna potrebbe legittimamente affermare: «Perché io sono così? Perché la mia storia è così, mentre sarebbe potuta essere diversa?». Ogni variante continuerebbe quindi a soffrire dell’ingiustizia di essere sottoposta a certe condizioni e non ad altre. Questo è un argomento «individualista»: la difficoltà permane intrinsecamente per ogni individuo (cioè per ogni singola variante esistenziale), per quanti individui possano esserci. Ogni individuo pare quindi soffrire dello stesso problema: non poter essere giudicato con giustizia e, allo stesso tempo, ritrovarsi invece a essere giudicato con ingiustizia.

C’è infine un problema di ordine scritturale: pare che in nessuna Rivelazione sia scritto che Dio creerebbe un numero enorme o infinito di varianti di persone in un multiverso onde giudicarle. Al contrario, sono proprio i monoteismi abramitici che sostengono la creazione della singola persona, singola e giustamente giudicata.

Perciò no, a prescindere da quanto sia buono e/o onnipotente, parrebbe che Dio non possa essere giusto nel suo contemporaneo essere creatore e giudice delle persone, per ragioni di natura logica strettamente connesse a quelle di natura etica. E ciò, ovviamente, compromette anche la perfezione della bontà divina.

Simone


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1 pensiero su “Sliding Doors

  1. Davvero un articolo molto interessante, se fosse possibile avrei bisogno di un chiarimento riguardante il senso della prima frase: cosa intendi quando dici “senza che la sua identità di base venga compromessa”?
    Cosa sarebbe un’ identità di base esattamente?

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