Radici da segare

Ovvero l’arroganza di chi pretende di sapere che cosa sono io.


Immagina di essere cresciuto in una famiglia fascista. Immagina di aver dovuto subire un’educazione a base di Dio-Patria-Famiglia, con tutto il contorno di nazionalismo, razzismo, sessismo, omofobia, suprematismo e nostalgia per «quando c’era Lui». Immagina poi di esserti emancipato da questa schifezza: hai studiato, hai viaggiato, hai conosciuto persone diverse, ti sei aperto al mondo. E ora consideri l’educazione ricevuta quel cumulo di stronzate che è. Immagina infine che qualcuno sostenga che no, non puoi liberarti del fascismo, perché quelle sono le tue radici e quindi tu sei e sarai sempre un po’ fascista. Ebbene, non ti sale il crimine?

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«Io sono cattolico a modo mio»

Non si può. Non esiste proprio. Specie se si rompono i coglioni a me.


Il matrimonio in chiesa, sennò la gente sparla. Poi il battesimo del bambino, ché altrimenti la nonna ci resta male. Qualche anno dopo, la prima comunione e a seguire la cresima. Il funerale in chiesa del nonno. E la messa quasi ogni domenica, tranne durante le vacanze. Però nelle feste comandate sempre. Così si dipana la vita del cattolico tiepido. Perché così fan tutti, perché l’Italia è un Paese cattolico. Certo, qualche peccatuccio può anche scappare: un po’ di evasione fiscale, ogni tanto un giro a bagasce con gli amici per qualche giochetto che la consorte rifiuta, e poi si vota Salvini per rispedire i negri a casa loro. Non sarà tanto coerente, ma in fondo siamo esseri umani, giusto? D’altronde bastano una confessione e qualche giaculatoria per ripulirsi la coscienza, e da domani si ricomincia, candidi come prima. Sull’incoerenza fra dichiarazioni di fede e comportamenti concreti ho già scritto. Ora però mi interessano le convinzioni profonde: insomma, in che cosa credono i cattolici? O meglio: in che cosa devono credere per potersi dichiarare cattolici?

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L’incoerenza del postmodernista

Anche i pensatori deboli vanno a sbattere contro la realtà.


Domenica scorsa il «Corriere della Sera» ha pubblicato un’intervista a Gianni Vattimo. Il filosofo, segnato da qualche acciacco dell’età, ripercorre la propria vicenda intellettuale e umana fra successi professionali e soddisfazioni personali. E anche lutti, com’è inevitabile in ogni esistenza ricca e piena. E pure contraddizioni, una delle quali enorme.

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Perché una pena?

La giustizia ha tre scopi. Non uno di più. Altrimenti diventa vendetta di Stato.


Perché a un reato deve seguire una pena? Te lo sei mai chiesto? La risposta spontanea è: «Diamine, perché è giusto! Perché se la merita! Chi sbaglia paga!». Già, ma perché chi sbaglia deve pagare? Cos’è, una legge naturale? Certo che no: in Natura dominano la violenza e la sopraffazione del più forte sul più debole, con l’ovvia conseguenza della sopravvivenza del primo e la scomparsa del secondo. Alla faccia della giustizia. E dunque perché una pena?

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Il Mistero e il mistero

Il mistero della scienza è una sfida per l’intelligenza. Il Mistero della fede è un insulto per l’intelligenza.


«La scienza pretende di spiegare tutto. La scienza vuole cancellare il fascino del mistero»: quante volte me lo sono sentito dire? Troppe. Specie da chi nel Mistero ci sguazza e ne va perfino orgoglioso. Sicché anche basta, dai: questa cosa non la si può più sentire.

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La Verità e la verità

Il Dio dei deisti non convince ma rimane un’ipotesi interessante. Il Dio dei monoteismi abramitici invece no.


Fatta eccezione per la matematica, nella conoscenza umana non esiste la Verità assoluta. Esiste una verità incerta, migliorabile, verificabile, falsificabile. Anche nella scienza, la più solida, razionale e intersoggettiva fra tutte le forme di conoscenza non matematica.

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Due qualità necessarie per un ateismo consapevole

Senza di esse, o non sei ateo o non sei consapevole.


Qualche giorno fa in un Gruppo di Facebook dedicato all’ateismo è stata pubblicata un’immagine con una scritta:

Too stupid to understand science?
Try religion!

La mia reazione immediata è stata: «Eh, certo, i credenti sono coglioni. Ah ah». Poi però ci ho ripensato e ho concluso che non è così semplice. Infatti anche molti atei sono stupidi e tanti credenti non lo sono. Ergo la stupidità spiega molto, ma non tutto.

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Io non prendo per il culo mia figlia

Babbo Natale? Ma che stronzata è?


L’antefatto. Mia figlia, Sofia, non crede a Babbo Natale. Infatti io e l’altro papà non le abbiamo mai raccontato la favoletta, ma le abbiamo sempre detto la verità: a Natale i regali glieli facciamo noi, gli zii, i nonni, gli amici. Lei lo sa, li apprezza, ricambia. Ed è contenta così.

Il fatto. La settimana scorsa mi ha telefonato Carolina, mamma di Alessandro, incazzata come una iena. Che è successo? Sofia, chiacchierando con Alessandro, candida e serena ha rivelato la verità: Babbo Natale non esiste. Tragedia! La terribile scoperta ha scosso il povero bimbo e ha fatto imbufalire la sua acida genitrice. Che mi ha insultato perché non ho vietato a mia figlia di svelare lo scottante segreto ai suoi amichetti.

Adesso dimmi: ma che stronzata è?

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Quando proprio ti tocca discutere

Alcune risposte sintetiche ai principali argomenti dei credenti.


Mai discutere con un idiota: ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza.
– O. Wilde

Wilde aveva ragione da vendere. Anche perché ogni confronto con un idiota gli conferisce dignità: quanta ne basta, almeno, per godere della tua attenzione e per salire al tuo livello. Sicché no, non si dovrebbe mai discutere con un idiota. Al massimo lo si blasta. E a me piace un sacco.

Purtroppo però ogni tanto ti tocca e non ti puoi sottrarre, magari per esigenze minime di educazione. L’idiota arriva, ti provoca, ti sfruculia, fa il furbetto, butta lì la battuta, ti pone la domanda: «Perché non credi in Dio?». Se tu lo sfanculi, chi osserva potrebbe pensare che ti manchino gli argomenti. Quindi ecco alcune risposte sintetiche in un dialogo immaginario.

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