Quale prova per Dio?

Che cosa servirebbe per convertirmi. Però.


Secondo Karl Popper, una teoria è scientifica non quando può essere verificata, ma quando può essere falsificata. Occhio però: non quando è falsa, bensì quando si può immaginare che cosa la renderebbe falsa. In sintesi estrema: un’affermazione scientifica si assume il rischio del fallimento. Più in generale ogni affermazione sulla realtà, per essere razionale, deve essere messa alla prova non per confermarla ma per cercare di demolirla. Se invece per sostenerla vale tutto e il contrario di tutto, allora grazie al cazzo: sono solo parole in libertà, del tutto prive di valore epistemico.

L’ateismo non può fare eccezione, se ambisce a essere razionale. Perciò è necessario considerare anche eventuali prove contrarie sotto forma di osservazioni, dati, argomenti. Insomma, che cosa mi convincerebbe a credere in Dio? Se rispondessi «Niente», se non potessi concepire neanche un evento in grado di convertirmi, sarei dogmatico e ottuso quanto i credenti.

Già, ma quale Dio? Il Dio del deismo o il Dio del teismo? La distinzione è fondamentale. Ai gonzi che se le bevono, gli apologeti dello zoo dei bigotti rifilano alte elucubrazioni filosofiche su una divinità creatrice astratta e lontana, lasciando loro intendere che tanto basta. E vai di fine tuning e di kalam, vai di argomento ontologico di Anselmo e di cinque vie di Tommaso. Ciononostante il Dio nel quale gli apologeti credono è un altro: il Dio abramitico, che interviene nella Storia umana e per dimostrare il quale non basta la filosofia.

Del Dio dei filosofi non m’importa una sega. Né dovrebbe importare a chicchessìa. Siccome lui se ne sbatte di me, io posso sbattermene di lui. Del resto è inutile: non c’è alcun motivo razionale per pensare che un Dio siffatto esista. Sicché al massimo posso considerarlo un’affascinante ipotesi filosofica durante una chiacchierata postprandiale con gli amici, ma nella mia vita la sua esistenza o inesistenza non cambia alcunché.

Ben diverso è il Dio abramitico, che delle faccende umane s’impiccia, altroché se s’impiccia. Interviene nello spazio e nel tempo, agisce sulla realtà, fa cose. Inoltre impone linee di condotta: «Fa’ questo», «Non fare quello». Se sgarri, sono cazzi amari: Dio ti punisce, magari qui e ora, di sicuro dopo che sei morto. Siccome interferisce con l’universo, Dio è accessibile all’indagine scientifica. Le sue presunte azioni possono essere osservate, verificate, smentite. Secondo i credenti, la Storia umana è costellata di presunti miracoli, dalla resurrezione di Cristo con il suo corpo fisico fino al viaggio di Maometto dalla Mecca a Gerusalemme in una sola notte in groppa a un cavallo volante, per concludere nel presente con le presunte guarigioni miracolose. Dovrebbero essere fatti reali, concreti, storici e come tali dovrebbero poter essere studiati, verificati o smentiti con l’indagine storica per il passato e con la ricerca scientifica per il presente. Insomma chi afferma che scienza e fede sono indipendenti e non si influenzano sbaglia: nel caso migliore è superficiale, in quello peggiore è in malafede e mente sapendo di mentire, come la maggioranza degli apologeti dello zoo dei bigotti. Quando la fede afferma qualcosa sul mondo – che sia la resurrezione di un uomo o la guarigione da un tumore non importa – allora diventa oggetto di indagine storica o di ricerca scientifica.

«La scienza non può dimostrare né che Dio esiste né che Dio non esiste»: questa affermazione spesso ripetuta da taluni apologeti gioca sull’ambiguità fra le due divinità. È vero: il Dio filosofico non è confermato né smentito dalle nostre conoscenze scientifiche. E grazie al cazzo: la scienza si occupa dell’universo e quel Dio non fa niente nell’universo. Su di lui dobbiamo assumere una posizione pragmaticamente atea ma teoricamente agnostica, finché non ci verrà proposto qualche argomento deista convincente. D’altronde, se quel Dio crea l’universo in tutto e per tutto identico a un universo nel quale lui non esiste, a quale conclusione può aspettarsi che noi arriviamo?

Tuttavia è il Dio abramitico nel quale hanno fede i teisti e in particolare gli apologeti bigotti, a dimostrazione della loro disonestà intellettuale quando tirano fuori la stronzata della indimostrabilità scientifica. Perché questo è: una stronzata. Il Dio abramitico può essere confermato o smentito eccome dalla scienza. Non solo: chi pretende una dimostrazione scientifica della inesistenza di Dio manifesta il peggior difetto attribuito agli atei, cioè lo scientismo. Se l’unica autorità ammessa è quella della scienza, che altro si è se non scientisti? Ma niente paura: per il Dio abramitico non serve la scienza. Basta la logica. Ma questo è un altro discorso.

Qui ci troviamo di fronte a un problema: perché il Dio abramitico non si palesa? Gli apologeti rispondono: «Perché vuole garantire il nostro libero arbitrio. Perché vuole lasciarci liberi di rifiutarlo». Una minchiata clamorosa come poche altre. Gli stessi bigotti ci spiegano che il desiderio più grande del Dio abramitico – e che un Dio assoluto, perfetto, semplice, eterno, immutabile, sommo Bene, somma Giustizia eccetera nutra un desiderio purchessìa è un’altra stronzata, ma sorvoliamo – consiste nel salvarci, nel condurci in paradiso affinché possiamo godere della beatitudine con lui e adorarlo per questo. Se questo, agli occhi di Dio, è il mio destino migliore e se, per realizzarlo, io devo prendere la decisione migliore, perché mi lascia nell’oscurità e nell’incertezza? Le decisioni migliori vengono prese sulla base di informazioni migliori. Anche di fronte all’evidenza divina il mio libero arbitrio sarebbe preservato, poiché sarei sempre in grado di rifiutare Dio. D’altro canto il Maligno ha fatto proprio questo: pur avendo la certezza che Dio esiste, si è ribellato e lo ha rinnegato.

Per non divagare oltre, ignoriamo questa ennesima aporìa bigotta e torniamo alle prove immaginabili e accettabili da una persona razionale per dimostrare l’ipotesi proposta dai credenti dei monoteismi abramitici: esiste un Dio con alcune proprietà che compie un certo tipo di azioni. Mettere alla prova un’ipotesi significa usarla per fare delle previsioni e poi controllare se sono corrette. In breve: sulla base dell’ipotesi mi creo delle aspettative e mi chiedo se esse corrispondono alla realtà osservata. Perciò, se esistesse un Dio così e cosà, allora dovrei osservare questo e quell’altro. Ebbene, che cosa sono questo e quell’altro? Ovvero: che cosa potrebbe convincermi dell’esistenza del Dio abramitico?

Anzitutto i miracoli, appunto: fenomeni in aperta violazione delle leggi naturali. Ecco, un miracolo confermato in modo incontrovertibile sarebbe convincente per me. Attenzione però: dev’essere davvero un miracolo. Un miracolo genuino sarebbe del tutto privo di spiegazioni naturalistiche alternative: è la condizione tassativa per ammettere la sua qualità soprannaturale, come dice la parola stessa. Per esempio non conta la resurrezione di un morto attestata da libri scritti 20 secoli fa, prodotti in una cultura nella quale erano diffusi il pensiero magico e la credulità, contraddittori e incoerenti fra loro e infine manipolati per secoli. Neppure conta la guarigione da un tumore nel presente, perché sono attestate remissioni spontanee. Una gamba amputata e poi ricresciuta mi basterebbe? Sì, ma con tutto il rigore della prova scientifica. Un contadino spagnolo del XVII secolo non va bene: esistono spiegazioni più semplici e soprattutto naturali. Se osserviamo il progresso della cultura umana, constatiamo che, quanto più profonde diventano le conoscenze scientifiche e perfezionati gli strumenti tecnologici per la smentita o la verifica, tanto più rari, incerti e controversi diventano i presunti miracoli. Un po’ come la Madonna, che appare sempre solo ai pastorelli ignoranti e bigotti in montagna e mai a un fisico teorico ateo durante una lezione a 100 studenti. Bizzarro, molto bizzarro. Resta il fatto: non esiste alcun miracolo che non possieda una spiegazione naturalistica alternativa. Nemmeno uno. Non esiste, ma io posso immaginarlo? Sì, posso.

Immagino un evento in apparenza soprannaturale e per di più clamoroso. Per esempio, una notte rivolgo lo sguardo al cielo e vedo le stelle muoversi e in pochi secondi comporre la scritta «Dio esiste». Cazzo, quello sì sarebbe un fatto eclatante! Come dubitare? Però io sono razionale e naturalista. Pertanto cerco anzitutto una spiegazione naturale. Prima di ipotizzare un’azione divina mi chiedo se per caso io sia stato drogato oppure sia vittima di un’allucinazione di origine psicotica. Peraltro le allucinazioni sono un fenomeno assai più comune di quanto si pensi: secondo alcuni studi, fra il 10 e il 27% delle persone in Italia ha sofferto di almeno un episodio allucinatorio. A me è successo in due occasioni, a distanza di parecchi anni una dall’altra: con un’allucinazione uditiva la prima volta e visiva la seconda. Se l’allucinazione è collettiva, se insieme a me decine di altre persone vedono scritto in cielo «Dio esiste», diventa più difficile escogitare una spiegazione naturale. Difficile ma non impossibile. Il 13 ottobre 1917 a Fatima migliaia di persone riferirono di aver visto il Sole cambiare dimensione e colore e addirittura muoversi nel cielo. Si lascia al lettore curioso, ingegnoso e intellettualmente onesto il semplice esercizio di proporre ipotesi naturali per questo presunto fenomeno. Con un aiutino preliminare: prima di spiegare un evento, si controlli se è accaduto davvero così come è stato descritto.

A lambiccarmi bene bene le meningi mi è nondimanco venuto in mente un evento in grado di convincermi dell’esistenza del Dio abramitico. Secondo i suoi seguaci, il Dio abramitico dovrebbe essere onnisciente, onnipotente e buono. Se così fosse, sulla base di questa ipotesi dovremmo aspettarci di osservare un mondo nel quale non vi sia alcuna sofferenza, poiché Dio ama le proprie creature e, essendo onnipotente, le libera da ogni dolore. Invece che cosa osserviamo nei fatti? Il contrario: l’esistenza di ogni essere senziente è dominata dalla sofferenza fisica o psicologica. È l’annoso problema del Male, sul quale 3000 anni di riflessione teologica non hanno saputo produrre nemmeno una teodicea non dico razionale, ma almeno ragionevole. Alcuni apologeti sono arrivati perfino a sostenere che il mondo nel quale esistiamo, con la peste nera, la Shoah, lo tsunami del 2004, 6 milioni di persone sotto i 15 anni morte ogni anno – nel presente, ché nel passato era assai peggio – e altre amenità è «il migliore dei mondi possibili». Con ciò implicando che Dio non avrebbe potuto creare un mondo migliore di questo e quindi non sarebbe onnipotente. Nondimeno una realtà migliore è molto semplice da immaginare: basterebbe un mondo nel quale morisse anche un unico bambino in meno. Eppure Dio lascia crepare – spesso male, per di più – quei 6 milioni di ragazzini ogni anno: perché? Non può o non vuole? Non un solo apologeta bigotto ha saputo rispondere. In compenso tutti loro appestano i social con le loro seghe mentali insensate sulle costanti fisiche fondamentali e sulle presunte prove storiche della resurrezione di Gesù.

Ora, poiché l’argomento definitivo contro l’esistenza di quel Dio è il problema del Male, io considererei una prova della sua esistenza la scomparsa appunto del Male: se, a seguito di una richiesta esplicita rivolta a Dio, di colpo su tutta la Terra ogni essere senziente smettesse di provare ogni sofferenza fisica o psicologica. Così, di botto.

Pensa che effetto, eh? Tutto d’un tratto ogni tua sofferenza scompare. Quel doloretto alla schiena, al quale sei abituato ormai da anni: puf! Sparito. E pure quel profondo senso di perdita e di mancanza definitiva che ti porti dentro da quando, molti anni fa, è morto tuo fratello: puf! Scomparso, poiché sei certo che lo rivedrai nell’aldilà. Rimane soltanto un senso di benessere e di pace. Nel giro di poche ore si sparge la notizia: gli ospedali si svuotano, ogni malattia è scomparsa, ogni ferita fisica o psicologica è rimarginata. Tutto questo subito dopo che il capo supremo della Chiesa di Salcazzo ha annunciato di aver pregato per la fine di ogni sofferenza per ogni essere senziente. Se ciò accadesse, io mi convertirei subito al Dio della Chiesa di Salcazzo. Subito.

Però.

Però a quel punto con quel Dio vorrei parlare di persona. Infatti va bene far sparire ogni dolore – grazie, ben gentile –, ma ancora una domanda esige sempre una risposta: perché ora sì e prima no? Perché prima tutta quella sofferenza? Non poteva o non voleva?

Choam Goldberg

(Foto: Andrej Rublev)


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6 pensieri su “Quale prova per Dio?

  1. Ma, infatti, io potrei anche arrivare a credere alla resurrezione di Gesù, a fronte di prove incontrovertibili, ma continuerei a non capire la ragione teologica/logica alla base di tale evento.

  2. Ciao, innannzi tutto diciamo che “IO SONO CHOAM GOLDBERG”, cosa che mi rende orgoglioso.
    Quello che molte volte mi spiace un po, a differenza dell’ultimo video fatto sull’attacco personale al Tuo Amico apologeta della domenica, nonostante dica di essere un professore, è che quello che vedo in giro da parte degli Atei, è a mio parere una sorta di buonismo e perbenismo che non capisco, dato il fatto che SEMPRE, loro con noi non lo sono affatto.
    Sai sono un vecchio ateo, ma come mi piace dire ai miei interlocutori, non sono “buono”, ma corretto, cosa che non viene capita dai falsi buonisti e …..purtroppo, politicamente corretti.
    Un saluto, Ettore

    • Anch’io dico sempre: “Sono corretto, non sono buono” che equivale a dire “Mi comporto bene, ma non sono coglione”.

  3. Ciao Choam,

    la domanda che fanno i credenti è talmente sciocchina che il tempo speso per la tua articolata risposta, vale doppio. Tutti sanno benissimo che qualsiasi evento di portata mondiale al di fuori della comprensione umana e della fisica (non parlo di una invasione aliena per quanto stravagante ma roba sovrannaturale) basterebbe per convertire chiunque. A patto che sia un evento collettivo, inequivocabile, non falsificabile ma persistente. Qualche burlone dirà che cioè che è avvenuto con la Resurrezione di Cristo è ciò di cui parlo ma evidentemente il bias cognitivo è gigantesco. Per quanto riguarda il tuo discorso sul libero arbitrio mi trovi d’accordo, ovviamente. Aggiungo solo che a me a quel punto del libero arbitrio fregerebbe meno di un piffero perchè vivrei molto più rilassato e anzi non avrei più bisogno di farmi tante domande o avere paure eccetera, quindi se fosse vero (ma non lo è) tanto meglio.

    Ma sai una cosa (che prima o poi dirò a qualche credente) ? La differenza sostanziale fra un ateo e un credente e che noi viviamo una vita davvero libera almeno apparentemente, anche se esistesse dio e alla fine potremmo anche pentirci o convertirci di fronte a lui/lei/vattelapesca. Loro invece vivono una vita dove gli viene imposto da non si sa chi di mangiare, bere, vestirsi, comportarsi, pensare, agire in un certo modo anche contrario alle proprie inclinazioni personali e non avranno il privilegio, in caso si fossero sbagliati, di rendersene conto. Cioè avranno solo buttato al cesso l’unica vita a loro disposizone seguendo dei principi fasulli inventati nell’età del bronzo. E non potranno neanche pentirsene.

    Un caro saluto,

    Dario

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