Due Dei

Il secondo non sarà un granché, ma senza dubbio il primo è un bastardo epico.


Marcione: teologo e vescovo cristiano vissuto nel II secolo. Ed eresiarca. Non starò a entrare nei dettagli del suo pensiero e mi limiterò a riassumerne il nucleo fondamentale: l’unico vero Dio cristiano, ovvero il Dio onnisciente, onnipotente e buono, è il Dio Padre rivelato nel Nuovo testamento attraverso l’opera di Gesù, che ha proclamato la legge dell’Amore, mentre il Dio incazzoso e violento dell’Antico testamento è un demiurgo limitato, primitivo e stronzo. Già, ma quale Nuovo testamento? Ai tempi di Marcione non è ancora stato codificato un canone definitivo. Allora lui ne propone uno semplice: una versione ridotta del vangelo di Luca e di alcune lettere di Paolo. Siccome nulla è rimasto dei suoi scritti, tutto quello che sappiamo di Marcione lo ricaviamo per via indiretta dai molti suoi critici contemporanei e successivi, fra i quali Tertulliano ed Epifanio di Salamina. Facile immaginare la loro obiettività. Ma tant’è: qui importa sapere che per Marcione il Dio dell’Antico e il Dio del Nuovo testamento non possono essere lo stesso Dio. E sai che c’è? Ha ragione lui, come capisce chiunque legga senza pregiudizi le Sacre scritture.

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Teologia quantistica

Nella scienza si annida un Mistero impenetrabile come quello della fede?


Alcuni anni fa un credente mi disse: «Tu affermi che “Mistero della fede” significa “Non capisco, ma credo lo stesso”. Ma anche gran parte della scienza non si capisce ma ci si crede lo stesso! Per esempio, tu capisci qualcosa di meccanica quantistica? No. Perciò devi fidarti di ciò che ti dicono gli scienziati, che hanno le risposte sulla scienza. Ebbene, allo stesso modo io mi fido dei teologi, che hanno le risposte sulla fede». Aveva ragione?

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Una parola. Una sola…

…basta per demolire il Dio abramitico con l’argomento della teodicea. Che peraltro può essere formalizzata in modo rigoroso nella «prova oncologica dell’inesistenza di Dio».


Un fatto mi sconcerta da… be’, da sempre, direi. In realtà da quando ho cominciato a riflettere sulla questione con un minimo di spirito critico, cioè pressappoco dall’ingresso nell’adolescenza. Ecco il fatto: più di quattro miliardi di persone credono nell’esistenza del Dio della tradizione abramitica. Ossia un Dio che è logicamente impossibile di fronte all’evidenza empirica. Macché: loro ci credono. Prendono per buone tutte le assurdità che trovano nel proprio Libro sacro e credono che quel Dio lì esista. Anche se può essere demolito con una parola. Davvero, eh: una sola parola.

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I ciechi e l’elefante

Una parabola che è una stronzata.


Un gruppo di ciechi ha sentito che uno strano animale, chiamato elefante, era stato portato in città, ma nessuno di loro era a conoscenza della sua configurazione e forma. Per curiosità, hanno detto: «Dobbiamo ispezionarlo e conoscerlo al tocco, di cui siamo capaci». Così lo cercarono e, quando lo trovarono, cercarono di provare a capire cosa fosse. Nel caso della prima persona, la cui mano era caduta sulla proboscide, disse: «Questo essere è come un grosso serpente». A un altro la cui mano raggiungeva l’orecchio invece sembrava un ventaglio. Quanto a un’altra persona, la cui mano era sulla sua gamba, pensò che l’elefante fosse un pilastro come un tronco d’albero. Il cieco che mise la mano su un fianco dell’animale disse che l’elefante era come un muro. Un altro che stava toccando la coda l’aveva descritta come una corda. L’ultima palpò la sua zanna, sostenendo che l’elefante è ciò che è duro, liscio e come una lancia.
I ciechi e l’elefante, Wikipedia

Alzi la mano chi non ha sentito questa parabola associata al concetto di Dio. Quasi nessuno, vero? Ce la rifilano sempre con la stessa interpretazione sincretista: «Le descrizioni di Dio delle diverse religioni sono tutte differenti, ma soltanto perché ciascuna fede ne vede un pezzetto. Dio ci sembra molteplice perché noi siamo limitati». Perciò la parabola di origine indiana dovrebbe sottintendere che tutte le religioni sono un po’ vere. Infatti, se si potesse averne una visione d’insieme, ci si avvicinerebbe alla comprensione di Dio.

Bella stronzata, eh?

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Credenti «razionali» e dove trovarli

Alla prova della teodicea, il loro fallimento è totale.


Possiamo suddividere i cristiani in due grandi famiglie, beninteso non separate in modo netto e con uno spettro di posizioni intermedie: i superficiali e i (presunti) razionali.

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Il Male morale

Dio ci fa comunque una figura pessima.


L’argomento della teodicea – lo sappiamo – è la prova definitiva dell’impossibilità dell’esistenza del Dio abramitico. Un Dio che, secondo i credenti, è onnisciente, onnipotente e buono e che, in tutta evidenza, è incompatibile con la presenza del Male. Dove per Male intendiamo la sofferenza innocente, ossia il dolore subito da un essere senziente privo di alcuna colpa. L’esempio classico è un bambino molto piccolo: quale colpa può mai avere un bimbo di tre anni per meritare di morire fra atroci sofferenze?

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«Ma che ti frega di Dio?»

Se esiste, mi riguarda. Se non esiste, la sua credenza va estirpata, perché provoca danni immensi.


Dopo alcuni mesi che ci frequentavamo, prima di andare a convivere e poi di sposarci in Francia, Alessandro mi fece notare quanta importanza io dessi alla religione. In ogni viaggio insieme lo trascinavo a visitare chiese e sinagoghe. Leggevo testi sacri e libri di teologia. E non perdevo occasione per riflettere sulla questione teologica. «E che cazzo!», sbottò a un certo punto. «Ti occupi di Dio più di un prete o di un rabbino! Ma perché lo fai?». Alessandro, che è agnostico, aveva e ha ragione. La sua è una domanda legittima, che mi sono sentito porre spesso: «Se sei ateo, che ti frega di Dio? Perché te ne occupi?». D’altronde non sono l’unico ateo a interessarmi al problema teologico. Ed è risaputo che, in media, gli atei sulle religioni ne sanno assai di più del credente quadratico medio.

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