La suprema contraddizione di Dio

Non intellexistis, non intelligitis, nec intellecturi estis.


Dio è inconoscibile, dicono i credenti sulla base delle Scritture. Scritture però che di quel Dio parlano parecchio, alla faccia della coerenza. Dario spiega a quale conclusione conduce l’imperscrutabilità divina. Con un paradosso finale.


1. L’errore fondamentale di credenti e non credenti

Ovviamente Dio non esiste. Tuttavia il dibattito sulla teodicea è mal posto fin dall’inizio. Da una parte gli apologeti si sforzano di salvare la coerenza logica di un Dio buono e onnipotente di fronte all’esistenza del Male. Dall’altra gli atei provano a demolire queste difese proponendo alternative morali o logiche. Ma entrambi in fondo stanno giocando con un’illusione: l’idea che il Dio abramitico sia conoscibile, analizzabile, comprensibile almeno in parte.

Il punto, ignorato da molti, è che secondo le stesse Scritture Dio è e rimane imperscrutabile. Sempre. Su tutto.

Non solo nel dolore. Non solo quando le cose vanno male. Non solo nel cosiddetto «mistero della fede». Dio, per come è descritto nelle tre religioni abramitiche, sfugge a ogni comprensione umana, inclusa quella che nasce dalla Rivelazione. E ciò rende inutili, se non arroganti, tutti i tentativi di teodicea. Perché si cerca di spiegare, giustificare o accusare una volontà che nessuno può conoscere.

2. Le Scritture non lasciano dubbi: Dio è inconoscibile

I testi sacri di ebraismo, cristianesimo e islam sono inequivocabili: la mente di Dio è inaccessibile, la sua volontà incomprensibile, i suoi piani inesplorabili. Anche dalla cosiddetta Rivelazione.

Non sono solo affermazioni poetiche. Sono dichiarazioni dirette.
Ma tu – soggiunse – non potrai vedermi in faccia e restare in vita.
– Esodo 33,20

«Solo il Signore, nostro Dio, può conoscere le cose nascoste; per noi e per i nostri figli vale per sempre quel che è stato rivelato, ossia mettere in pratica le leggi contenute in questi insegnamenti».
– Deuteronomio 29,28

Voi non sapete, non avete udito
che il Signore è Dio per sempre?
Egli ha creato il mondo
e non si stanca mai.
Nessuno può capire a fondo la sua intelligenza.
– Isaia 40,28

Dice il Signore:
«I miei pensieri non sono come i vostri
e le mie azioni sono diverse dalle vostre.
I miei pensieri e i vostri,
il mio modo di agire e il vostro
sono distanti tra loro
come il cielo è lontano dalla terra.
– Isaia 55,8-9

Tu sei grande, Signore;
a te è dovuta ogni lode,
la tua grandezza non si può misurare.
– Salmo 145,3

Grande e potente è il Signore nostro,
senza misura è la sua sapienza.
– Salmo 147,5

Dio tuona con la sua voce e ci sorprende,
fa cose meravigliose che nemmeno comprendiamo.
– Giobbe 37,5

Tu avevi chiesto: «Chi è costui che nella sua ignoranza
oscura i miei piani?».
È vero, ho parlato di cose che non capisco,
di cose al di sopra di me, che non conosco.
– Giobbe 42,3

Dio ha dato un senso a tutto,
ha messo ogni cosa al suo posto.
Negli uomini Dio ha messo il desiderio
di conoscere il mistero del mondo.
Ma non son capaci di capire
tutto quel che Dio ha fatto,
dalla prima all’ultima cosa.
– Qoelet 3,11

Ma essi non riescono a capire
quel che Dio fa in questo mondo.
Gli uomini cercano con tutte le loro forze,
ma non trovano.
Il saggio dice di saperlo,
ma neanche lui l’ha scoperto.
– Qoelet 8,17

In quel momento Gesù disse:
«Ti ringrazio, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché hai nascosto queste cose
ai grandi e ai sapienti
e le hai fatte conoscere ai piccoli».
Sì, Padre, così tu hai voluto.
E disse ancora: «Il Padre ha messo tutto nelle mie mani. Nessuno conosce il Figlio, se non il Padre. Nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e quelli ai quali il Figlio lo fa conoscere».
– Matteo 11,25-27

Verso le tre Gesù gridò molto forte: «Elì, Elì, lemà sabactàni», che significa «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
– Matteo 27,46

«Nessuno sa quando verranno quel giorno e quell’ora; non lo sanno gli angeli e neppure il Figlio: solo Dio Padre lo sa.
– Marco 13,32

Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre, ce l’ha fatto conoscere.
– Giovanni 1,18

O Dio, come è immensa la tua ricchezza,
come è grande la tua scienza e la tua saggezza!
Davvero nessuno potrebbe conoscere le tue decisioni,
né capire le vie da te scelte verso la salvezza.
Chi mai ha potuto conoscere il tuo pensiero, o Signore?
e chi mai ha saputo darti un consiglio?
– Romani 11,33-34

Nessuno può conoscere i pensieri segreti di un uomo: solo lo spirito, che è dentro di lui, può conoscerli. Allo stesso modo solo lo *Spirito di Dio conosce i pensieri segreti di Dio.
– 1 Corinzi 2,11

Ora la nostra visione è confusa,
come in un antico specchio;
ma un giorno saremo a faccia a faccia
dinanzi a Dio.
Ora lo conosco solo in parte,
ma un giorno lo conoscerò pienamente
come lui conosce me.
– 1 Corinzi 13,12

Allah! (…) Egli conosce quello che è davanti a loro e quello che è dietro di loro e, della Sua scienza, essi apprendono solo ciò che Egli vuole. (…)
– Il Corano 2,255

È Lui Che ha fatto scendere il Libro su di te. Esso contiene versetti espliciti, che sono la Madre del Libro, e altri che si prestano ad interpretazioni diverse. Coloro che hanno una malattia nel cuore, che cercano la discordia e la [scorretta] interpretazione, seguono quello che è allegorico, mentre solo Allah ne conosce il significato. Coloro che sono radicati nella scienza dicono: «Noi crediamo: tutto viene dal nostro Signore». Ma i soli a ricordarsene sempre sono i dotati di intelletto.
– Il Corano 3,7

Gli sguardi non Lo raggiungono, ma Egli scruta gli sguardi.
È il Perspicace, il Ben Informato.
– Il Corano 6,103

Di’: «Se il mare fosse inchiostro per scrivere le Parole del mio Signore, di certo si esaurirebbe prima che fossero esaurite le Parole del mio Signore, anche se Noi ne aggiungessimo altrettanto a rinforzo».
– Il Corano 18,109

Egli conosce quello che li precede e quello che li segue, mentre la loro scienza non può comprenderLo.
– Il Corano 20,110

(…) Niente è simile a Lui [11] . Egli è l’Audiente, Colui Che tutto osserva.
– Il Corano 42,11

Chiunque legga questi testi con onestà intellettuale non può ignorare il fatto centrale: Dio non è conoscibile. Neppure dai profeti. Neppure dai santi. Neppure da Gesù stesso.
Il grido sulla croce («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?») non è un’eccezione: è la regola.

Ed è proprio qui che si apre una contraddizione interna enorme e mai realmente risolta: se Dio è imperscrutabile, come possono esistere testi che pretendono di rivelarne pensieri, volontà, giudizi e comandamenti? Come può l’inconoscibile essere oggetto di una rivelazione continua, predicata, normata, codificata? È come se un manuale tecnico pretendesse di spiegare una macchina che nessuno ha mai visto, toccato, capito o testato. La Scrittura stessa, per quanto lo neghi a parole, agisce come se Dio fosse almeno in parte conoscibile. Così, mentre proclama il silenzio, parla senza sosta. Mentre dice «nessuno può sapere», spiega, ordina, impone. Una coerenza radicale con l’idea di un Dio imperscrutabile richiederebbe una Scrittura composta da una sola frase: «Di Dio non si può sapere nulla». Ma anche questa frase — e qui sta il paradosso — sarebbe già un’affermazione su Dio, dunque una contraddizione.

3. L’illusione della teodicea e la trappola dell’etichetta «amorale»

Un ulteriore elemento di contraddizione interna proviene dagli stessi apologeti, i quali spesso affermano che l’essere umano, essendo limitato nello spazio, nel tempo e nella ragione, non può comprendere Dio nella sua totalità. Ma allora, se questa limitazione vale per tutti, come possono coloro che hanno scritto i testi sacri o che oggi sostengono di spiegare la razionalità di Dio rivendicare una conoscenza autentica della sua volontà? Se l’imperscrutabilità divina è reale, essa si applica anche a loro.

Anche il paragone frequentemente usato tra Dio e l’essere umano e tra l’essere umano e un verme — a giustificazione della distanza intellettuale — non regge. Spesso si afferma che un umano non può comprendere Dio così come un verme non può comprendere un umano. Ma il paragone è fuorviante: il verme ha comunque contatti diretti e inequivocabili con l’essere umano. Può essere calpestato, nutrito, toccato, osservato. l’essere umano e il verme esistono nella stessa realtà fisica e temporale. Dio invece, come viene descritto nei testi sacri, è trascendente, atemporale, afisico. Questo lo pone completamente fuori da qualsiasi schema percettivo o cognitivo umano. Non è solo più potente, più grande, più intelligente: è radicalmente Altro. Dunque, se anche esiste, resta ontologicamente irraggiungibile, ben oltre qualsiasi analogia con esseri viventi della nostra dimensione.
C’è chi prova a uscire dall’impasse definendo Dio come un agente amorale: né buono né cattivo, semplicemente al di là del Bene e del Male. Ma anche questa è una pretesa di comprensione. È un modo, ancora una volta, per attribuire a Dio una categoria concettuale comprensibile, quindi «gestibile».

Se Dio è veramente imperscrutabile, allora anche definirlo «amorale» è arbitrario. Non ha senso. Non aggiunge nulla. Anzi è un modo per evitare il vuoto, per non guardare in faccia la verità: Dio, per come è descritto, può essere tutto e il contrario di tutto. E soprattutto: noi non lo possiamo sapere.

Dio può aver cambiato idea mille volte. Può aver smesso di comunicare. Può averci dimenticati. Può non essere mai stato interessato. Può non esistere. E, se anche esiste, non c’è modo di sapere che cosa vuole, se vuole qualcosa, o se è consapevole di noi.

4. La sola opzione razionale

Se Dio è inconoscibile, la sola opzione razionale è ignorarlo. Non per odio. Non per ribellione. Ma per coerenza. Se Dio è davvero come lo descrivono le Scritture — imperscrutabile, inaccessibile, inintelligibile — allora l’unica scelta ragionevole è vivere come se non esistesse.

Non è una posizione nichilista, ma un atto di lucidità. È il riconoscimento del limite. Paradossalmente, è anche un atto di rispetto verso ciò che davvero sarebbe il divino, se fosse: il totalmente altro, l’inattingibile, il silenzioso.

Parlare di Dio allora non è solo inutile: è pretenzioso. Scriverne, ancora di più. Eppure lo facciamo. Lo hanno fatto i profeti, i santi, i teologi, i poeti, gli imam, i rabbini, i papi. Lo fanno ogni giorno milioni di fedeli. Forse perché, in fondo, Dio non è il centro della fede. Lo è l’umano bisogno di significato, di ordine, di salvezza. Allora, se Dio è inconoscibile, ciò che davvero resta da ignorare non è Dio. Ma la pretesa di parlarne.

Cioè precisamente quello che ho fatto io adesso.

Dario


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28 pensieri su “La suprema contraddizione di Dio

  1. Ciao Dario. La mia critica sta nel fatto che giudichiamo dio attraverso i risultati delle sue azioni e quelli sono si conoscibili e tangibili. Il fatto che dio se ne freghi della sofferenza pur potendo eliminarla senza costi è oggettiva e basta per determinare che egli o non è onnipotente o non è buono. Il giudizio segue le regole di chi giudica e non del giudicato. Potrei applicare delle modifiche al set di regole che uso in base alla natura del giudicato, ma nel caso di un dio che tutto può, la sua responsabilità verso le sue azioni potrebbe soltanto aumentare rispetto a quella di un essere non onnipotente. Rimane che alla domanda legittima “può esistere un dio onnipotente e buono che permetta l’esistenza della sofferenza?” la risposta sia negativa. E quindi non credo possa essere tutto e il contrario di tutto.

    • Ciao Michele,

      Secondo me non hai letto con attenzione il mio articolo.

      Dio non è solo buono, onnipotente e onnisciente. È anche incomprensibile. Questo è testimoniato dalle stesse fonti che affermano le caratteristiche elencate nella sfida della teodicea. Se questo Dio è anche incomprensibile per il genere umano, qualsiasi domanda (e risposta) sul suo presunto operato vale tutto e niente. Non si può parlare di ciò che non è comprensibile né criticandolo e nemmeno lodandolo. Io infatti non critico l’esistenza di Dio ma l’esistenza del dibattito su Dio.

      Un caro saluto,

      Dario

    • Non capisco perchè pensi che non abbia letto con attenzione il tuo articolo, mi sembra di aver risposto nel merito. Quello che sto cercando di dire è che i testi sono in ovvia contraddizione: o Dio è inconoscibile e quindi non è buono, onnipotente, e onnisciente o Dio è tutto questo e quindi non è inconoscibile. I testi descrivono queste due tipologie di divinità. Se prendiamo in esame il dio inconoscibile allora sono d’accordo al 100% con te e il caso è chiuso: non possiamo dire nulla di dio, nè che esista nè che non esista, nè che sia buono nè che sia malvagio, nè che sia creatore ecc ecc. Se prendiamo invece in considerazione la visione di dio a cui possiamo attribuire qualità come bontà, onnipotenza e la responsabilità della creazione, allora possiamo dire una cosa con certezza: quel dio è illogico e non può esistere. Con il mio commento precedente stavo cercando di sostenere questo: l’analisi della realtà in cui viviamo è sufficiente per escludere il dio abramitico. Per farlo occorre “nascondere sotto il tappeto” quei passaggi dei testi che tu hai citato, e mi rendo conto che questo cherry picking non sia troppo onesto. Però si traduce in una discussione, a mio avviso, più interessante. Prima dio è un po’ inconoscibile, un po’ conoscibile e quindi ci fermiamo finchè non facciamo pace col cervello. Poi diventa qualcosa di definito e allora possiamo escluderlo con certezza con l’uso della logica.

    • Ciao Michele,

      Ok adesso ho capito meglio cosa volessi dire ti ringrazio.

      Dal mio punto di vista dato che la caratteristica “inconoscibile” non è postuma, inficia le altre per logica. Hanno toppato loro, cioè gli autori del Dio in questione. È un buco di trama gigantesco. Se una roba non è conoscibile, punto, fine del discorso. Non puoi chiedere perché un bambino muore male e sopratutto dare risposte sensate. Perché a questo punto dovresti accettare qualunque risposta e qualsiasi obiezione, dato che, oltretutto, questo fantomatico Dio sarebbe anche infinitamente intelligente, trascendente, metafisico…eccetera eccetera. Le due fazioni fanno proprio come dici tu: cherry picking e facendolo evitano il problema dell’inconoscibilità se non alla fine del dibattito come rifugium pecatorum o ultima critica. Cioè quando l’apologeta X dice “Mistero della Fede” (che non sparisce con Gesù Cristo, poche palle) e l’ateo dice “Supercazzola per non rispondere”. Ma questo fatto c’è sempre stato, a prescindere, e non lo dico mica io come hai ben notato. Oltretutto io ho risposto alla sfida della Teodicea in uno dei miei primi articoli, formulando ipotesi bislacche che nessuno ha smentito perché sono perfettamente accettabili per quanto assurde. Infine, tagliando l’imperscrutabilità di Dio , tagliamo un sacco di ipotesi interessanti: perché muoiono male i bambini? Semplice Dio è andato in pensione e non ha voluto dircelo. Oppure Dio si è auto eliminato. Oppure Dio sta lavorando su un altro universo e ha messo questo in stand by. Tutto plausibile nell’ottica dell’assurdo.

    • Ho riflettuto ancora sull’argomento e vorrei ritrattare un pochino la mia posizione. Per farlo ti coinvolgo in un gioco di immaginazione:

      io e te siamo due uomini preistorici in una caverna davanti al fuoco. Il cristianesimo e qualsiasi religione non esistono ancora, come non esiste ancora nessuna delle loro definizioni di dio. Noi due siamo i primi che ci chiediamo perchè esista la realtà che ci circonda. Tu dici: “non so perchè tutto ciò esiste, potrebbe essere che qualcosa o qualcuno ha creato tutto. Ma potrebbe anche non essere così. Non potremmo comunque dire nulla su questo essere, è talmente al di fuori della nostra portata che diventa inconoscibile”. Mentre lo dici io metto la mano sul fuoco e la scottatura mi causa non poca sofferenza.

      Ecco: da quel momento sono assolutamente certo che non è esistito, non esiste e non esisterà mai un essere allo stesso tempo onnipotente e onnibenevolo. Poco importa se tu mi dici “ma dio è inconoscibile”. Io non ho bisogno di conoscere le sue intenzioni. Mi basta valutare gli effetti per asserire con assoluta certezza qualcosa di quella ipotetica divinità. Quindi dio non è inconoscibile in senso assoluto.

      Ho letto il tuo commento al post sulla teodicea. Fai un esempio ipotizzando il colore preccert, dicendo che non ha alcun effetto rilevabile. È qui la differenza con una, seppur ipotetica, divinità: gli effetti sono tangibili e tanto basta per escluderene delle caratteristiche.

      Dal tuo commento precedente:

      Dio è andato in pensione e non ha voluto dircelo? Allora ci ha abbandonati: non è buono.
      Dio si è autoeliminato lasciandoci qua a soffrire? Come sopra, non è buono.
      Dio sta lavorando su un altro universo e ci ha messo in standby? Non è buono.
      Dio è stato sconfitto da un’altra divinità? Dio non è onnipotente.
      Dio è uno spaghetto nella mia credenza o un sasso nel mio giardino? Se ne sta fregando di noi e quindi non è buono, forse in quanto sasso non è neppure in grado di tornare alla sua onnipotenza.

      Per questo rimane sensato discutere con i credenti su dio. Anche se alla fine tirassero fuori la questione dell’inconoscibilità, noi potremmo dire: “no, non è neanche inconoscibile”.

    • Ciao Michele,
      il tuo esempio del fuoco coglie bene il senso comune: vedo il male, quindi concludo che un dio onnipotente e buono non può esistere. Ma il passaggio logico non è così immediato: presuppone che “un essere perfettamente buono non permetterebbe questo tipo di sofferenze se non per ragioni comprensibili o valutabili da noi”. E proprio qui interviene l’imperscrutabilità. Se Dio viene definito come radicalmente al di là dei nostri criteri, quella premessa non regge più. Possiamo certo dire che il fuoco fa male e che esistono mali reali, ma non possiamo inferire con certezza dagli effetti i fini o la bontà di un essere che per definizione sfugge alle nostre categorie. Al massimo, possiamo parlare di probabilità o di coerenza interna, non di deduzione necessaria. E qui è importante sottolineare che l’imperscrutabilità non riguarda solo gli atei che vogliono confutare Dio, ma anche i credenti che pretendono di descriverlo come buono, onnisciente o misericordioso: se l’attributo dell’inconoscibilità vale, allora vincola tutti. Di conseguenza tutta la loro spiegazione del dio abramitico – cioè la religione stessa – perde senso logico.

      Ecco perché la questione si riduce a un bivio: o si ridimensiona l’imperscrutabilità e si lega “buono/onnipotente” a criteri verificabili e condivisibili, e allora gli esempi di male diventano argomenti forti contro l’idea di un dio onnipotente e buono; oppure si mantiene l’imperscrutabilità assoluta, e allora nessuno scenario concreto può confutare nulla, perché ogni fatto resta compatibile con un piano che ci è per definizione inaccessibile. Ma in questo caso il concetto stesso di “buono” si svuota, e la teodicea diventa indistinguibile da una fiction.

      Per chiarire meglio cosa intendo, ti porto quattro esempi.

      Una persona che si suicida senza lasciare spiegazioni o che decide di sparire e vivere isolata nella giungla fa soffrire i suoi cari. Questo significa che non è una persona buona? Secondo quale criterio? E chi decide quale scala di bontà adottare? Se già sul piano umano non è facile, come puoi estendere con certezza questo ragionamento a un essere trascendente, dichiarato imperscrutabile?

      Mi è capitato ieri con un geco. Ho aperto il cancello e senza volerlo l’ho schiacciato nello stipite. Avevo tutte le facoltà per evitarlo, e persino la volontà di non fargli del male, perché i gechi mi piacciono. Dal punto di vista del geco, io sono un mostro onnipotente e crudele che lo ha fatto soffrire e morire senza motivo. Dal mio punto di vista, invece, è stato un incidente. Se già fra uomo e geco c’è una sproporzione che genera interpretazioni opposte, figurati fra uomo e Dio: ogni evento diventa inquadrabile sia come male gratuito, sia come parte di un disegno che ci sfugge.

      È un po’ come discutere con un fan di Superman e dirgli: “Ma scusa, non vedi che Clark Kent è Superman? È ridicolo che bastino un paio di occhiali per ingannare tutti!”. Dentro quella narrazione, però, funziona così, e chi ci entra deve accettare quelle regole. Se Dio è dichiarato imperscrutabile, discutere della teodicea equivale a muoversi dentro una fiction in cui i nostri criteri logici e morali non hanno presa: qualsiasi incongruenza viene assorbita dalla trama.

      Per portare il ragionamento all’assurdo: potrei dirti che la sofferenza non esiste davvero, che quando vedi una persona urlare di dolore in realtà quella persona sta godendo immensamente, ma Dio ci fa percepire il contrario per motivi suoi imperscrutabili. È assurdo, certo, ma se il mistero è inviolabile allora questa ipotesi vale tanto quanto qualsiasi altra teodicea: nulla la rende meno plausibile, perché non abbiamo criteri per escluderla.

      Ecco il punto: l’imperscrutabilità non è un’aggiunta postuma, è strutturale. Perciò genera un paradosso: se la prendi sul serio, neutralizza tanto l’argomentazione dei credenti quanto quella degli atei, perché non consente di dedurre nulla di certo dagli effetti sugli attributi divini. Se invece la riduci, allora il problema del male ritorna con tutta la sua forza e rende l’idea di un dio onnipotente e buono altamente improbabile. Ma non puoi tenere insieme entrambe le cose senza cadere in contraddizione.

    • Dario, innanzitutto grazie per la risposta. Le tue parole mi fanno davvero pensare. Credo però che si stiano tralasciando due aspetti fondamentali.

      La prima: qualsiasi entità, per essere definita buona, deve rientrare in un insieme di regole che ognuno di noi decide per sé. La questione è perfettamente soggettiva e pesa gli effetti delle azioni necessarie per entrare nella categoria “buono” con i costi che quella azione prevede. I costi, non la natura o l’essenza dell’ente che effettua tali azioni. Per questo un leone che divora la gazzella non è malvagio: il “costo” di fare un pensiero etico per lui è impossibile da pagare, come un cambio di dieta porterebbe alla sua morte. Ma potrebbe essere che per te quel costo non sia abbastanza gravoso e quindi potresti giudicare il leone come malvagio. Per questo il dibattito si sposta sulla condivisione, mia e tua, di quali requisiti si debba disporre per entrare nell’insieme di “essere buono”. Ma una volta fissati questi criteri, non c’è alternativa: un essere rientra o no in quell’insieme.

      La seconda: nei tuoi esempi ci si dimentica dell’onnipotenza. Questa qualità azzera i costi di cui ho parlato sopra. Il leone sarebbe ancora esente dall’appellativo “malvagio” se potesse decidere senza alcuno sforzo di cambiare dieta senza controindicazioni? Potremmo dire che, anche se non lo facesse, non sarebbe malvagio perchè di una natura non umana e quindi imperscrutabile da noi? Seguendo i tuoi esempi:

      “Una persona che si suicida senza lasciare spiegazioni o che decide di sparire e vivere isolata nella giungla fa soffrire i suoi cari.”

      Questo significa che non è buona? Senza onnipotenza, difficile dirlo. Ma con l’onnipotenza? Non potrebbe togliersi dallo stato che gli fa desiderare la morte, togliendo dalla sofferenza le persone che ama? Non potrebbe cancellare l’affetto che i suoi cari nutrono verso di lui prima di compiere l’atto?

      Per l’esempio del geco: “Avevo tutte le facoltà per evitarlo, e persino la volontà di non fargli del male”. No, non le avevi le facoltà: non te ne sei accorto ed è stato un incidente. Se fossi onnipotente non riavvolgeresti il tempo in modo da evitarlo? I gechi ti piacciono: e se non ti piacessero? Non modificheresti i tuoi gusti in modo da farteli piacere ed evitare la loro sofferenza?

      Per l’esempio della sofferenza solo percepita: dici che è assurdo ma, in mia opinione, non lo è affatto. È sadico e pertanto malvagio. Qua si parla di sofferenza e non di male, che può essere invertito per un masochista. E anche se fosse: io rifuggo il dolore fisico e non sono masochista, se Dio è onnipotente non potrebbe spegnere la sofferenza per me e lasciarla al masochista?

      Per questo non sono d’accordo con la tua conclusione: l’imperscrutabilità non è affatto strutturale. Magari lo è per la narrazione dei religiosi, ma non mi interessa. Semplicemente si sbagliano.

    • Ciao Michele,

      Per rispondere (in generale alla sfida dell teodicea e di conseguenza a te) ho creato un articolo che non so se Choam pubblicherà.

      Per gli esempi specifico alcuni punti : il suicida è onnipotente e onnisciente quanto un Dio nel caso specifico. Il tutto si bilancia se pensiamo che il dio Abramitico è trascendentale mentre il suicida è un uomo quindi non inconoscibile tour court. In ogni caso, il suicida può scegliere se suicidarsi o no, se provocare il male o no e sa che se si toglie la vita provocherà dolore ai suoi cari. Quindi sa cosa accadrà e può non farlo accadere ma lo fa lo stesso. Dunque, se non si conoscono le motivazioni è difficile stabilire il perché e soprattutto se il suicida è buono o no: magari lo ha fatto di proposito per far soffrire i suoi cari ; magari avrebbe potuto convivere con il suo disagio e non recare dolore e provare a curarsi in qualche modo; magari si è ucciso anche sapendo che causava dolore perché non ne poteva più; magari non gli interessa il dolore altrui; quindi la domanda è…non poteva o non voleva fare del male? È buono o cattivo dunque? Lascio a te la riflessione, considera che siamo su un piano umano ed è già difficile così; il leone e la gazzella non hanno volontà quindi il tuo esempio non mi convince molto.

      Per chiudere, se l’imperscrutabilita per te non è strutturale allora non lo sono : la bontà, onniscienza, onnipotenza, eternità, onnipresenza eccetera. Perché come ho già dimostrato il Dio Abramitico è anche inconoscibile, ripeto, non lo dico io lo dicono quelli che hanno scritto la sua storia incluse le altre caratteristiche. Quindi o le prendiamo tutte oppure le riduciamo tutte, altrimenti mi spiace ma è cherry picking. Esattamente come l’esempio di Superman.

      Un caro saluto,

      Dario

    • Parli di bene e male di un suicida umano: sono d’accordo con te che in questo caso sia difficile sentenziare. Ma l’esempio nel mio commento precedente invitava a fare una riflessione nel caso fosse anche onnipotente. Similmente per il leone, possiamo fare uno sforzo di immaginazione e ragionare su bene e male qualora fossero senzienti al nostro pari.

      Per quanto riguarda l’imperscrutabilità, torni a elencare le sue caratteristiche secondo la tradizione abramitica mentre, con il mio esempio dei cavernicoli davanti al fuoco, ho parlato di caratteristiche di una qualsiasi divinità. E il dio abramitico ci casca dentro.

      Spero che il tuo articolo venga pubblicato, lo leggerò con molto interesse.

    • Ciao Michele, non sono riuscito a convincere Choam abbastanza da far pubblicare il mio articolo ma possiamo continuare qui il dibatitto…Dunque inzio. ti porto un esempio che non avevo ancora citato: il padre e la bambina davanti al carretto dei gelati. La bambina piange e soffre perché il padre non le compra il gelato. Noi osservatori possiamo immaginare mille motivi: forse ha dimenticato il portafoglio, forse è tirchio, forse vuole insegnarle a non fare i capricci, forse la bambina è allergica al lattosio e lui la protegge. Ma il punto è che alla bambina tutto questo non importa: lei vuole solo smettere di soffrire e avere il gelato.

      E qui entra in gioco la tua obiezione sull’onnipotenza. Certo, Dio — a differenza del padre — potrebbe inventarsi un gelato senza lattosio, eliminare tutte le allergie dal mondo, o perfino abolire il concetto stesso di gelato. Ma la logica non cambia: il risultato finale è binario, o la sofferenza viene annullata (o ridotta, abbreviata) oppure resta. In questo senso, i mezzi sono secondari rispetto al fine.

      Ecco il punto: io non voglio dimostrare che il padre è buono o che il suicida è cattivo. Voglio mostrare che in condizioni di imperscrutabilità non possiamo formulare un giudizio certo, neanche quando i soggetti sono esseri umani e quindi teoricamente conoscibili. Figuriamoci con un Dio che, oltre a essere onnipotente e onnisciente, è anche dichiarato imperscrutabile.

      Se allarghiamo ancora lo sguardo, l’esempio del narratore di un romanzo è illuminante. I personaggi possono soffrire o gioire e giudicare il narratore come buono o malvagio. Ma hanno davvero gli strumenti per capire perché quella storia sia stata scritta in quel modo? Il narratore avrebbe potuto scrivere un mondo senza dolore o un mondo senza bene e male, ma la ragione delle sue scelte resta fuori dalla portata dei personaggi.

      E allora la sfida della teodicea mostra il suo limite. Perché se giudichiamo Dio “malvagio” per la bambina sotto le macerie, dovremmo anche giudicarlo “buono” per Beethoven, per gli arcobaleni, per un tramonto o per un orgasmo. La verità è che entrambi i giudizi falliscono allo stesso modo: pretendono di attribuire qualità morali a un essere che, per definizione dimostrata, è imperscrutabile.

      Non sto negando la realtà della sofferenza: come esseri umani resta il problema più grave e urgente. Ma se si prende sul serio l’imperscrutabilità — non come toppa finale ma come attributo coevo a bontà, onnipotenza e onniscienza — allora tanto la domanda della teodicea quanto le sue risposte risultano viziate alla radice.

      Un caro saluto,
      Dario

  2. Ciao Dario. Prima di tutto articolo davvero ben scritto, grazie!
    Faccio l’avvocato di dio…il tuo ragionamento ha una lacuna: la rivelazione (cui hanno fatto riferimento altri nei commenti) presuppone che dio utilizzi intermediari. La fiducia negli intermediari è l’unica premessa necessaria per mantenere in piedi il sistema “religione rivelata”.
    La domanda potrebbe essere: ma per quale motivo bisognerebbe dare fiducia a questi intermediari? Beh, la fiducia è un meccanismo incastonato nella natura umana (anche la fiducia immotivata). La fiducia è la base del patto sociale: usciamo di casa nell’immotivata fiducia negli estranei, convinti del fatto che non vogliano farci del male. Si potrebbe obiettare che statisticamente è improbabile incontrare degli assassini o, comunque, dei sociopatici…beh, in realtà ci fidiamo anche dei nostri a amici: una persona che non conosciamo diventa nostro amico, raccontandoci di sé e, tendenzialmente, ci fidiamo di quel che ci racconta (difficilmente chiederemo la carta d’identità per verificare se davvero sia chi dice di essere). e ancora: se andiamo da un medico siamo ragionevolmente sicuri che abbia i corretti titoli (fatto sottoposto a verifica delle competenti autorità) ma siamo fiduciosi che non faccia errori, pur sapendo che è impossibile non fare errori nell’arco di una vita lavorativa. e al medico affidiamo letteralmente la vita.
    appurato che ci fidiamo, perché non fidarci degli intermediari delle religioni rivelate? o meglio: perché non fidarsi?
    La fiducia non viene concessa o viene tolta nel momento in cui qualcosa rende difficile fidarsi. se un estraneo viene verso di me con un coltello, difficilmente mi fiderò. se un amico mi ha mentito e l’ho scoperto, più difficilmente mi fiderò. se il medico non mi accoglie in studio e sbaglia tre volte il mio nome confondendomi con un’altra paziente, verosimilmente non mi fiderò.
    gli intermediari religiosi, invece, hanno creato un sistema in cui la persona è svincolata dal messaggio (sì, penso a san paolo) quindi anche le peggio storture del “tramite” non intaccano il messaggio: gli uomini sono tutti fallibili e peccatori ma è lo spirito di Dio a parlare e nobilitarne la natura.
    e da qui l’importanza della questione teodicea (a braccetto con il problema onniscienza): a prescindere da tutto, almeno un aspetto del messaggio santo e spirituale non funziona e non può funzionare.

    • Ciao Elena grazie per il tuo commento e per avermi letto.

      Non so se sia chiaro fino in fondo, a questo, punto il mio messaggio.

      Il fatto è che per me va benissimo la Rivelazione ma ciò non cambia il fatto che un Dio imperscrutabile, onnisciente, inconcepibile, inconoscibile (nell’articolo hai i passi delle stesse sacre scritture che lo attestano) possa aver cambiato idea infinite volte, prima, durante e dopo aver usato gli intermediari e abbia potuto decidere tranquillamente di non comunicarcelo. Non credo che Dio (questo Dio in particolare così descritto sopra) debba rendere conto a San Paolo o agli Evangelisti o ai filosofi greci eccetera. Insomma Dio fa quello che gli pare, incluso il fatto che possa essersi estinto o possa essersi dedicato ad un altro universo abbandonando questo per sempre. Oppure ha deciso di trasformarsi in un sasso e vivere nel tuo giardino così per 5 giorni, o forse 5 miliardi di anni? Il punto non sono i messaggi che “ci sono arrivati” anche se fossero veritieri, ma l’origine che essendo incomprensibilmente sconosciuta non ammette ipotesi di alcun tipo e al tempo stesso le ammette tutte.

      Un caro saluto,

      Dario

  3. Grazie Dario, sei sempre interessante ed originale.
    E’ lapalissiano che un dio così è un controsenso, come lo è quello buono, onniscente e onnipotente.
    Si insomma son tutte cazzate e/o stiamo parlando di fuffa.
    Ma noi non parliamo di dio, parliamo di quelli che parlano di dio, reale come se esistesse.
    Indipendentemente dalle qualità che gli vengono attribuite questo dio è comunque impossibile e neppure necessario.
    Pie illusioni i pensieri sul dopo morte, il dopo morte cosciente non esiste: morto il corpo morta la mente e niente più a parte la putrescenza delle carni.
    Invece di preoccuparsi di come sarà dopo la morte dovrebbero preoccuparsi di come vivere al meglio la vita.
    Tuttalpiù mi preoccuperei del passaggio dalla vita alla morte, potrebbero essere lunghi minuti in cui sai che stai morendo ma non puoi farci niente e, sfortunatamente, soffri anche molto.
    Finisco col dire che chiunque voglia parlare di dio e delle sue volontà e se ne erga ad interprete lo fa per trarne profitto in vita e non dopo la morte a scapito di chi gli da filo e lo ascolta sperando in qualcosa dopo.
    Tutte le frasi fumose che hai elencato e tutte le altre scritte nei libri servono solo a confondere le menti deboli che le ascoltano per poterle manipolare e per sfruttarne al meglio i corpi imbelli che ci sono collegati.

    Ma comunque grazie ancora.
    Spero di leggerti presto.

    • ciao Giancarlo,

      grazie per avermi letto.

      Mi trovo vicino al tuo pensiero in particolare qui “dio è comunque impossibile e neppure necessario”, è la verità. Per quanto riguarda il dibattito, personalmente penso si possa parlare di tutto ci mancherebbe sono un liberale ma nel merito specifico del Dio abramitico, volendo essere coerenti, in primis gli apologeti o i credenti dovrebbero non avere nessun dogma, nessuna tradizione e nessuna regola o atteggiamento perchè un Dio così fluido (imperscrutabile, inconoscibile eccetera eccetera…) non ha una configurazione statica. Tuttalpiù dovrebbero vivere come se non esistesse ma con un vago sentimento di continuità post mortem. Di sicuro tutte le fregnacce che si mettono in testa (come vestirsi, soa mangiare, che fare la domenica o il sabato, cosa non fare, quando fare sesso, le preghiere, le festività, i codici morali eccetera) sono da abbattere perchè non hanno alcun tipo di collocazione immutabile se il Dio che anche le avesse suggerite, non è decifrabile. Di contro, gli atei militanti se accettano il dibatitto nell’ambito del dio abramitico e fanno domande tipo “perchè se Dio è buono ha creato le sue creature che possono crepare da un momento all’altro malissimo?” per me hanno poco senso, visto che l’entità in questione è totalmente avulsa dalla nostra logica, morale e pensiero. Chi dice che non è così perchè ci sono le sacre scritture, proprio quelle descrivono Dio come totalmente inconoscibile e incomprensibile quindi tecnicamente non si può dire nulla su un “essere” così descritto. Sulla morte (chiudo) vedila così: la natura ci permette di dormire. Ecco, secondo me, il sonno è un esercizio della morte. Quando ti addormenti, in fondo, sei un po’ morto. C’è un distacco con la realtà materiale (perlomeno a livello dei sensi e tralasciando incubi o sogni) e non c’è una coscienza dell’essere in quel momento. Nella soffrenza (purtroppo), siamo ancora qui.

      Epicuro : Quando c’è la morte non ci siamo noi, quando ci siamo noi non c’è la morte

      Un caro saluto,

      Dario

  4. Per me il mistero più grande, è sempre stato quello di un Dio che sa tutto, vede tutto, può fare tutto….ma è sempre affamato di…soldi….

    • ciao Domenico,

      grazie per il tuo commento.

      Io la interpreto come te ma non solo: già nella Bibbia (Antico Testamento ndt) Dio chiede sacrifici, cibo, comportamenti, preghiere, adorazioni, donazioni, compiti, mansioni, prove eccetera eccetera…tutto molto umano se si pensa ad un Dio trascendente e incomprensibile ma diciamo che potrebbe aver scelto nella sua infinita intelligenza di avere questo atteggiamento appositamente. Il fatto è che nessuno può saperlo!

  5. Complimenti Dario! Sono d’accordo con la tua conclusione: non dovremmo né parlare né scrivere di Dio. Eppure lo facciamo e ci mettiamo tanto impegno. Perché?
    Una risposta si può forse trovare negli scritti di Augusto Guerriero, noto con lo pseudonimo di Ricciardetto. Forse oggi nessuno lo conosce a meno di essere un vecchio come me (classe 1937). Comunque, in breve: Augusto Guerriero nato 1893, morto 1981; magistrato, poi saggista e giornalista, dotato di grande intelligenza, di esperienze di vita e ricco di cultura classica, dedicò gli ultimi anni della vita alla ricerca religiosa, i cui risultati condensò in “Quaesivi et non inveni” (1973) e “Inquietum est cor nostrum” (1976). Ateo era e ateo rimase, nonostante un incontro con Madre Teresa di Calcutta che -pare- cercò di convertirlo.
    I due libri citati sono modesti nel contenuto, come è per quasi tutti i libri che trattano di teologia o la combattono, ma sono molto significativi nei titoli. Quei titoli bastano da soli a dare una risposta alla domanda da cui sono partito. Il primo (Quaesivi et non inveni) è la prova dell’inutilità di cercare Dio con la ragione. Il secondo (Inquietum est cor nostrum) è una citazione dalle Confessioni di Sant’Agostino, citazione che riporto in extenso: “Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te”.
    “Inquietum est cor nostrum” è la sintesi dell’inquietudine che tormenta i cuori di tanta gente, che difficilmente troverà il requiescit.

    (Apro una parentesi, forse superflua ma opportuna: il cuore non c’entra niente con i pensieri, sappiamo bene che è solo una pompa, ma Sant’Agostino quello credeva).
    .
    L’inquietudine è causata dalla paura del male e soprattutto della paura della morte. Sono paure che vengono anestetizzate dalle anime sempliciotte praticando una religione formale, quella dei riti e delle credenze favolistiche che agiscono come una droga.

    Invece i pensanti
    – o hanno la fede in un Dio imperscrutabile, fede che gli fa superare ogni dissonanza cognitiva, epperò li affanna a cercarne le prove razionali;
    – oppure sono atei. Questi ultimi non sempre si accontentano della razionale inesistenza di Dio, quanto meno del Dio biblico, vogliono convincersi di avere ragione e provare quell’inesistenza. Fatica inutile, come dici bene tu nella conclusione.
    Io non ho fede nel Dio delle religioni, ma non mi definisco ateo. Ci può essere un essere (non è una ripetizione) altro da ciò che conosciamo? Boh… Forse un “Deus sive Natura”? Ari-boh.
    Non credo e basta. E vivo tranquillo senza problemi psichici né paure del dopo morte.
    Agostino (non santo)

    • Ciao Agostino,

      il tuo commento è proprio quello che io intendo e comprendo. Io critico sempre gli atei militanti in primis perchè con gli apologeti è troppo facile, sarebbe come sparare sulla croce rossa, tuttavia quest’ultimi dovrebbero essere i primi a non parlare di Dio se credono a come è stato descritto dai loro miti o, se vogliamo essere bonari, dalle loro stesse fonti.

      Su Spinoza mi permetto di dire che l’ho superato, non c’è alcun Dio da integrare concettualmente e tantomeno da accettare o da contestare. La realtà è ciò che tutti sappiamo e vediamo dall’abla dei tempi: si ansce per atto sessuale o comunque per un incontro fa spermatozoii e ovuli, si cresce per la prliferazione cellulare e la meccanica biologica, si arriva alla maturità sessuale (salvo casi particolari), chi vuole e chi può si riproduce e poi si invecchia e si muore. Ovviamente in termini puramente biologici e senza considerare morti premature o altre condizioni viste come varianti. Poi si muore. Si muore e basta. si ha paura della morte perchè sviluppiamo relazioni ed esperienze che non comprendono quella della morte a livello personale (anche qui salvo eccezioni). Insomma, è un meccanismo per preservare la specie. Ma non serve traslare Dio cioè un concetto da qualche parte per trovargli posto, perchè non c’è posto per ciò che non è o non si può pensare.

  6. Io sono d’accordo con Dario, però, come fa notare Claudio Colonna in un commento, si parla di rivelazione divina. Si conosce solo quello che dio stesso rivela. Addirittura si parla di rivelazione progressiva, cioè ogni tanto si aggiunge qualcosa di nuovo. So il concetto di rivelazione stride con il concetto di inconoscibile, però questa è la risposta che viene data,

    • Ciao Raffaele,

      grazie per il tuo commento.

      Va benissimo la Rivelazione ma…perchè Dio dopo 1 secondo (essendo onnipotente, onnisciente, incomprensibile, trascendente e tutti gli aggettivi, avverbi o sostantivi iperbolici che vogliamo usare) non avrebbe pottuto cambiare idea? Oppure non ha cambiato idea ma ha deciso di occuparsi d’altro? Chi lo certifica esattamente? Nessuno, se Dio è quello descritto nei testi sacri.

      Un caro saluto,

      Dario

    • Ciao Dario, siamo d’accordo su questo, semplicemente facevo l’avvocato del diavolo, anche se la rivelazione progressiva e tutto il resto non risolvono il problema.

    • E hai fatto benissimo! Io fatto la parte del difensore del non-dio ahahah

      un caro saluto,

      Dario

  7. Vorrei fare un piccolo appunto che l’autore dell’articolo non ha citato.
    Secondo i credenti, le Scritture sono “rivelate” da Dio stesso.
    Dunque la contraddizione aumenta: abbiamo un’entità inconoscibile, che si fa conoscere per far scrivere un libro dove dice che è inconoscibile.
    È qualcuno continua a dire che il Cristianesimo è razionale.

    • Ciao Claudio, grazie per la lettura.

      Sono d’accordo con te al 100%, l’appunto è corretto.

      Mi spingo oltre: se Dio avesse deciso di tramutarsi in uno spaghetto e vivere nella tua dispensa fino ad essere mangiato da te e terminare così la sua “esistenza”? Non potrebbe averlo fatto? Non potrebbe farlo?
      Non potebbe aver deciso di occuparsi semplicemente di un altro universo abbandonando questo? Non potrebbe invece controllare le menti di tutti quanti cotemporaneamente? Secondo come lo descrivono i credenti , sì perchè è : imperscrutabile, onnipotente e sovrannaturale.

    • Non solo sono ateo, sono diventato anche BEATEO da quando ho capito che dio non è nemmeno un’ipotesi. Figurarsi poi tutte quelle seghe mentali che vanno sotto il nome di sacre scritture, testamenti…

    • Esatto, il concetto di Dio così presentato dalle scritture e in generale dalla mitologia è irrilevante. Ne dibatto qui ed altrove per piacere e per diletto ma in una reale discussione teologica sarebbe del tutto superfluo (quel Dio e quegli Dei descritti e rappresentati dalle principali religioni e mitologie passate e presenti).

  8. Il ragionamento é impeccabile come un calabrone non puo’ volare ma lui non lo sa e vola lo stesso….
    Tutti dovremmo tacere riguardo alla religione ma anche la religione stessa dovrebbe farlo ma nessuno lo sa e si continua al gatto ed il topo ed il calabrone vola 🙂

    • ciao Natale, grazie per avermi letto.

      Esatto, proprio così.

      Ma cosa fanno i furbacchioni credenti? Dicono che Dio è inconoscibilmente conoscibile tramite le scritture Rivelate. M anche questo non torna: infatti Dio può aver cambiato idea sulle stesse scritture infinite volte, decidendo qualsiasi cosa e anche decidendo potenzialmente di non comunicarcelo. Oppure no. Chi lo sa? D’altronde è inconcepibile , giusto?

      un caro saluto,

      Dario

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