I miei preferiti.
Succede che mi chiedano perché non credo in Dio. Succede che rifiuti di rispondere: siccome l’onere della prova spetta sempre a chi afferma e non a chi nega, allora siano i credenti ad assumerselo e a motivare la propria fede. Bisogna smetterla di giocare in difesa. Succede però che sfanculare le persone talvolta non vada bene, non sia opportuno, educato, gentile, elegante. Nondimeno qualcosa bisogna pur dire. Ecco dunque i miei tre argomenti preferiti per demolire l’ipotesi teologica. È solo una mia preferenza, beninteso: non ho la pretesa di esaurire millenni di riflessione atea. Forse non sono neppure i migliori, tuttavia sono efficaci e – questo sì – non ho mai trovato un credente capace di demolirli.
1. Dio non serve a un cazzo.
«Cittadino Primo Console, non ho avuto bisogno di questa ipotesi.»
– Pierre Simon de Laplace
In breve: nessuna delle mie conoscenze razionali sull’universo mi costringe a pensare che esista una divinità trascendente di qualche tipo. Sia chiaro: non pretendo di saper spiegare tutto. E per fortuna: la ricerca scientifica è affascinante proprio perché è inesauribile. La scienza non è (ancora) in grado di spiegare molti fatti. Ma questi fatti non bastano per scomodare l’azione di una divinità. Divinità che diventerebbe un tappabuchi: i teologi la chiamano «Dio della lacune». Ovvero un Dio costretto a spostarsi sempre un po’ più in là, man mano che il sapere scientifico progredisce e si amplia.
Se questo è vero per il Dio della filosofia, lo è anche di più per il Dio dei monoteismi abramitici, che secondo i suoi seguaci si sarebbe rivelato attraverso dei profeti o perfino suo figlio. Nessuna di queste presunte rivelazioni trova uno straccio di prova. Prendiamo il caso più noto alle nostre latitudini: Gesù Cristo. Il nucleo del cristianesimo non sta nell’esistenza storica di questo tizio – argomento sul quale i bigotti insistono nei dibattiti con gli atei – bensì nella sua inverosimile resurrezione dalla morte. Che 2000 anni fa nella Palestina sia vissuto un profeta apocalittico o un ribelle anti-romano non è affatto un problema. Che invece sia morto e poi risorto e che sia Dio… be’, quello è tutto un altro paio di maniche. Affermazioni straordinarie esigono prove straordinarie. E le prove di quella resurrezione stanno a zero. Dunque nemmeno per spiegare la figura di Cristo bisogna scomodare una divinità trascendente. Idem per Abramo prima di lui e per Maometto dopo di lui.
Per un semplice principio di economia intellettuale che va sotto il nome di rasoio di Occam, Dio non serve a un cazzo. Quindi, in assenza di prove a favore, Dio non esiste.
Come dice il bigotto? Anche il rasoio di Occam è un atto di fede? Ok, però, se rinunciamo al rasoio, allora liberi tutti: se le prove non sono necessarie, può esistere qualsiasi cosa, davvero qualsiasi cosa, da Babbo Natale fino alla Befana, dalle fatine dei boschi fino ai troll delle caverne. Addirittura fino alla teiera di Russell: perché no? E chi li nega fa un atto di fede come chi crede nella loro esistenza. Lo vedi dove si arriva senza il rasoio di Occam?
Conclusione: Dio non esiste, finché qualcuno non presenta una prova a favore.
2. Meglio per Dio se non esiste, ché se esistesse sarebbe uno stronzo sesquipedale.
Questo argomento non si può applicare al Dio filosofico, che potrebbe pure aver creato l’universo per poi sbattersene i coglioni. Invece, per quanto riguarda il Dio abramitico, è il mio cavallo di battaglia: l’argomento della teodicea, del Male, della sofferenza innocente. Ne ho discusso così tanto da non poterne più né io che scrivo né tu che leggi. Comunque, a beneficio di chi arriva qui per la prima volta, lo riassumo: l’ipotesi dell’esistenza di un Dio onnisciente, onnipotente e buono è incompatibile con l’evidenza osservabile della sofferenza degli esseri senzienti, specie di quelli innocenti. Perciò quell’ipotesi è falsa. Fine della storia.
È un argomento antico, poiché lo si trova già in Epicuro. In più di due millenni nessuno, ma proprio nessuno fra apologeti, teologi, dottori della Chiesa, sacerdoti, rabbini e imam di ogni risma e mai riuscito a proporre una teodicea decente. Sono una più idiota dell’altra, come ho mostrato in una sfida. A proposito: la sfida è sempre lì in attesa. Se qualche bigotto di passaggio ha voglia di raccoglierla, faccia pure. Ma raccoglierla sul serio. Ché la fuffa anche no, per pietà.
Conclusione: quel Dio lì non esiste perché non può esistere.
3. Che botta di culo!
Ancora un argomento inapplicabile al Dio filosofico, ma senza dubbio efficace contro qualsiasi divinità rivelata agli umani. Infatti nella cultura umana ci sono migliaia di religioni, in ognuna delle quali i fedeli pretendono di credere nell’unico vero Dio. O nei veri dei, se sono politeisti. Tutte le altre divinità sono false e bugiarde. Conseguenza: ogni credente nel proprio Dio è ateo per quanto concerne le altre divinità. Ebbene, l’ateo si spinge oltre e nega anche quel Dio lì.
Anzitutto questa pletora di divinità non si spiega: se davvero Dio esiste e si rivela, perché cazzo lo fa in maniera così incoerente? E non si dica che è sempre lo stesso Dio, solo osservato da punti di vista differenti, come un elefante percepito da alcuni ciechi. Com’è possibile, se le sue caratteristiche nelle diverse fedi sono incompatibili fra loro? È unico oppure è trino? Si è fatto uomo oppure si è soltanto rivelato ai profeti? Prendi i dogmi di tutte le religioni, confrontali fra loro e vedrai che non ti ci raccapezzi: da qualsiasi parte lo giri, vedi un pastrocchio di cazzate incoerenti.
Soprattutto questa sovrabbondanza di divinità, ognuna delle quali è vera e giusta per i suoi seguaci, implica che ciascun fedele abbia goduto di una fortuna stupefacente: fra decine di migliaia di dei possibili, fra migliaia di religioni nella Storia umana, quel credente è nato proprio nel tempo e nel luogo giusti, il tempo e il luogo in cui si adora il vero Dio, la cui fede gli è stata trasmessa dalla società in cui è nato. Ma tu pensa che botta di culo, eh?
Conclusione: è più semplice pensare a tutti gli dei – tutti, senza eccezioni – come a invenzioni umane.
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