Sono un fancazzista

Per L’Eterno Assente inizia la pausa estiva. Di già?


So che cosa stai pensando: che io sono un fancazzista. E sai che c’è? Un po’ hai ragione: oltre che un discreto fallito, io sono pure un fancazzista. Le due cose vanno insieme, peraltro: se sono un fallito è anche – direi anzi soprattutto – perché sono un fancazzista. E viceversa: sono un fancazzista perché sono consapevole del fallimento ineluttabile di ogni mio sbatti. D’altronde anche quest’anno arrivo all’estate «un po’ stanchino» (cit.). Sicché entro in modalità «pausa estiva» da adesso fino a ottobre.

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«Ma che ti frega di Dio?»

Se esiste, mi riguarda. Se non esiste, la sua credenza va estirpata, perché provoca danni immensi.


Dopo alcuni mesi che ci frequentavamo, prima di andare a convivere e poi di sposarci in Francia, Alessandro mi fece notare quanta importanza io dessi alla religione. In ogni viaggio insieme lo trascinavo a visitare chiese e sinagoghe. Leggevo testi sacri e libri di teologia. E non perdevo occasione per riflettere sulla questione teologica. «E che cazzo!», sbottò a un certo punto. «Ti occupi di Dio più di un prete o di un rabbino! Ma perché lo fai?». Alessandro, che è agnostico, aveva e ha ragione. La sua è una domanda legittima, che mi sono sentito porre spesso: «Se sei ateo, che ti frega di Dio? Perché te ne occupi?». D’altronde non sono l’unico ateo a interessarmi al problema teologico. Ed è risaputo che, in media, gli atei sulle religioni ne sanno assai di più del credente quadratico medio.

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«Pregherò per te»

Anche no, grazie. Sarebbe tempo sprecato. Ché tanto è un’attività idiota, anche dal punto di vista del credente. Per tre motivi.


Ce lo siamo sentito dire dall’amica credente, dalla conoscente suora, dal parroco del paese. Perfino da Adriano Celentano. Sempre con le migliori intenzioni. Ma pure con quel tono di condiscendenza che – diciamolo, suvvia – ha un po’ rotto il cazzo. «Pregherò per te»: siccome noi non possiamo/vogliamo pregare, allora lo faranno loro. Per noi. Cioè per la nostra conversione. Oppure per qualche nostro problema, affinché Dio, nella sua infinita misericordia, intervenga e ci aiuti. E noi di solito ad annuire, a sorridere, magari addirittura a ringraziare con garbo, ché l’importante è il pensiero, e quello è un pensiero gentile e benevolo nei nostri riguardi. Invece forse dovremmo dire le cose come stanno: «Grazie, eh. Ma la preghiera è un’attività idiota. Anche dal tuo punto di vista».

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E adesso che te ne fai?

Quello che ti pare. Basta che non lo consideri una figura storica reale. Però occhio alla coerenza.


Il Gesù del Nuovo testamento è un personaggio di fantasia, con ogni probabilità derivato da un profeta apocalittico ebreo vissuto nella Giudea occupata dai Romani. È una figura con molte caratteristiche encomiabili ma pure con tante idee e comportamenti spregevoli. La sua resurrezione non trova alcuna conferma in fonti indipendenti da quelle dei suoi seguaci, che peraltro sono contraddittorie e manipolate, perciò non può essere considerata un evento reale. Quindi che si fa? Lo si dimentica e basta?

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Solo un racconto – Disaffezione: perché?

Autenticità, rispetto, accudimento, relatività: bisogni ai quali la Chiesa non sa rispondere.


Con l’ultima puntata della serie, Susanna Labirinto, teologa atea, va al fondo delle ragioni del proprio allontanamento dal cattolicesimo. Fino all’ateismo.


Dietro la scelta di non stare più dentro la Chiesa ci sono ragioni e bisogni. Una delle interpretazioni (cattoliche) più diffuse del fenomeno dell’ateismo/agnosticismo in Italia è quella legata all’individualismo: non saprei citare la fonte, mi viene da associare l’aggettivo «esasperato». Chi lascia la Chiesa vuole essere al centro della propria vita e non entrare in relazione con la comunità. L’abbandono è legato alle norme – è chi vuole peccare che se ne va – e all’idea stessa che una prospettiva soggettiva (soggettivismo esasperato) fa stare «comodo» il pigro ex-cattolico.

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«Divertire chi già non crede»

Ma anche provare a far riflettere chi crede o crede di credere, senza porsi il problema. Per non farli morire dopo aver vissuto da atei inconsapevoli. E se poi ci vuole una bestemmia…


«Il comico che bestemmia»: e ti sembra di aver detto tutto. Ché lui quello è: il comico che bestemmia. Lui, Daniele Fabbri, di certo non fa nulla per negare questa etichetta. Che però è riduttiva. Riduttiva dello spirito degli spettacoli di Daniele, che non si riducono alla bestemmia e anzi nei quali la bestemmia non è nemmeno l’aspetto predominante. E riduttiva dell’attività di Daniele, che è stand-up comedian dal 2007, dopo il diploma come attore e regista presso la Scuola Internazionale di Teatro di Roma, ma è pure autore, sceneggiatore per radio, teatro e fumetti. Inoltre è tra i protagonisti del Festival «Ceci n’est pas un blashpème», per la libertà di espressione e contro le leggi antiblasfemia: mostre d’arte, collettive, live performance, talk, proiezioni, stand-up comedy, sul tema della blasfemia e della censura per motivi religiosi. Daniele è il curatore della rassegna di stand-up e ha lanciato un bando di selezione per giovani comici, che scade il 31 maggio 2021. Con Stefano Antonucci, Daniele è coautore di «Gesù. La trilogia» (2015), «V for Vangelo» (2015), «Il piccolo Führer» (2017), «Il timido Anticristo» (2018), «La fattoria dell’animale» (2020). Ovviamente Daniele presidia i social: Facebook, Twitter, Instagram, YouTube.

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Che cos’è la scienza? – 6/7

Verificare? No: falsificare, invece. O per lo meno provarci. Popper docet.


La verifica delle teorie: è questo lo scopo degli esperimenti scientifici. Lo sanno tutti. Se la verifica ha successo, posso considerare vera la teoria. Se la verifica fallisce, devo cambiare la teoria oppure buttarla e svilupparne una nuova. Ma c’è un problema fondamentale: quante accidenti di verifiche devo compiere per essere certo della verità della mia teoria? 12? 47? 214?

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Quale Gesù?

Nel Nuovo testamento ce ne sono due. Se ne scegli uno e ignori l’altro, ti sostituisci a Dio.


Scopro di godere dell’attenzione anche di un prete. Infatti, dopo aver letto il mio articolo su Gesù, un certo don Alberto – no, non quel don Alberto, ché ti pare che lui potrebbe mai cagare di striscio un ateo insignificante come me? – mi scrive:

Ho letto il tuo articolo «Gesù non era una brava persona». Mi ha molto disgustato e fatto arrabbiare. Quel Gesù che tu descrivi non è il mio Gesù! Trovo profondamente disonesto, da parte tua, pescare nei Vangeli solo i brani che ti fanno comodo per giustificare i tuoi pregiudizi!

L’obiezione di Alberto non meriterebbe una replica, perché la risposta si trova già nel mio articolo. Tuttavia, siccome mi offre l’occasione di sviluppare una riflessione sull’etica, voglio tornarci sopra. E mostrare come Alberto, con la sua interpretazione dei Vangeli, si sostituisca a Dio. Per capirlo, dobbiamo fare – tanto per cambiare – un esperimento mentale.

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Chissenefrega della Natura

I bigotti cadono nella fallacia naturalistica. Cerchiamo di non emularli, dai.


Ah, la Natura: la scrivo con la maiuscola apposta. Mi piace, la Natura. A chi non piace, la Natura? Se a te non piace, sei un insensibile. Forse perfino un degenerato. Ché la Natura è bella, è sana, è giusta. Non fossimo atei e razionalisti, potremmo definirla santa, la Natura. Sì?

No. ‘Stocazzo.

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