«E se incontrassi Dio?»

Come minimo, un sereno, sentito, cordiale vaffanculo.


A qualunque ateo almeno un po’ militante è successo, prima o dopo. Incontri un credente che si crede furbo e ti chiede: «Eh, fai presto tu a dire che Dio non esiste! Ma come la metterai quando lo incontrerai e scoprirai di aver avuto torto? Che cosa dirai allora? Eh? Che cosa dirai?».

Fra le molte risposte possibili, una delle più convincenti è quella di Stephen Fry:

«I think I’ll say, «Bone cancer in children? What’s that about? How dare you! How dare you create a world in which there is such misery that is not our fault? It’s not right. It’s utterly, utterly evil. Why should I respect a capricious, mean-minded, stupid God who creates a world which is so full of injustice and pain?». That’s what I’d say.»
– Stephen Fry

Potente, vero? Potente e convincente. È la risposta anche di Ivan Karamàzov:

«E se le sofferenze dei bambini fossero destinate a completar quella somma di sofferenza, che era il prezzo necessario per l’acquisto della verità, in tal caso io dichiaro fin d’ora che tutta la verità non vale un tal prezzo.»
– Ivan Karamàzov, da «I fratelli Karamàzov»

Non c’è assolutamente nulla che un credente possa replicare, se non «Mistero della fede». Che – l’ho ripetuto oltre ogni tua possibile sopportazione, ma ti prego di concedermelo per l’ennesima (e non ultima) volta – è un riassunto in tre parole della risposta per esteso: «So benissimo che il problema della teodicea è insolubile. Mi rendo conto alla perfezione che un Dio onnisciente, onnipotente e buono è incompatibile con la sofferenza innocente. Comprendo anch’io che la razionalità mi costringe a concludere che quel Dio lì non può esistere. Però io credo lo stesso che quel Dio lì esista». Questo, solo questo è il Mistero della fede: la credenza nella realtà di un fatto (l’esistenza del Dio abramitico) palesemente falso, impossibile, perfino illogico, contro ogni evidenza e ogni razionalità. Se poi qualche bigotto passa di qua e vuole contestare questa affermazione, vada anzitutto ad accettare la sfida della teodicea. Poi semmai se ne riparla.

Sicché ciò che direi a Dio, caso mai lo incontrassi, sarebbe come minimo un sereno, sentito, cordiale vaffanculo. Dopodiché l’inferno per me. E va bene: che si fotta Dio, se il prezzo da pagare per il paradiso è la sofferenza anche di un solo innocente.

Moi, je dis, en enfer tu peux toujours cracher à la gueule de celui qui t’y a mis.
– Léo Ferré

Infatti è l’inferno il destino dell’ateo, giusto? Del resto lo afferma pure il Nuovo testamento, proprio il libro che – ma dai? – dovrebbe rivelare il Dio che – anzitutto e sopra ogni altra cosa – è Amore. E invece…

Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; ma chi non crederà sarà condannato.
– Marco 16,16

Chi crede nel Figlio non è condannato. Chi non crede, invece, è già condannato, perché non ha creduto nell’unico Figlio di Dio.
– Giovanni 3,18

Lo afferma il Nuovo testamento e lo conferma, per chi fosse cattolico, la Costituzione dogmatica sulla Chiesa «Lumen Gentium», al punto 14:

«Perciò non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare.»
– Costituzione dogmatica sulla Chiesa «Lumen Gentium»

Certo, poi il Papa può pure prendere per il culo i ragazzini e far credere ai gonzi bigotti che gli atei vanno in paradiso. Ma quello è solo marketing.

Vediamo dunque come stanno le cose…

Dio mi crea dotato di razionalità e soprattutto, poiché mi ama e mi rispetta, dotato di libero arbitrio. Il libero arbitrio è il suo dono più grande e più prezioso. In aggiunta, Dio si nasconde. Potrebbe palesarsi, ma non lo fa. Perché? Ovvio: per non impedirmi di esercitare il mio libero arbitrio negando la sua esistenza. Se Dio si manifestasse in modo incontrovertibile, io non sarei libero di rifiutarlo. Tuttavia Dio si rivela anche, attraverso il messaggio di qualche profeta oppure, per i cristiani, di suo figlio – cioè di sé stesso, ma vabbe’ –, però lo fa solo un po’, in maniera discutibile e incerta e oscura e poco verosimile, comunque non cogente. Sempre per la storia del libero arbitrio: così io continuo a essere libero di negare la sua rivelazione. Inoltre Dio sparge per l’universo indizi e addirittura prove della sua non-esistenza, la più potente delle quali è proprio l’argomento della teodicea.

Pertanto io applico la mia razionalità ed esercito il libero arbitrio. Mi guardo in giro, osservo la realtà. Constato che non ho alcuna necessità razionale di ipotizzare l’esistenza di Dio. In particolare constato che quel Dio lì, onnisciente, onnipotente e buono, è contraddetto dalla sofferenza innocente. Ergo applico il mio libero arbitrio e mi dichiaro ateo.

A questo punto Dio prende atto del mio esercizio del libero arbitrio, accerta il mio ateismo, conclude che non gli va a genio, s’incazza e mi spedisce all’inferno.

Dunque devo dedurre che l’unica scelta possibile per me fin dal principio, se non voglio essere destinato alla dannazione eterna, consiste nel fare ciò che Dio vuole che io faccia. Ma che cazzo di libertà è mai questa?

Ecco, questo è il Dio abramitico: uno stronzo prepotente e incoerente. Per constatarlo, basta considerare il suo messaggio, le sue Scritture, le cose che lui stesso dice, impone e proibisce.

E ora una domandona per il credente: «Come la metterai quando incontrerai Dio e ti accorgerai di aver avuto torto perché è diverso dal Dio nel quale hai sempre creduto? Quando scoprirai, da cristiano, che il vero Dio è Allah, che è incazzato come una iena perché tu, pur sapendo che il Corano è la rivelazione della sua esistenza, non ti sei convertito all’islam, e che per questo ti spedirà dritto all’inferno? Che cosa dirai allora? Eh? Che cosa dirai?». (Da riadattare a piacere per qualsiasi altra combinazione di religioni.)

Choam Goldberg


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1 pensiero su “«E se incontrassi Dio?»

  1. Salve,
    su questo argomento è esilarante il monologo di Benigni che da morto scopre il vero dio è Manitù, dopo che per anni aveva perculato i pellerossa.
    Naturalmente mi riferisco al Benigni di prima della folgorazione sulla via di Damasco.
    Carlo

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